A differenza di Salvini, lui non ha mai chiesto i «pieni poteri». Se li è presi, e basta.
Se la tragicomica estate del Papeete ha rappresentato l’inizio di un lento declino per il leader della Lega – allora il politico più potente d’Italia –, per Roberto Occhiuto la vittoria dello scorso autunno ha rappresentato il punto più alto della sua parabola politica.
Raggiunta la cima, il governatore calabrese non si è certo accontentato: ha voluto fortissimamente di più e, in un modo o nell’altro, ha avuto più di tutti i suoi predecessori. Così, oggi, la Calabria democratica è guidata, anzi, dominata, da un uomo buono per mille incarichi; un uomo super che dispone di poteri super. Una roba mai vista, prima d’ora.
I super poteri di Roberto Occhiuto
Occhiuto conquista i super poteri grazie a un Piano forse studiato da tempo. Subito dopo la vittoria elettorale su un centrosinistra malconcio e già votato alla sconfitta, non perde tempo e, facendo leva sui rapporti costruiti in vent’anni di attività parlamentare, riesce a ottenere dal Governo Draghi quella nomina che l’ex governatore Oliverio aveva desiderato per anni senza mai essere accontentato dal suo stesso partito, il Pd.
Occhiuto è commissario della Sanità, il primo “eletto” dai calabresi dopo le parentesi dei quattro emissari governativi, tra cui tre ex ufficiali delle forze dell’ordine (Pezzi, Cotticelli e Longo). Il bilancio della Regione è unico e, finalmente, diventa unico anche il suo gestore, dal momento che, prima, i circa quattro miliardi destinati alla Sanità erano coordinati dai tecnici in uniforme.
Gli emendamenti “amici”
Ma ancora non basta. Il Parlamento, con un emendamento a firma dei senatori di Forza Italia (il partito del presidente), approva alcune modifiche al contestatissimo Decreto Calabria bis ed estende i già amplissimi poteri del commissario.
Occhiuto conosce a menadito le dinamiche romane, ha ottimi addentellati nei ministeri e, soprattutto, sa cosa vuole. Infatti, ad accrescere il suo portfolio di incarichi ci pensa un altro emendamento, stavolta presentato dal deputato azzurro Ciccio Cannizzaro.

La norma finale, inserita nell’ultima legge di bilancio, realizza l’impensabile: riduce i poteri del mega-commissario nazionale per l’emergenza Covid, Francesco Paolo Figliuolo, e accresce, ancora, quelli di Occhiuto, sotto la cui egida finisce la gestione dei 900 milioni di interventi di edilizia sanitaria previsti in Calabria.
Il ruolo del Consiglio
Mica è finita qui. Il governatore segue alla lettera il proprio Piano, in cui un ruolo preminente lo recita anche il Consiglio regionale. Il 15 dicembre, quando ancora a Palazzo Campanella non sono nemmeno insediate le commissioni – a cui spetta il compito di valutare legittimità e sostenibilità di tutte le leggi –, l’Aula approva il testo (presentato da Pierluigi Caputo, fedelissimo di Occhiuto) che istituisce l’“Azienda zero”.
Si tratta di un «ente di governance», come lo ha definito lo stesso presidente, che ha l’obiettivo di «unificare e centralizzare» tutte le funzioni amministrative in capo alle cinque aziende territoriali. Chi controlla Azienda zero, insomma, controlla, davvero, tutta la sanità regionale. E chi è che sceglierà la guida del nuovo ente? Risposta facile facile.

Indignazione, ma non troppa
Non si registra una generale indignazione di fronte all’operazione “zero”. Prima del via libera alla legge, tra i pochi ad alzare la voce c’è la Cgil, secondo cui quello perpetrato da «Presidenza e Ufficio commissariale» – cioè dal solo Occhiuto – è un «colpo di mano» capace, peraltro, di aumentare di 700mila euro i costi a carico del Servizio sanitario regionale. Vox clamantis in deserto, come si è visto.
A questi enormi poteri – ottenuti legittimamente e grazie alla non comune capacità di gestire i giochi parlamentari e i rapporti con i decisori governativi –, Occhiuto somma anche quello di sovrano assoluto di una Giunta nella quale almeno cinque componenti su sette non possiedono alcun peso politico o contrattuale, perché non eletti ma bensì nominati su indicazione dei vertici dei partiti alleati.

La carriera di Roberto Occhiuto
Quella di Occhiuto è, con tutta evidenza, una parabola incredibile. In particolar modo se si tiene conto del fatto che, prima del trionfo alla Regionali, la sua era stata una buona carriera politica, ma forse non così straordinaria da giustificare, in ultima istanza, una tale concentrazione di poteri.
Consigliere comunale della Dc nel ’93, nel 2000 viene eletto nell’assemblea regionale calabrese nelle fila di Forza Italia. Nel 2002, qualcosa si rompe e Occhiuto lascia Berlusconi per aderire all’Udc.
Pochi giorni fa, è stato lo stesso governatore, in un’intervista a Sette del Corriere della Sera, a spiegare i presunti motivi di questo addio: «Facevo il direttore generale di un network di tv locali. Un mio giornalista realizza una serie di inchieste sulla Forza Italia calabrese, guidata dall’allora senatore Antonio Gentile. E il partito deferisce me (…) Il collegio dei probiviri era guidato da un gentilissimo senatore pugliese, Mario Greco (…) chiamandomi da parte, mi disse: “Figlio mio, ma che resti a fare qua dentro, dove non ti vogliono? Vattene da un’altra parte, dentro Forza Italia ti faranno la guerra, non ti faranno fare più nulla”. Apprezzai e me ne andai».

Il futuro governatore, accompagnato alla porta dal suo partito, dimostra comunque di avere un certo seguito elettorale anche con l’Udc; tant’è che, nel 2005, diventa vicepresidente del Consiglio regionale e, alle Politiche del 2008, deputato. Onesta carriera, appunto, con alti e bassi. Nel 2009, si candida a presidente della Provincia di Cosenza e prende una batosta: terzo e nemmeno ballottaggio. Ad asfaltarlo sono Oliverio, eletto presidente, e un altro Gentile, Pino. Nel 2013, una nuova delusione: l’Udc lo schiera in seconda posizione nel listino bloccato ma viene eletto il solo Lorenzo Cesa.
La delusione lo spinge a tornare tra le braccia di Berlusconi, prima che la fortuna gli arrida di nuovo: Cesa diventa eurodeputato e lui rientra alla Camera. Il Pdl intanto torna in soffitta e in Fi Calabria inizia l’era di Jole Santelli. Roberto e il fratello Mario, sindaco di Cosenza, sono umanamente e politicamente molto vicini all’allora coordinatrice regionale azzurra, che infatti sarà nominata vicesindaco nella Giunta bruzia, nel giugno 2016. Due anni dopo, in occasione delle Politiche, Santelli e Occhiuto jr formano una specie di ticket nei listini blindati e vengono eletti entrambi alla Camera.

Chi è il fuoriclasse tra gli Occhiuto?
Ecco, una buona e onesta carriera politica, quella dell’attuale presidente calabrese, niente di più e niente di meno. Anche perché il (presunto) fuoriclasse, in famiglia, non è Roberto, ma Mario, che infatti nel 2019 si autocandida alla presidenza della Regione. Matteo Salvini non è d’accordo e piano piano costruisce il suo veto che stronca i sogni del sindaco. Il più giovane degli Occhiuto, a quel punto, va su tutte le furie: «Se è vero che c’è un veto della Lega sulla candidatura di mio fratello, credo sia del tutto pretestuoso e inaccettabile: tantissimi amministratori locali sono sotto processo, lui no. Quanto a me, sia chiaro che se dovessi scegliere tra il cognome e l’appartenenza politica, ovviamente sceglierei il cognome».

Sembra quindi vicina una nuova rottura con Fi: i due fratelli minacciano scissioni, una candidatura (sempre di Mario) contro il centrodestra. Alla fine, nulla di fatto: Berlusconi scrive una lettera per convincerli a restare senza perdere la faccia e loro fanno un passo indietro. Santelli, intanto, diventa presidente della Calabria. Occhiuto jr pare sempre più defilato, anche perché i rapporti con la nuova presidente sembrano compromessi. Poi, la morte di Santelli chiude anzitempo la legislatura.
L’aiuto di Draghi
Occhiuto, intanto, nel febbraio 2021 diventa capogruppo di Fi alla Camera dopo la nomina di Maria Stella Gelmini nel nuovo Governo di unità nazionale. Un numero due che, inaspettatamente, diventa numero uno. Inizia da qui la nuova rinascita, propiziata dall’avvento al potere di Mario Draghi. Da quella posizione privilegiata, Occhiuto monitora le trattative per la scelta dei candidato presidente in Calabria e fa le sue mosse, senza sbagliarne una. La partita è più facile di quel che sembra, in realtà, anche perché i leader del centrodestra, già dal 2019, hanno deciso che la Calabria toccherà a un candidato presidente di Fi.

Occhiuto, in sostanza, per ottenere l’alloro deve battere la concorrenza di altri due forzisti, cioè Gianluca Gallo e lo stesso Cannizzaro, non proprio Churchill e De Gaulle, ma nemmeno Alfano e Buttiglione. E Occhiuto vince facile e ottiene la nomination; poi rivince facile ancora, contro Amalia Bruni e l’armata Brancaleone del centrosinistra calabrese; e poi, e poi si prende tutto. Per lui niente mojito, niente fiaschi politici in stile Papeete. Lui aveva escogitato il Piano e ora è in Cittadeella. I pieni poteri non li ha chiesti, se li è presi.