Strage di migranti, basta criminalizzare la solidarietà

La tragedia di oggi impone una riflessione su come la politica italiana racconta e affronta il fenomeno delle migrazioni

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«Potete respingere, non rimandare indietro», scrive Erri De Luca in Sola andata. Respingere sì, anche far morire, ma indietro non è possibile perché si scappa da un inferno che nel calduccio delle nostre case, nell’opulenza della nostra società, non possiamo nemmeno immaginare. Si muore in mare a poca distanza dalle nostre coste, come avvenuto poche ore fa. E la notizia giunge nel mezzo del pranzo domenicale, magari appena rientrati da una bella messa, commentando com’è stato bravo il parroco nell’omelia.

Ma la morte a un passo non scuote più a sufficienza e la distrazione cui siamo precipitati consente a chi ci governa di dire che il problema sono le partenze. Meloni e Piantedosi hanno trovato la soluzione: restino a casa loro. È il mantra della destra da sempre, che ha trovato spazio nell’ipocrisia anche dei governi che di destra non volevano essere, ma che avevano ripudiato la solidarietà e messo in tasca gli affari con i governi tagliagole dei paesi da cui questa umanità sofferente prova a scappare. 

Bufale e aridità

Non importa che la percentuale di migranti ospitati nel nostro Paese sia molto più bassa di quella presente nel resto d’Europa, né che spesso l’Italia sia soprattutto un luogo di transito. Quel che conta è costruire abilmente un racconto che accechi gli animi prima che gli occhi, consegnandoci un’orda pericolosa che spinge alla porta sbarrata della fortezza Italia per espugnarla, contaminarla di culture che sono diverse. Ed ecco la bufala dei presepi in pericolo, della cristianità da proteggere come in una rinnovata battaglia di Lepanto, del lavoro da tutelare. Mentre il crudele mondo della realtà ci sbatte in faccia storie di disgraziati schiantati dal lavoro nei campi del meridione d’Italia, tornati indietro ai tempi del caporalato, sfruttati per una manciata di euro. Morti di fatica, morti di freddo, morti bruciati per scampare al freddo. 

Migranti morti a Crotone, vittime predestinate

I migranti sono le vittime predestinate di un meccanismo che colpisce solo gli ultimi. Sopra di loro ci sono gli scafisti, ma anche loro sono pesci piccolissimi in un mare dove girano squali famelici, intoccabili, anzi nemmeno nominabili, anzi forse con cui si fanno pure buoni affari. Una piramide criminale che sta dietro al fenomeno migratorio in cui nemmeno la ‘ndrangheta vuole entrarecome ha spiegato Anna Sergi su ICalabresi  pur se quei disgraziati vengono sbarcare e certe volte a morire proprio in Calabria.

Per ogni governo e per questo in corso ancor di più, è più facile pensare a improbabili blocchi navali, magari da realizzare fornendo noi stessi le navi a quei paesi canaglia i trafficanti di uomini operano. È più facile criminalizzare la solidarietà, consegnare all’opinione pubblica le Ong come complici dei trafficanti. Il difficile è rassegnarsi al fatto che le migrazioni sono un fenomeno sociale vecchio quanto il mondo: si è sempre tentato di andare via dai luoghi dove non si poteva più vivere, per una guerra, per la fame, per una dittatura. E oggi vengono da noi, perché ci piaccia o meno, da questa pare c’è il mondo ricco.  

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