Non sono stato al PalaMilone dove c’è tutta la fila di bare. Dovevo tornare a Cosenza e poi, lo ammetto, mi ha frenato una sorta di pudore. Forse sabato ci andrò. A Crotone ho partecipato ad un’assemblea affollata e costruttiva alla sede dell’Associazione Sabir. Due ragazzi superstiti della tragedia hanno ascoltato ciò che dicevamo. Due afghani che hanno perso due nipoti nel mare di Cutro.
Frenetica indifferenza
È una tragedia immane che in qualche modo si materializza nei racconti dal vivo di chi l’ha vissuta e di chi sulla spiaggia ha raccolto i corpi di tutte le età. In quei corpi straziati c’è tutta la disumanità di chi li ritiene “carichi residuali”, ma anche tutte le colpe della nostra frenetica indifferenza. Può essere frenetica l’indifferenza? Si, lo è.
Perché di quelle persone non sappiamo niente e niente vogliamo sapere. I mezzi per conoscere ciò che succede in Afghanistan li abbiamo. Internet ci informa di tutto. Ma soprassediamo. Potremmo sapere ma preferiamo non esporci a queste informazioni che potrebbero turbare la quiete delle nostre giornate. Ci interessa più la copertina di Vogue con un presidente in guerra in posa con la moglie.
Bare bianche
Le donne afghane non possono posare per nessuna copertina. Le donne afghane non hanno diritti, nemmeno uno. E vogliono scappare portandosi le proprie bambine per strapparle alla barbarie di una vita nascosta. Si tenta di andare via dalle guerre, dalla povertà, dall’oppressione della tirannia.
Ci sono bimbi siriani, in quelle bare. Sono nati in guerra e in guerra muoiono. O sotto le bombe o sotto l’acqua. Per un ministro della Repubblica Italiana quelle mamme e quei bimbi sono colpevoli di partire. Un modo elegante per sostenere che se la sono cercata.
Porterò dei peluche, fra tre giorni a Crotone. Li darò ad una bara bianca. Vittima della barbarie degli uomini e della mia frenetica indifferenza.
Sergio Crocco