Allarme siam fascisti! Perché quelli col fez e le camicie nere non ci sono più, è vero, ma hanno sembianze diverse e non per forza nuove, anzi continuano a puzzare di orrore. Il Fascismo lo abbiamo inventato noi italiani e non ce ne siamo liberati mai. Un trauma culturale che non abbiamo affrontato, eluso con tenacia, raccontandoci le atrocità compiute dalle SS e tacendo quelle perpetrate dai repubblichini, ma ancora di più tacendo sui decenni durante i quali i diritti più semplici sono stati annichiliti da un regime crudele e assassino, funzionale a interessi complessi e noti.
Oggi quella operazione di rimozione trova il suo culmine quando gli eredi di quel passato, sempre sentitisi estranei dentro una democrazia liberale, cercano l’affondo revisionista stando al governo e l’ipotesi di riforma sul premierato ne rappresenta l’ultimo sforzo in questo senso.
Il fascismo eterno
Il fascismo non c’è più, ma a dirlo sono solo i fascisti. Una specie di negazione di se stessi, di codardia fatta di equilibrismi linguistici: «Sono afascista», pare dicesse di sé Giuseppe Berto e da lì a scendere fino a Meloni, La Russa con il suo museo privato di reliquie del Ventennio, Lollobrigida, Sangiuliano e compagnia.
Eppure le tentazioni autoritarie, repressive, censorie, perfino vendicative, restano palesi, quotidiane: studenti manganellati, presidi e docenti dissidenti intimiditi, pulsioni razziste liberate da ogni remora. Sì, il fascismo storico non c’è più, perché ogni cosa è cambiata, eppure sopravvive forte quello che Eco chiamava il “fascismo eterno”, fatto di sospetto verso la cultura, derisione rivolta agli atteggiamenti critici, populismo identitario come risposta all’insicurezza sociale generata dalle crisi.
Paura e capri espiatori
L’orizzonte geopolitico di chi oggi governa il Paese è rappresentato dall’autoritarismo, che è sempre negazione dei diritti, come la libertà di espressione, dell’autodeterminazione delle donne, di una scuola e di una informazione libere. La destra cavalca il populismo, che ha assunto marcatamente caratteristiche di regressione democratica, perché reagisce alle crisi con risentimento, proponendo di arroccarsi come difesa dalla paura. E quest’ultima è sempre stata una condizione emotiva capace di mobilitare le masse attorno a leader carismatici e contro utili capri espiatori.
Autorità e frustrazione
La semplificazione delle questioni è ancora il motore dei fascismi e ha lo scopo di consumare la componente liberale delle democrazie. Su questo sono drammaticamente attuali le parole di Fromm, quando spiegava che nelle crisi prevalgono la tentazione di identificarsi con figure autoritarie e la spinta a scaricare le proprie frustrazioni su gruppi minoritari.
La cronaca di questi mesi ci restituisce proposte politiche contro l’aborto, contro i migranti, contro i diritti diffusi cui rinunciare in cambio di una effimera promessa identitaria.
A scuola di Resistenza
Il fascismo è ancora sempre questo: indifferenza verso le sofferenze sociali, veder annegare i migranti e sentirsi spiegare che era meglio se restavano a casa loro, incapacità di capire la complessità e risolvere il tutto individuando nemici. Il “me ne frego” delle camicie nere non è mai morto, per questo oggi è indispensabile non solo ricordare la Resistenza, ma fare Resistenza.
I modi sono diversi, il più efficace resta quello che Gramsci suggeriva in una lettera destinata al figlio Delio, in cui parlava di scuola e della necessità di studiare la Storia. Serve per riconoscere e smascherare i mostri anche se certe volte sembrano sorridenti. Conoscere il fascismo in ogni sua forma.
Buona Liberazione a tutti, non solo oggi.