Cinque paia di pantofoline colorate sistemate all’ingresso. I riscaldamenti accesi già da qualche ora. In cucina il profumo buono di una ciambella appena sfornata. Comincia così, molto presto, la giornata di lavoro di Erminia: madre single, due figli appena adolescenti, professione tagesmutter. Letteralmente “mamma di giorno”, ma la definizione non chiarisce il complesso mosaico di compiti e competenze di queste professioniste riconosciute dal Ministero dello Sviluppo economico.
Oltre gli asili pubblici e privati
Si tratta di educatrici di nido domiciliare formate e le loro case ospitano un massimo di cinque bambini in contemporanea, un’alternativa agli asili pubblici e privati che ha il vantaggio di offrire un’ambiente domestico e una cura familiare, tempi e spazi organizzati in base alle esigenze e ai bisogni dei genitori con i quali si concordano orari e tariffe.
Alle 9 il primo papà suona al campanello e a stretto giro arrivano gli altri bimbi che frequentano questa casa: il più piccolo ha 11 mesi, la più grande due anni e mezzo. Appena entra, ogni bambino sa esattamente cosa fare e lo fa in autonomia: togliere le scarpe, lavarsi le mani, il gioco libero nella sala in attesa che arrivino gli altri.
Pedagogia domestica
Ogni giornata, seguendo i ritmi di quella che sarebbe una routine in famiglia, prevede delle attività da fare insieme: lavare, impastare, cucinare, pulire. «È la pedagogia della domesticità» – spiega Erminia Greco, “zia Erminia” per i suoi piccoli utenti, che è coordinatrice gestionale del servizio Tagesmutter Domus della cooperativa “La Terra”. «Il nostro motto è: proporre, non imporre. Puntiamo alla crescita dell’autostima di ogni bambina e di ogni bambino. Preparare i biscotti o le polpette, lavare i panni, dipingere: i bambini sperimentano tutto in prima persona. Se li lasci fare e non fai le cose al posto loro, si sentiranno capaci e soddisfatti. Aiutiamo anche i genitori a portare avanti questa filosofia, attraverso incontri e seminari con psicologi e pediatri, in maniera che ci sia una continuità educativa tra la casa della tagesmutter e la loro casa».
Coccole e pazienza
I bambini hanno età diverse, il più piccolo viene coccolato dai più grandi che lo aiutano a scegliere i giochi o a sfilare il giubbino. «In questa maniera i bambini si responsabilizzano, fanno comunità e consolidano il loro legame. Ogni attività è pensata in base all’età, perché ogni bambino ha un piano pedagogico a sé». In uno spazio domestico sicuro e senza pericoli, i bambini sbriciolano, esplorano, colorano, si sporcano in libertà.
«Impastare è un gioco che li diverte – continua Erminia – ma è allo stesso tempo un’azione educativa: impastando potenziamo la motricità fine e questo, ad esempio, li aiuterà a impugnare meglio la penna quando saranno a scuola». Facile dedurre che la prima dote della tagesmutter sia la pazienza, indispensabile per affrontare da sola cinque bambini con temperamenti e bisogni molto diversi. «La pazienza, certo. Ma anche tanta fantasia. Quando la situazione precipita perché magari i bimbi piangono insieme o litigano tra loro, ho la mia strategia – sorride Erminia – comincio a cantare a squarciagola: questo di solito funziona».
La Calabria esempio virtuoso in Italia
All’albo nazionale delle tagesmutter In tempi di Covid molte famiglie hanno cercato una soluzione alternativa alle strutture pubbliche ma i micronidi delle tagesmutter sono ancora molto pochi al sud, questo nonostante la Calabria sia un esempio virtuoso in Italia. La Regione è infatti l’unica ad aver disciplinato le tagesmutter all’interno del registro delle professioni atipiche. Domus è l’unica rete di professioniste iscritte all’albo in Calabria (l’albo conta in totale 184 professioniste su tutto il territorio nazionale), anche se – è bene precisarlo – non c’è l’obbligo di appartenere ad un’associazione o ad un ente e in tutta Italia sono numerose le “battitrici libere”. Non in Calabria, dove i nidi domiciliari sono ancora troppo pochi.
«Al momento tra Cosenza e Rende ce ne sono solo due e ospitano in tutto dieci bambini. Abbiamo purtroppo dovuto rifiutare le richieste di oltre venti famiglie» spiega Erminia. E in questo vuoto di offerta c’è il rischio di lasciare spazio a chi si improvvisa solo perché intravede la possibilità di guadagno. «Le tagesmutter devono avere una formazione specifica come educatrici di nido domiciliare – avverte Erminia Greco – . Noi della rete Domus siamo iscritte ad un albo professionale a cui si accede solo dopo corsi che prevedono, tra l’altro, lezioni di primo soccorso pediatrico».
Si tratta di «una professione che offre grandi soddisfazioni ma anche flessibilità, perché i turni si organizzano in base al tempo che si può mettere a disposizione e soprattutto offre alle donne che non possono permettersi alternative, la possibilità di stare a casa e continuare a prendersi cura anche dei propri figli. E intanto garantirsi un guadagno, che varia ovviamente in base al numero dei bambini e alla tariffa oraria concordata con le famiglie».
Tagesmutter? In principio fu il Trentino
La storia dei nidi domiciliari e delle tagesmutter in Italia è relativamente recente. Lo sviluppo delle politiche per l’infanzia ha inizio con la legge 176 del 1991 con la quale il Governo italiano ha recepito la Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia approvata dall’Assemblea delle Nazioni Unite nel 1989. Il processo di ratifica è poi proseguito con la legge 285/97 (Legge Turco) che costituisce il primo grande strumento di cambiamento nel sistema delle politiche sociali italiane, anche per merito della copertura finanziaria che l’ha sostenuta.
Grazie ai finanziamenti previsti dalla Legge Turco, è iniziata la sperimentazione del modello tagesmutter e si sono sviluppate le prime reti di nidi famiglia che – a partire dal Trentino Alto Adige – hanno poi coinvolto le altre regioni. Anche dal punto di vista normativo non c’è una linea unitaria. Il nido famiglia è generalmente un servizio educativo domiciliare, in Italia regolamentato a livello regionale. Quasi tutte le Regioni hanno adottato una normativa ad hoc che stabilisce le modalità attraverso le quali è possibile aprire un nido famiglia, un nido domiciliare o diventare assistente domiciliare. È dunque possibile lavorare come tagesmutter in autonomia, non è necessario dunque far parte ad un’associazione o una cooperativa.
Sold out: la domanda supera l’offerta
«Appartenere a una rete ed essere iscritte all’albo nazionale – chiarisce Erminia – è sicuramente una garanzia. Il nostro è un lavoro molto delicato, è assolutamente controproducente improvvisarsi». Il prossimo corso di formazione della rete Domus partirà tra poco: a febbraio ci saranno i seminari formativi per poter poi accedere alla selezione del corso, il 2 e il 3 marzo.
Sulla pagina Facebook “I nidi delle mamme” curata da Margherita Fortebraccio, coordinatrice pedagogica e presidente dell’associazione, si possono trovare tutti gli aggiornamenti in merito ai corsi. I requisiti minimi: dai 21 anni di età, una casa a norma (soprattutto per quanto riguarda impianti e caldaie) e spazi adeguati (si calcola che servano quattro metri quadri a bambino). «Ci piacerebbe diventare più numerose – conclude Erminia – perché a differenza di altri settori nel nostro c’è il paradosso che l’offerta è inferiore alla domanda. E c’è un vantaggio ulteriore, quello di lavorare a casa, prendendosi cura dei bambini del nido e contemporaneamente dei propri figli».