Qualcuno volò sul nido di Scanderbeg

Otto anni fa le Rems assorbirono i reclusi negli Ospedali psichiatrici giudiziari. In Calabria una di queste strutture trova sostegno nella comunità arbëreshë di Santa Sofia d’Epiro. Ma c'è un ospite che in quella "gabbia di matti" proprio non vuol stare

Condividi

Recenti

Prima una, poi due, e infine tre evasioni rocambolesche. L’ultima volta che è fuggito, il soggetto “socialmente pericoloso” ha ferito un infermiere ed un carabiniere, dopo aver danneggiato i locali che lo ospitavano. Poi ha rubato un’automobile e si è schiantato contro un lampione, uscendo illeso dall’incidente. Ma i 2.500 abitanti di Santa Sofia d’Epiro, in provincia di Cosenza, non si sono scomposti. Ormai hanno adottato la Rems ed i suoi ospiti. «È chiaro che umanamente ci dispiace tantissimo, però non esiste allarme sociale che ci possa indurre al panico. La nostra cultura è fatta di accoglienza, incontro, musica, letteratura. Rinnegheremmo noi stessi se ci lasciassimo abbattere dalla paura e dagli egoismi», spiega Carmine Guido, musicista del gruppo rock Spasulati Band.

rems-santa-sofia
Sbarre alle finestre e muri alti tre metri nella Rems di Santa Sofia d’Epiro

Dagli Opg alle Rems

I sofioti sono una delle tante popolazioni arbëreshe, discendenti dai profughi giunti nel sud Italia sette secoli fa, quando gli antenati del presidente turco Erdogan conquistarono i Balcani e li scacciarono dalle loro case. Gli Albanesi di Calabria hanno sviluppato un’attitudine all’insilienza, la capacità di attecchire in territori remoti, cioè una forma di resilienza in trasferta. Da centinaia di anni resistono ai traumi e si organizzano in modo solidale. Una decina di loro lavora all’interno della Residenza Esecuzione Misure Sicurezza “G. Granieri”, gestita dal Centro di solidarietà “Il Delfino”. Ed è qui che le ripetute e drammatiche fughe di uno degli ospiti hanno svelato alcune delle falle giuridiche della legge 81/14 che finalmente portò alla chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari ed alla loro sostituzione con le Rems.

Stop all’ergastolo bianco

Queste strutture hanno natura più prettamente medico-sanitaria. La logica che sta alla base è quella riabilitativa: gli operatori sono medici, non carcerieri. Il loro scopo è quello di aiutare il paziente, curarlo, al fine di reintrodurlo nella società. Assomigliano più a presidi sanitari che a prigioni. Hanno, inoltre, messo fine all’ergastolo bianco. Se negli Opg non era previsto un termine massimo di durata della misura, con le Rems la tempistica non può essere superiore al massimo edittale della pena prevista per il reato. Lo scoglio più grosso da affrontare resta però la visione che la società ha di queste persone.

Pericolosi a prescindere da responsabilità

Lo stigma è ancora molto presente, accresciuto anche da una paura mediatica che viene costantemente proposta ed ampliata. C’è un forte desiderio che il reo venga neutralizzato piuttosto che rieducato, riabilitato o risocializzato.

«Tali strutture non sono deputate alla detenzione – spiega il responsabile dell’ente gestore, Gianfranco Tosti – bensì alla rieducazione e cura degli autori di reato, per prevenire nuove eventuali azioni criminose. Queste persone non devono scontare una pena. Nei loro confronti è stato emesso un giudizio di pericolosità, a prescindere dalle eventuali responsabilità. Per questo motivo tali provvedimenti si applicano anche nei confronti di soggetti che nel commettere azioni violente sono stati considerati non in grado di intendere e di volere».

La Rems “Granieri” vista dall’esterno

Tuttavia, pur essendo di fatto delle residenze socio sanitarie rientranti nel Dipartimento Salute mentale, la responsabilità direzionale è affidata all’ASP di Cosenza tramite un medico psichiatra, con la funzione di Responsabile della Rems. In queste strutture non è prevista la gestione delle acuzie e di gravi scompensi psicomotori, per questo e per eventuali Tso – trattamenti sanitari obbligatori – le cure sono affidate al Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura, all’interno degli ospedali.

Terapia, non pena

«Essendo una struttura socio-sanitaria – prosegue Tosti – noi non possiamo trattare Tso. Ci occupiamo della parte riabilitativa e sanitaria. Per ogni singola persona l’equipe redige il Ptrr (piano terapeutico riabilitativo residenziale, ndr) che può indicare lo stato di miglioramento della persona e nel corso di questi anni abbiamo cercato di costruire un approccio molto umano che è quello che da sempre a caratterizzato tutte le attività del Delfino.

rems-stanza
Una stanza della struttura di Santa Sofia d’Epiro

Il problema si pone quando tra i soggetti che ci sono affidati, qualcuno risulta incompatibile sia col carcere che con una struttura riabilitativa. Non rientra infatti nelle competenze e responsabilità del nostro personale il contenimento di azioni violente. Gli operatori al nostro servizio sono infermieri, educatori, assistenti sociali, OOSS, psicologi, tecnici della riabilitazione psichiatrica, altri addetti. Come possono arginare una persona che improvvisamente aggredisce cose e persone, e tenta di fuggire?».

Rems: sembra un carcere, ma non lo è

In Calabria la Rems di Santa Sofia d’Epiro è l’unica sul territorio regionale. Attivata nell’ottobre 2016, con due anni di ritardo, è stata realizzata in un immobile di proprietà dell’Asp. In questi 6 anni vi sono state ricoverate 52 persone, di cui 34 dimesse. L’edificio presenta i segni della mescolanza col sistema carcerario: mura alte tre metri, sbarre verticali e porte in ferro. Un rafforzamento dei sistemi di controllo è stato di recente richiesto dal sindaco, Daniele Atanasio Sisca, al prefetto di Cosenza.

Un esempio di tolleranza e civiltà

Nonostante la situazione critica, rimane alto il livello di collaborazione tra comunità locale e soggetto gestore: «La legge 81/14 – spiega Tosti – è stata precisa per le questioni strutturali. Nel contempo, abbiamo sempre cercato di creare spazi accoglienti, idonei alla cura. Gli spiacevoli episodi accaduti negli ultimi mesi non sono però riusciti a destabilizzare la nostra impostazione. E questo lo dobbiamo alla popolazione locale e alle loro istituzioni, il sindaco e il comandante della locale stazione dei carabinieri, che oltre a starci vicino, hanno sempre reagito con una civiltà ed un livello di tolleranza che dovrebbero essere da esempio in tutto il continente europeo».

santa-sofia-epiro

Sostieni ICalabresi.it

L'indipendenza è il requisito principale per un'informazione di qualità. Con una piccola offerta (anche il prezzo di un caffè) puoi aiutarci in questa avventura. Se ti piace quel che leggi, contribuisci.

Iscriviti alla Newsletter

Ricevi in anteprima sul tuo cellulare le nostre inchieste esclusive.