L’uomo del cinema aspetta il secolo del Santa Chiara a Rende

Il più antico della Calabria ancora in funzione. Legato indissolubilmente alla famiglia Garofalo. Oggi Orazio continua la tradizione mescolando videoarte, film popolari e d'autore

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C’è gente come Tullio Kezich che ha passato una vita al cinema. Altri come Orazio Garofalo non possono farne a meno. Una questione di famiglia. Il Santa Chiara a Rende non è solo il cinematografo più antico della Calabria ancora in funzione. È un luogo predestinato sin dalle origini. Regala sogni ed emozioni dal dicembre del 1925, come La Corazzata Potëmkin di Sergej M. Ėjzenštejn.

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Orazio Garofalo davanti all’ingresso del cinema Santa Chiara a Rende (foto Alfonso Bombini)

Il nonno d’America

Pietro Garofalo lascia Rende per New York nel 1912. È uno tipo scaltro. Dopo le inevitabili difficoltà degli inizi, trova la sua strada. Non se la passa male, gestisce pure un biliardo nel Bronx. Il sogno americano finisce e si sveglia in Calabria nel 1924. Gli resta un bel gruzzolo da investire nell’acquisto di una parte del convento Santa Chiara. Diventerà nel 1925 il cinematografo omonimo.
Compra un proiettore “Pio Pion”. Oltre 130 posti in sala tutti occupati. Oggi si dice sold out. Al mattino il cinema sparisce e in quel posto si producono fichi secchi.

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Il proiettore Pio Pion in dotazione al Santa Chiara

Il buttafuori

Pietro Garofalo ha tre figli maschi: Italo Costantino, Francesco (che diventerà preseparo di fama) e Antonio. Lavorano col padre. L’ultimo è il buttafuori del cinema Santa Chiara: dopo la prima proiezione trova sempre qualcuno che fa il furbo e vuole restare, gratis, per la seconda. Ci pensa lui. Braccia possenti e spalle larghe. Lo racconta così suo nipote Orazio.

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Italo Costantino Garofalo

Il cinema sfida le bombe

L’epopea del muto, Charlie Chaplin, Stanlio e Ollio segnano gli albori del Santa Chiara. In sala suona l’immancabile orchestrina. I grandi western americani, la Garbo e poi l’arrivo del sonoro sono impressi nella memoria collettiva di una comunità. La sala è talmente piena e i muri sudano dal calore e dall’umidità. Poi arriva la guerra e ferma il cinema. Mancano le pizze coi film. Italo Costantino Garofalo sfida le bombe degli Alleati, corre a Napoli e torna con le pellicole a Rende. Per certi versi sembra una storia alla Theo Angelopoulos de Lo sguardo di Ulisse.

La tv uccide il grande schermo

Franco Franchi e Ciccio Ingrassia sono già un classico del Santa Chiara. Proiettano i film di Fellini, poi quelli con la Loren e la Lollobrigida, la “bersagliera” morta da poco. La macchina dei sogni a Rende si ferma alla fine degli anni Settanta. La tv a colori ha invaso le case degli italiani. Il grande schermo comincia ad avvertire i primi contraccolpi. Il Santa Chiara chiude.

Nuovo cinema Santa Chiara

Arintha perde il suo storico cinema. Ma qualcosa si muove. Si moltiplicano le riunioni nel centro storico alla presenza dei Principe (Cecchino e Sandro), i due politici che hanno trasformato Rende in una città modello nella Calabria di quegli anni. Il Comune alla fine rileva la sala diventata una specie di magazzino. Resterà tale per tanto tempo.
Intanto Italo scrive a Giuseppe Tornatore. Il regista de Il Camorrista e di Nuovo cinema Paradiso, risponde all’appello. E butta giù una lettera per Italo e suo figlio, un giovane Orazio. Li incoraggia a non mollare. È il 1996.

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La lettera del regista Giuseppe Tornatore a Italo Costantino Garofalo

Bisogna aspettare il 2015 per la riapertura del Santa Chiara. A tagliare il nastro è il sindaco Marcello Manna. La palla passa ad Orazio. Che mette a disposizione la sua competenza e il suo tempo a titolo interamente gratuito.
Sono circa 235 i film proiettati negli ultimi 7 anni. Cinema d’autore quanto basta. E in attesa dell’inizio delle pellicole Orazio proietta la sua videoarte: un vero maestro nella tecnica del found foutage.

I giovedì al cinema Santa Chiara

La passione di Orazio ha inizio con i giovedì del Santa Chiara. Quando Italo prova ad aprire le pizze e prova le pellicole che poi allieteranno le serate del pubblico pagante. Qualcuna è spezzata, rovinata. Cosa fare? Italo non si dà per vinto. Taglia e cuce come un montatore. «I film non perdono coerenza e non hanno interruzioni. Quanta abilità mio padre». Orazio Garofalo ricorda il suo genitore e mentore. Non dimenticherà mai i ritagli delle pellicole, il proiettore 35 mm a manovella e quel fazzoletto di stoffa aperto sul quale si materializzano le immagini in movimento: così nasce l’amore per il cinema.

La filosofia di Finuzzu

Il Santa Chiara di Orazio «non è d’essai ma nickelodeon», espressione nata negli Stati Uniti per indicare il carattere economico e proletario della Settima arte a 5 centesimi di dollaro all’ingresso. Il Santa Chiara procede in qualche modo insieme a un altro simbolo della cultura rendese: il Finuzzu film festival. Sulla terrazza di Serafino, presidente del circolo Reduci e combattenti morto lo scorso anno, la nuova commedia all’italiana ha divertito gli abitanti del centro storico insieme ad anguria, dolci e bibite. Perché il cinema, prima di essere legittima masturbazione mentale degli intellettuali (o presunti tali), è soprattutto arte popolare.

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