«Vuole risolvere il problema del traffico a Cosenza? Servono trenta vigili e dieci carroattrezzi», ride della propria idea draconiana Giuseppe Scaglione, docente di Urbanistica presso l’Università di Trento. Magari non basta, perché il problema è più complesso e il professore lo sa, però ha ragione visto che da «Trento a Cosenza, la tentazione dell’automobilista medio è quella di trasgredire». Insomma è anche una questione culturale e temere sanzioni può aiutare ad assumere comportamenti più civili e a non lasciare la macchina in doppia fila per andare al bar.
Sosta selvaggia genera caos
In realtà la questione esige uno sguardo più lungo, che per Scaglione è mancato e che deve partire dall’analisi dello stato delle cose. «Cosenza non è come Rende, che attraverso il piano regolatore dell’architetto Malara ha lunghe e larghe strade principali con altrettante ampie corsie trasversali» spiega Scaglione. Il capoluogo, aggiunge, è cresciuto in modo caotico, saltando ogni programmazione. Ed oggi si trova con i pochi assi viari direzione nord-sud e trasversali strettissime e inaccessibili per la sosta selvaggia. La città si è sviluppata in modo eccessivo rispetto le sue reali esigenze abitative, consumando suolo, ma senza poter adeguare alla crescita la sua rete viaria.
La conseguenza è il caos.
Trasporti pubblici inaffidabili
A questa condizione di partenza va sommato il disastro del servizio pubblico. «A Cosenza il servizio di trasporto pubblico si può dire inesistente. Mancano o non sono rispettate le corsie riservate, la puntualità dei mezzi nei loro percorsi è del tutto inaffidabile, mentre a Trento, per esempio, ci si potrebbe regolare gli orologi per la loro precisione».
A Cosenza a governare la mobilità durante la giunta Occhiuto è stato Michelangelo Spataro. Se gli si domanda un parere sulla viabilità subito ci tiene a spiegare che sono due cose diverse. «C’è un equivoco, io mi sono occupato di trasporto pubblico, non di strade», dice mettendo le mani avanti. Ovviamente è stato uno dei protagonisti della stagione politica appena conclusa e difende la scelte compiute dalla giunta di cui era parte. Per esempio la decisione di chiudere via Roma, che oggi alimenta un acceso dibattito – con tanto di sit-in previsto per oggi pomeriggio – dopo l’ipotizzata volontà del sindaco Caruso di riaprirla al traffico.
Tutta colpa della Lorenzin?
«Noi rispondemmo a una lettera dell’allora ministro Lorenzin che chiedeva di chiudere al traffico gli spazi antistanti le scuole e quelle di via Roma erano le più esposte all’inquinamento dell’aria e acustico, con le sirene delle ambulanze che entravano nelle aule dei bambini». Di qui la decisione di chiudere quell’area, con un appalto che Spataro assicura fu pochissimo costoso, ma che chi ha buona memoria ricorda fosse di 300 mila euro. Oggi quel posto è uno dei punti di impazzimento del traffico.
Se il nodo più stretto da sciogliere che riguarda la mobilità cittadina è il trasporto pubblico, Spataro assicura che l’Amaco «tutto sommato sta bene, che molti dipendenti sono andati in pensione, sgravando l’azienda di costi e i nuovi assunti sanno di prendere solo mille euro». La strategia di rilancio pare dunque quella di pagare meno quelli che vi lavorano, mentre i debiti complessivi viaggiano più veloci dei mezzi dell’azienda: sui 12 milioni circa.
Un parcheggio in controtendenza
Senza un servizio pubblico vero, la città è destinata a restare assediata dalle auto, non solo dei residenti, ma anche dei moltissimi che arrivano nel capoluogo che mantiene una sua centralità in termini di uffici e commercio. La soluzione sarebbero anche più parcheggi, «ma non solo come quello di piazza Bilotti – spiega ancora il professor Scaglione – posto nel cuore di Cosenza. Ormai da tempo, in molte città, i parcheggi di grandi dimensioni vengono concepiti ai margini delle città, sono dei terminali della mobilità dai quali si raggiunge il centro con navette».
La città green che ancora viene raccontata da alcune graduatorie di cui l’ex sindaco si inorgoglisce in realtà non esiste. «Cosenza ha eroso spazi verdi, per esempio nell’area campione intorno alla sopraelevata di via Padre Giglio, che il nuovo sindaco dicono voglia abbattere: oggi sono 44 gli ettari di terreno edificato e solo 20 destinati al verde. Forse sarebbero da abbattere un po’ di edifici e non la sopraelevata» dice Scaglione. Legambiente dice cose diverse, ma i dati sui quali si costruiscono quelle classifiche sono in gran parte forniti dai comuni, come Legambiente stessa ammette. Insomma me la canto e me la suono.
O si programma o si muore
La strana vicenda di Viale Parco non poteva rimanere fuori da questo tema. Il mito della metro leggera si è perso strada facendo. Anche perché, come spiega il docente «quella idea è sorpassata rispetto alle aspettative di fruizione, esattamente come è accaduto altrove, per esempio a Messina, perché il flusso di passeggeri giornalieri non giustifica l’investimento». Resta il dilemma: riaprirlo al traffico? «Come per il tratto chiuso di via Roma, sarebbe solo un palliativo. La soluzione è la programmazione complessiva del sistema città-mobilità, con una visione unitaria, che non c’è stata. Si sono chiuse strade senza mai creare alternative vere». Però per Scaglione potremmo salvarci e non morire di traffico. Toccherà al nuovo sindaco programmare il futuro, grazie alle ingenti risorse del Pnrr e progettare una città diversa, basata su una mobilità intelligente capace di coniugare la vivibilità degli spazi con la necessità di spostarsi.