Più che leghisti, sono legati, praticamente immobili. Il capitano Salvini è, o è stato, alle prese con più di una guerra – quella per il Quirinale, quella interna al centrodestra, quella, personale, vinta contro il Covid, quella propagandistica sull’Ucraina – e così ha giocoforza dovuto abbandonare la compagnia calabrese nelle retrovie, a cimentarsi in piccole ma non trascurabili scaramucce interne e ad aspettare una chiamata alle armi che, assicurano i vertici locali, arriverà molto presto. Solo che nessuno sa dire quando.
Salvini e l’attesa
Ciò che tutti i leghisti ripetono, da Reggio a Cosenza, è che Salvini vuol mettere mano al partito calabrese e riorganizzarlo in vista delle Politiche 2023, appuntamento che la Lega non può fallire. Il punto è che bisogna fare presto, pena una trasformazione pericolosa: da Carroccio lombardo a tipico cartoccio calabrese dentro cui rischiano di finire stracotte le ambizioni di un leader che continua a sognare una Lega nazionale, perfettamente radicata anche in Calabria, e il controsorpasso ai danni di Giorgia Meloni e di Fratelli d’Italia.
La «gravidanza» della Lega
La disattenzione degli ultimi mesi dell’ex ministro dell’Interno ha infatti creato un clima insieme di nervosismo e di attesa per quello che avverrà. Nino Spirlì, leghista doc e fedelissimo di Salvini, non ama le metafore belliche e, per descrivere il momento, ne usa una pediatrica: «La Lega è in gravidanza e, come succede per tutte le gravidanze, anche questa deve essere rispettata fino al giorno del parto».
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Di più l‘ex presidente facente funzioni della Regione Calabria non dice, ma è fin troppo chiaro il suo richiamo al travaglio di un partito che aspetta una maieutica e, in definitiva, una verità da cui ripartire. Anche perché il partito è ancora commissariato. E chi bazzica un po’ gli ambienti della Lega calabrese sa bene quanto sia diffuso il malcontento, dei vertici come dei militanti, verso l’operato del capo regionale, Giacomo Francesco Saccomanno, nominato da Salvini giusto un anno fa.
«Con lui al 4%, senza al 15%»
L’avvocato che ha preso il posto del deputato bergamasco Cristian Invernizzi – questa l’accusa più diffusa – avrebbe fatto poco o niente per radicare la Lega nei territori e si muoverebbe sulla scena regionale e nazionale in perfetta autonomia, dunque senza un preventivo confronto con i dirigenti locali. «La sua leadership è barcollante, l’80% degli iscritti calabresi la contesta», conferma un dirigente di primo piano. Opinione non verificabile, ma che viene declinata in forme diverse da altri ufficiali del partito.
![Saccomanno](https://icalabresi.it/wp-content/uploads/2022/03/Saccomanno-1024x1024.jpg)
Uno di loro spiega tutto così: «Non abbiamo riscontri nei territori, ampie aree della regione, come quella di Cosenza, sono senza coordinamento. Saccomanno è al timone da un anno, ma ancora la riorganizzazione interna non è partita. Salvini sa tutto e riceve lamentele continue, ma per ora non si pronuncia». Un giovane quadro del partito è perfino più caustico: «Alle prossime Politiche con Saccomanno prendiamo il 4%, senza di lui arriviamo al 15%». «Tanti militanti – conferma un altro big – aspettano le prossime mosse di Salvini. Nel frattempo, tutto rimane apparentemente fermo». E in questo tempo sospeso ognuno tesse la sua tela.
Chi vuol essere parlamentare?
È aumentata, in particolare, l’influenza politica di Filippo Mancuso. Quasi anonimo nella scorsa legislatura, il politico catanzarese, con la benedizione di Salvini, è prima diventato presidente del Consiglio regionale, per poi essere indicato da tutto il centrodestra locale come candidato sindaco di Catanzaro.
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Il rifiuto colmo di gratitudine, accompagnato da un monito da leader fatto e finito («sono lusingato, ma il centrodestra cittadino ha bisogno di essere opportunamente ripensato»), ha contribuito a far luccicare ancor di più l’aura del già assessore del capoluogo. Che, a parere di molti, tra un anno potrebbe mettere a frutto questo recente successo tentando il grande salto in Parlamento.
Gli sfidanti interni non mancano di certo. Il primo è lo stesso Saccomanno, a cui non difetta la convinzione di restare al vertice della Lega almeno fino al momento decisivo della compilazione delle liste per Camera e Senato.
Della partita è, ovviamente, anche l’unico uscente, il lametino Domenico Furgiuele, uno dei primi, in Calabria, a credere nella svolta sovranista di Salvini. Tra i favoriti c’è anche e soprattutto Spirlì, che avrebbe dovuto far parte dell’ormai famigerato ticket con il governatore Occhiuto.
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Il naufragio di questo accordo, secondo diversi osservatori, lo avrebbe messo in una situazione di credito verso il partito. Del resto, era stato lo stesso Salvini a promettergli pubblicamente «un ruolo determinante sia a livello calabrese che nazionale». Spirlì, dal canto suo, a chi ha avuto modo di parlargli assicura che adesso le sue priorità sono altre dalla politica, e cioè l’arte e la Fondazione Musaba di Mammola, di cui è da poco diventato vicepresidente.
Chi resterebbe in Calabria
Chi non sembra interessato al trasferimento nella capitale è il sub commissario regionale Cataldo Calabretta. I bene informati assicurano che il numero uno di Sorical – nonostante i rapporti privilegiati con Salvini – non abbia alcuna intenzione di lasciare la società delle risorse idriche calabresi prima della sua definitiva trasformazione in ente a totale controllo pubblico. Impresa tutt’altro che facile.
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Discorso a parte merita Tilde Minasi, che nelle ultime settimane ha messo in mostra qualità tattiche per certi versi inedite. La sua storia è nota: l’assessore regionale, dopo la morte del veneto Paolo Saviane, ha ottenuto un seggio in Senato. Pare che, in accordo con Salvini, abbia infine deciso di restare in Calabria, lasciando così campo libero al vibonese Fausto De Angelis, il quale avrebbe già concordato con i vertici leghisti il suo addio a Fratelli d’Italia e la contestuale adesione al Carroccio.
Quello di Minasi potrebbe non essere un addio: qualcuno ritiene che, al momento giusto, tornerà in gioco per un posto in Parlamento. I motivi sono almeno due: ha la stima incondizionata di Salvini e, considerato l’obbligo delle quote rosa, è una delle poche leghiste calabresi con una lunga esperienza istituzionale alle spalle.
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Salvini prende tempo, gli ufficiali fremono
Gli ufficiali verdi rimasti nelle retrovie, insomma, fremono come foglie al vento e contano di ricevere ordini nel breve periodo. Salvini, di recente, avrebbe preso tempo e comunicato l’intenzione di convocare un vertice sulla Calabria, al massimo tra un paio di settimane. Probabilissimo ordine del giorno: riorganizzazione interna e candidature. Accontentare tutta la truppa non sarà per niente facile.