Pnrr ultimo treno di una regione disconnessa

Con il Piano nazionale di ripresa e resilienza si apre una stagione importante per recuperare competitività in Calabria. Non solo alta velocità ma anche una più fitta rete di connessioni per cambiare rotta

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Viviamo tempi radicalmente differenti rispetto alle caratteristiche sociali ed economiche che hanno segnato il ventesimo secolo. Eravamo abituati a considerare fondamentali per lo sviluppo le questioni legate all’intervento pubblico per l’avvio della industrializzazione. Ne abbiamo conosciuto la parabola, soprattutto nelle regioni meridionali: dalla stagione della crescita produttiva nelle industrie di base (chimica e siderurgia) sino alla drammatica crisi che ha chiuso quella fase negli ultimi decenni del secolo passato.

Con la globalizzazione il quadro si è profondamente trasformato. È cominciata una competizione tra territori per attrarre gli investimenti produttivi. Si sono affacciati sulla scena nuovi attori economici, che hanno generato uno scenario radicalmente differente.
Oggi, come ha efficacemente spiegato il politologo Parag Khanna, la gerarchia della competitività è data dalla rete di connessioni che i diversi territori sono in grado di offrire alla comunità dei cittadini e delle imprese.

Parag Khanna, politologo e collaboratore della CNN
Calabria e Mezzogiorno in ritardo

Le infrastrutture per la mobilità non sono più tanto rilevanti per gli effetti occupazionali immediati durante la fase di costruzione, quanto per la qualità dei servizi connettivi che sono in grado di generare in quella di funzionamento operativo. La lunga stagione keynesiana degli investimenti pubblici anticiclici nelle infrastrutture per rilanciare il motore dell’economia volge al termine. Eppure spesso capita ancora che le scelte vengano effettuate sulla base di criteri ormai non più attuali.
Oggi sono i territori connessi, fisicamente e telematicamente, a determinare gli esiti della concorrenza internazionale. La Calabria, come del resto l’intero Mezzogiorno, si trova a fronteggiare questa discontinuità di scenario senza essersi per tempo preparata a questa trasformazione.

Italia a due velocità

Contano nell’attuale gioco competitivo parametri radicalmente differenti: visione globale delle reti, rapidità di esecuzione degli investimenti, capacità di cucire collegamenti internazionali con reti locali. Cominciamo con la celerità di attuazione dei programmi. Ci sono voluti più di 54 anni, dalla prima progettazione all completamento, per costruire la Salerno-Reggio Calabria. Mentre in otto anni veniva completata l’Autostrada del Sole, si è impiegato quasi sette volte tanto per completare l’asse stradale fondamentale per connettere la Calabria con l’Italia. Sono tempi incompatibili con qualsiasi ragionevolezza infrastrutturale. In più di mezzo secolo, cambia completamente la storia e la geografia dei territori.

Recuperare il tempo perduto

Ora lo stesso rischio si corre per la costruzione del nuovo collegamento ferroviario tra Salerno e Reggio Calabria, previsto dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Non c’è dubbio che tale investimento sia necessario, ma è anche urgente. Come è accaduto per la rete autostradale, anche per il sistema ferroviario ad alta velocità si sono realizzati i collegamenti prima nel centro nord del Paese. Ora bisogna recuperare il tempo perduto senza scegliere strade che determinino uno spostamento alle calende greche del completamento dell’opera. Qualche segnale preoccupante invece c’è nel progetto predisposto da Rete Ferroviaria Italiana, almeno per due ragioni.

Quale alta velocità serve?

Da un lato si vagheggia la possibilità di realizzare anche nel Sud una rete ad alta capacità, vale a dire in grado di far correre anche i treni merci. L’investimento realizzato al Centro-Nord testimonia che questa scelta è inutile e dannosa. I treni merci non sono in grado di pagare il pedaggio di accesso ad una rete con queste caratteristiche. E difatti nessun treno merci transita oggi sulla rete ad alta capacità. I costi per realizzare una infrastruttura con queste caratteristiche, poi, superano di un terzo quelli di una rete AV dedicata solo ai treni passeggeri.

Dall’altro lato viene individuato un tracciato interno al territorio calabrese, che richiede la realizzazione di 85 km di gallerie. Non ci vuole un indovino per immaginare che in questo modo, otre ad incrementare di molto i costi, si allunghino di moltissimo i tempi di completamento dell’investimento.
Varrebbe la pena di ragionare con grande attenzione su questi due punti, se vogliamo che l’investimento nel potenziamento della rete ferroviaria meridionale non sia l’ennesima occasione perduta.

Il porto di Gioia Tauro

E veniamo al secondo punto fondamentale, vale a dire la visione globale necessaria per disegnare la rete dei collegamenti capace di posizionare un tessuto economico e sociale nel contesto nazionale ed internazionale.
Il caso del porto di Gioia Tauro è emblematico in questa direzione. Nasce, come è noto, nell’ambito del fallimentare progetto per costruire il quinto centro siderurgico, e per decenni resta una cattedrale nel deserto. L’intuizione di un imprenditore dotato di visione internazionale, Angelo Ravano, determina una rivitalizzazione del porto, grazie alla sensibilità del primo Governo Prodi.

Navi cariche di container nel porto di Gioia Tauro

Lo scalo di Gioia Tauro si inserisce nella rivoluzione delle rotte marittime internazionali, diventando uno dei porti di transhipment capaci di ospitare le grandi navi portacontenitori tra l’Oriente e l’Europa. Poi, dall’inizio del ventunesimo secolo conosce una stagione di rallentamento e di crisi, perché la governance del terminal container attraversa una fase di stagnazione strategica, fino alla ripresa recente con un rilancio della competitività determinato dalla strategia dell’attuale gestore, la seconda compagnia mondiale per traffico di container.

Quello che manca, perché Gioia Tauro possa giocare un ruolo strutturalmente positivo – per la Calabria e per l’Italia – è un disegno strategico di Paese sulla costruzione di una rete di scali marittimi complementari e competitivi. Più che aver determinato la generazione di un sistema portuale nazionale forte ed unitario, la scelta è stata quella di aver messo in competizione tra loro gli scali italiani, quando invece era piuttosto necessario elevare la scala della competizione su un orizzonte globale.

Sono mancati a Gioia Tauro quegli investimenti complementari di connessione alla rete ferroviaria e stradale che erano indispensabili per non svolgere soltanto la funzione di transhipment, attività a basso valore aggiunto e basso impatto sul territorio. Senza generare attività logistiche la funzione del porto di Gioia Tauro resterà meno centrale di quanto non possa essere.

La concorrenza distruttiva tra aeroporti

Anche per quanto riguarda la rete degli aeroporti non si sono effettuate scelte strategiche e si sono messi in competizione scali limitrofi, all’interno dello stesso territorio regionale calabrese, con l’effetto di dar vita a una concorrenza distruttiva che non ha consentito di generare quella massa critica indispensabile per attirare investitori e compagnie aeree. Tra Lamezia e Reggio Calabria si è assistito nell’arco dei decenni ad una danza di spostamenti di rotte, come accadeva alla sfilate di Mussolini che intendevano mostrare una potenza non vera. L’effetto è stato un depotenziamento ed una marginalizzazione delle connessioni aeree, anch’esse strategiche sia per il turismo sia per il business.

Per la Calabria, con il PNRR, si apre ora una stagione decisiva per recuperare competitività. Serve puntare sulle reti di connessione per mettere in sintonia il territorio e l’economia con il sistema nazionale ed internazionale. Da un lato, però, occore una analisi strategica degli investimenti necessari, anche nelle caratteristiche tecniche dei progetti. Dall’altro, serve la capacità di realizzarli in tempi che siano compatibili con la ripresa effettiva di competitività.
Sulla mobilità si gioca la partita decisiva per il futuro della Calabria e del Mezzogiorno. Non si presenterà un’altra occasione come quella che abbiamo di fronte nel prossimo quinquennio.

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