Calabria 1783, il grande Flagello

Il 5 febbraio di 240 anni fa un terremoto cambiò per sempre la storia della regione. Decine di migliaia di morti, centinaia di paesi rasi al suolo. E una ricostruzione che già all'epoca favorì chi non avrebbe dovuto

Condividi

Recenti

 

È stato uno dei terremoti più disastrosi della storia d’Italia, nonché quello che più ha segnato la narrazione recente e l’identità stessa della Calabria, ultimo sud della Penisola. È praticamente impossibile, infatti, partecipare a una conferenza, un intervento pubblico sulla storia della Calabria – dal punto di vista culturale, religioso, artistico o architettonico che sia – e non giungere a un certo punto al terribile sisma che duecentoquaranta anni fa sconquassò e cambiò per sempre le sorti e il volto della regione. Parliamo del Terremoto della Calabria meridionale del 1783.

terremoto_messina-1
Le macerie dopo il terremoto del 1908

Conosciuto pure come Terremoto di Reggio e Messina del 1783 – nome sempre meno utilizzato dopo il più noto e vicino sisma del 1908 che cancellò le due città affacciate sullo Stretto –, l’evento sismico fu tra i più prolungati della storia del Paese.

“Un giudizio universale l’aspettava, ma brutale e cieco, poiché era per ravvolgere nel medesimo abisso indistintamente e chi era bianco d’innocenza e chi era nero di delitto.
[“Storia d’Italia” di Carlo Botta, volume ottavo, da “Biblioteca scelta di Opere italiane antiche e moderne”, volume 464, Silvestri 1844]

Anticipata secondo gli scritti dell’epoca da un autunno e inizio d’anno piovosissimi – presagio di sventura, e che già aveva provocato alluvioni e smottamenti in molti centri –, la prima catastrofica scossa si verificò poco dopo mezzogiorno del 5 febbraio 1783. Ma nell’arco dei successivi cinquanta giorni se ne registrano altre cinque violentissime, momenti campali di un orrendo tremolio che fino al tramonto di marzo accompagnò l’esistenza dei calabresi.

Quelli di febbrajo esercitarono principalmente il loro furore sopra le città più vicine al Faro, l’ultimo su quelle che verso lo strangolamento d’Italia tra i golfi di Sant’Eufemia e di Squillace sono poste. [Ibidem]

Calabria, 5 febbraio 1783: terremoto a Oppido

Mercoledì 5 febbraio 1783. Il paese epicentro della prima devastante scossa fu Oppido, antichissimo abitato compreso fra la Piana di Gioia e l’Aspromonte. La montagna si spaccò sfracellando case, campagne, il castello e la cattedrale: un sussulto di magnitudo 7.1 (undicesimo grado della scala Mercalli) che rase totalmente al suolo la cittadina del Reggino, mietendo circa cinquemila anime.

dumas-padre-terremoto-calabria
Alexandre Dumas padre

In visita – fortuita, ché fu costretto ad approdarvi a causa di una tempesta marina che gli aveva reso impossibile lo sbarco in Sicilia – in Calabria alla metà degli anni trenta dell’Ottocento, Alexandre Dumas padre scrisse di Oppido che «ebbe la sorte di tutte le belle donne: oggetto di desiderio nella loro giovinezza, di disgusto nella loro decrepitezza, d’orrore dopo la loro morte» [Viaggio in Calabria, Rubbettino 1996].

Dopo quella di mezzodì del 5 febbraio che cancellò Oppido, le scosse proseguirono nelle ore immediatamente successive. Se ne registrarono 949 fino al 7 febbraio quando un nuovo rabbiosissimo sisma – magnitudo 6.7 – annichilì Soriano e il suo Convento di San Domenico, fra i più maestosi del Continente, già distrutto e poi ricostruito dopo il terremoto del 6 novembre 1659.

Nove giorni dopo l’ecatombe

Gli aiuti arrivarono dopo lunghi giorni d’attesa. Le notizie del tremuoto – come si diceva al tempo – raggiunsero Napoli, sotto la cui corona borbonica soggiaceva la Calabria, solamente a nove giorni dai primi eventi. A recapitarle fu l’equipaggio della fregata Santa Dorotea, partita dal porto di Messina il 10 febbraio. Le prime missioni di soccorso giunsero nella regione quando la stessa continuava a tremare.
Come detto, di fatti, il sommovimento tellurico imperversò sulla Calabria – la parte Ulteriore, dall’Istmo di Marcellinara allo Stretto di Messina, interessando in maniera ferale anche la città siciliana – fino agli ultimi giorni di marzo, precisamente il 28. In quella data si verificò un ultimo orribile episodio sismico sulla trasversale fra Feroleto e Borgia, interessando i centri di Maida, Marcellinara, Girifalco e Cortale.

maremoto-stretto-1783-terremoto-calabria
Un’illustrazione mostra il maremoto sullo Stretto del 1783

I paesi demoliti dalla furia del terremoto furono tantissimi. A causa del cosiddetto Flagello, più di centottanta abitati andarono distrutti. Fra questi, oltre ai già citati, Palmi, Seminara, Santa Cristina, Castelmonardo (l’odierna Filadelfia), Mileto, Serra San Bruno, Polistena, Cinquefrondi, Casalnuovo e Terranuova (oggi, rispettivamente, Cittanova e Terranova Sappo Minulio), Stalettì, Bagnara e Scilla. Il susseguente maremoto colpì queste ultime e travolse fatalmente le genti che avevano trovato riparo sulla spiaggia.scilla-terremoto-calabria-1783

Oltre a ciò e al numero elevatissimo di vittime – la stima dell’insigne storico e saggista Augusto Placanica, contenuta nel suo L’Iliade funesta (Casa del Libro Editoriale, Roma 1982), attesta oltre trentamila morti, pari al «10 per cento della popolazione dell’intera provincia» della Calabria Ultra dell’epoca. Altre stime si spingono fino alla cifra di cinquantamila vittime con alcuni paesi che videro perire sotto le macerie oltre sei abitanti su dieci.

Il terremoto del 1783 cambiò volto alla Calabria

Si verificò un mutamento radicale della morfologia della regione. Una sequenza sismica così lunga e devastante portò infatti alla rivoluzione dell’aspetto paesaggistico della Calabria che da quei giorni non sarà più lo stesso. Tra le frane, gli scivolamenti e la liquefazione delle terre – uno scenario, riportano le cronache del tempo, da fine del mondo – la sella di Marcellinara, punto centrale dell’omonimo Istmo, si abbassò, numerosi torrenti e fiumi – come l’importante Mesima – cambiarono il proprio corso, si rovesciarono intere colline e presto si notò un po’ dovunque la comparsa di ampie fenditure, profondi crateri colmi d’acqua e sabbia, acquitrini e laghetti. Interessati dal fenomeno del bradisismo – vale a dire l’innalzamento o abbassamento della terra, assai visibile lungo le coste – furono inoltre i centri di Reggio Calabria, Bagnara e Scilla.

terremoto-calabria_1783
Formazione di crateri di depositi sabbiosi nella Piana di Gioia Tauro (Atlante iconografico allegato alla “Istoria de’ Fenomeni del Tremoto avvenuto nelle Calabrie, e nel Valdemone nell’anno 1783 posta in luce dalla Reale Accademia delle Scienze, e delle Belle Lettere di Napoli”, Michele Sarconi, 1784)

Il Terremoto del 1783 fu una ecatombe talmente colossale che non se ne trovarono eguali a memoria d’uomo, se non in epoche remote. Michele Torcia, membro dell’Accademia regia, nella sua relazione coeva dal titolo Tremuoto accaduto nella Calabria, e a Messina alli 5. Febbrajo 1783 paragonò la sciagura calabro-sicula al violentissimo sisma che nel 17 portò morte e distruzione in dodici città della provincia romana dell’Asia Minore, avvenimento riportatoci da Tacito e da Plinio il Vecchio.

La riscoperta della “penisola della Penisola”

Sancendo, dopo il devastante terremoto del 1638 e altri di minore entità a cavallo fra la fine del Seicento e i primi del Settecento, la posizione altamente sismica della Calabria, l’apocalisse del 1783 fu importante per riaccendere la luce sulla “penisola della Penisola”.
Priva di vere strade che la collegassero al resto del Regno, luogo di transito caldamente sconsigliato ai viaggiatori del Grand Tour – che proprio in quella seconda metà del Settecento andava trasformandosi in una moda irrinunciabile per i giovani letterati e aristocratici della Vecchia Europa e che, sull’onda delle eccezionali scoperte di Ercolano (1709) e Pompei (1748), stava investendo anche il resto del Meridione –, “grazie” al Flagello la misterica e pericolosa finibus terrae di Calabria fu infatti “riscoperta”. Nel senso che si prese coscienza delle sue antiche problematiche, della sua fragilità ambientale, dell’arretratezza del suo disegno abitativo e del suo sistema economico e sociale.

In Calabria il primo regolamento antisismico

Così, oltre al ritorno della nobiltà calabra soggiornata a Napoli – più che altro preoccupata dei disordini scoppiati presso i propri feudi –, conversero in Calabria scienziati, medici, geologi e tecnici da tutto il mondo. Assieme a essi, dalla fine del Settecento e per tutto l’Ottocento, raggiunsero la regione anche scrittori, letterati, osservatori, membri dell’aristocrazia europea; uomini come Johann Wolfgang Goethe, Stendhal, Edward Lear, George Gissing che ne parlarono, ne scrissero, fecero da cassa di risonanza, avvicinando la Calabria al resto del Continente cui, pure inconsciamente, apparteneva.

cosenza-colta-accogliente-non-per-i-viaggiatori-i-calabresi
Lo scrittore e viaggiatore George Gissing

La mal conosciuta punta dello Stivale si trasformò in un cantiere di futuro. I nuovi paesi furono edificati secondo innovativi criteri urbanistici, cosicché in Calabria si assistette alla messa in atto del primo regolamento antisismico d’Europa che certamente contribuì a limitare i danni derivati dai continui terremoti che angustiarono la Calabria anche nell’Ottocento – ben otto quelli con magnitudo superiore a 5.5 registrati dal 1832 al 1894.

Terremoto del 1783: la Calabria e la Cassa Sacra

A coordinare le operazioni di risanamento della parte centromeridionale della regione fu il maresciallo Francesco Pignatelli, marchese di Laino, che Ferdinando IV di Borbone nominò Vicario generale delle Calabrie. Pignatelli si spostò in lungo e in largo per le aree più sconquassate, per i vari stati della Calabria Ulteriore, come il nobiluomo ebbe a titolare, nei resoconti spediti al sovrano, le molteplici zone visitate.

Piano_Regolatore_di_Palmi_del_1783-terremoto-calabria
Nuova Pianta della città di Palmi (RC) proposta dai Borboni per la ricostruzione dopo il terremoto in Calabria del 1783

C’è da dire che i soccorsi usufruirono anche della Giunta di Cassa Sacra, un organo straordinario che si occupò di trovare fondi per la ricostruzione anche attraverso la vendita di beni ecclesiastici, mobili e immobili, espropriati a chiese, conventi e monasteri. L’ufficio della Cassa Sacra – che, in aggiunta, non nascondeva l’ambizione di riscattare dal punto di vista economico e sociale la regione (un refrain intramontabile) – ebbe alterne fortune: oltre alla spoliazione del patrimonio culturale regionale, favorì infatti l’arricchimento dei possidenti e dei nobili, lasciando ai margini i ceti meno abbienti.

E mentre l’Europa alimentava una nuova curiosità per la Calabria, i calabresi, stravolti dalle costanti calamità naturali e abbattuti dalla loro incerta e malagiata condizione, cominciarono man mano a perdere interesse verso la propria terra ferita e ostile, a staccarsi da essa e a dichiararsi vinti. Proprio nel momento in cui, forse… ma questa, come dicono quelli bravi, è un’altra storia.

Sostieni ICalabresi.it

L'indipendenza è il requisito principale per un'informazione di qualità. Con una piccola offerta (anche il prezzo di un caffè) puoi aiutarci in questa avventura. Se ti piace quel che leggi, contribuisci.

Iscriviti alla Newsletter

Ricevi in anteprima sul tuo cellulare le nostre inchieste esclusive.