Suo malgrado e certamente per necessità, almeno sulle mascherine il Capitano Ultimo è stato un precursore. Il volto lo copre da tanti anni, più di quelli trascorsi da quando catturò Totò Riina. Oggi, però, Sergio de Caprio non è più un uomo dell’Arma bensì un politico atipico. Che continua a definirsi «carabiniere straccione» e che ha in mano un settore delicatissimo e complicato qual è l’ambiente calabrese.
Il video di propaganda
La delega all’Ambiente gli è stata affidata, com’è noto, la compianta Jole Santelli annunciandolo con una conferenza stampa show – con tanto di trailer che vi riproponiamo sotto – che si tenne a neanche un mese dalla sua elezione a presidente della Regione.
Non in quella Calabria che si disse di voler trasformare in «una grande riserva naturale», ma in un elegante sala di Montecitorio. «Sono nato dove il vento corre libero e non c’è niente che spezza i raggi del sole», dice di sé su Twitter il Capitano Ultimo, impregnando ogni post della retorica del «popolo della strada» e della «fratellanza» contro «l’avidità del dominio».
Diciotto mesi di annunci
Se con lui all’assessorato all’Ambiente sia stata fatta «una scelta chiara per la #Calabria che vuole #dialogo e #democrazia contro ogni autoritarismo politico o mafioso» e se si stia concretizzando l’obiettivo di «tutelare l’autodeterminazione delle comunità calabresi» spetta agli stessi abitanti della regione valutarlo. Intanto però dalla sua nomina sono passati 18 lunghi mesi e di annunci Ultimo ne ha fatti tanti. Il più recente riguarda un “problemone” storico come quello della depurazione.
«Abbiamo sbloccato situazioni – ha dichiarato lo scorso 21 luglio – che erano ferme da anni. Le abbiamo monitorate con i sindaci e con i tecnici dei Comuni. Abbiamo preparato 125 interventi su 120 Comuni e finanziato le progettazioni con 65 milioni di euro già approvati, come anticipo sul Fondo di coesione e sviluppo, ai quali si aggiungeranno quasi 200 interventi, ridimensionati su 100 milioni di euro». Tutto questo «si chiama programmazione», ha aggiunto. Gli effetti concreti sul territorio di tanta capacità programmatica, però, quando la seconda estate del suo assessorato è già in parte compromessa e inchieste come quella della Procura di Paola svelano situazioni quantomeno imbarazzanti, stentano ancora a rivelarsi.
Certamente la questione è atavica. E il «mare da bere» i calabresi, in particolare in alcuni tratti del litorale tirrenico, se lo sognano fin dai tempi delle scuse pubbliche di Agazio Loiero, i cui successori non sembrano aver fatto meglio. Intanto se ne occupano le Procure: quelle di Vibo e Lamezia hanno creato una sorta di team interforze per monitorare l’inquinamento del mare. E i politici di ogni schieramento che minacciano di denunciare chiunque dica che il mare è inquinato si ritrovano a fare i conti con ciclici imbarazzi.
L’assessore smentito dal “burokrate”
A Ultimo capita anche di puntare il dito contro i «tanti burokrati che cercano solo il dominio». Ma chissà cosa pensa di quelli che hanno la responsabilità amministrativa del suo settore alla Cittadella. Un caso, anche questo recente, fa capire quanto sia disarmante misurare la distanza tra le parole e la realtà, tra gli annunci e le carte. È successo a San Ferdinando, Comune della Piana di Gioia Tauro nel cui territorio sfocia un fiume, il Mesima. Attraversa buona parte dell’entroterra vibonese ed è indicato da anni come portatore di inquinamento perché qualcuno ci sversa dentro reflui e liquami di ogni tipo.
Il Comune di San Ferdinando si dà da fare per cercare di evitare che anche quest’anno arrivi a mare una certa portata di schifezze. Ma con pochi fondi l’unica soluzione praticabile secondo l’ente è ancora una volta quella dello sbarramento. Realizzare, cioè, una sorta di diga di sabbia con dei tubi che ci passano in mezzo per cercare di filtrare i liquidi inquinanti prima che sfocino a mare. Il Comune avvia quelle che vengono definite interlocuzioni istituzionali e già a marzo incontra Ultimo. L’ultima riunione risale al 30 giugno. «L’assessore De Caprio – ha fatto sapere l’amministrazione di San Ferdinando – ha garantito il sopralluogo immediato da parte di Calabria Verde in previsione dello sbarramento della foce».
Succede però che il Wwf insorga perché ritiene lo sbarramento non risolutorio e dannoso per l’ecosistema dell’area e che chieda alla Regione se abbia autorizzato o finanziato interventi simili. La risposta del direttore generale del dipartimento Ambiente è stringatissima, ma eloquente. «Non risultano al momento interventi finanziati da questo Dipartimento per lavori sul fiume Mesima, né richieste di autorizzazioni per la realizzazione di interventi». In sostanza il dirigente generale smentisce ciò che Ultimo aveva garantito agli amministratori locali.
Le ultime parole famose
Il comunicato sul sito web della Regione porta la data del 3 novembre 2020. Il titolo è: «Rifiuti, De Caprio: “Ecco il piano che cambierà la regione”». L’attacco, con le dichiarazioni dell’assessore-carabiniere, è ancora più deciso: «Abbiamo approvato le linee guida del Piano di gestione rifiuti regionale, che ci porterà a discariche zero entro due anni». È un «provvedimento – continua Ultimo – completo, di sistema. Lo faremo alla luce del sole per la Calabria e insieme ai calabresi». Un anno è quasi già passato, quel Piano non è finora mai arrivato nell’aula del consiglio regionale, che intanto approva cose evidentemente più urgenti come il tg web di Palazzo Campanella. È rimasto, dunque, solo un atto di indirizzo.
Dal privato al… privato
In vigore c’è invece quello approvato nel 2016 dalla maggioranza che allora sosteneva Mario Oliverio. Prevedeva la realizzazione di una serie di impianti per i quali a distanza di 5 anni si registrano forti ritardi. Le conseguenze di tutto ciò si rivelano in una recente ordinanza. Nel documento la Regione ammette che tra luglio e settembre potremmo portare fuori dalla Calabria 10mila tonnellate di rifiuti «a prezzi esorbitanti» e che comunque ciò non basta. Così siamo tornati a portare i rifiuti alla discarica della società Sovreco a Crotone a cui viene riconosciuta una tariffa di 180 euro a tonnellata per un massimo di 600 tonnellate al giorno. Equivale a oltre 100mila euro ogni 24 ore.
A proposito del ricorso ai privati, però, Capitano Ultimo aveva assicurato: «La cosa più importante è quella di creare una metodologia di dialogo trasparente e privo di interessi locali». Tutto questo per «affrontare e sostenere la transizione di un sistema della gestione del ciclo dei rifiuti sempre emergenziale, condizionato dalla prevalenza di interessi privati, ad un sistema a prevalenza pubblica». Un anno fa la stessa Santelli aveva respinto la proposta di conferire a Crotone a costi minori di quelli attuali rivolgendosi, peraltro, anche a un paio di Procure.
Le pale girano ancora
Anche qui partiamo da un annuncio. Ansa, 9 febbraio 2021: «Sono state sospese in Calabria le autorizzazioni per la realizzazione di impianti eolici ed elettrodotti “in quanto rappresentano una violenza alla bellezza della regione e allo sviluppo del turismo”. Lo ha disposto l’assessore alla Tutela dell’ambiente della Regione, Sergio De Caprio». Ci si aspettava che a una dichiarazione del genere, accolta con un certo favore dagli ambientalisti, seguisse una legge regionale. O, almeno, un atto di indirizzo politico. Invece nulla, nessun provvedimento ufficiale. Forseci si è resi conto che la Corte costituzionale ha già bocciato un tentativo analogo fatto dalla Regione Campania nel 2016.
Intanto succede, per fare due esempi, che a Cirò (Crotone) solo una sollevazione dei viticoltori impedisca che venga costellata di pale eoliche la “collina del vino”. E che a San Vito sullo Jonio (Catanzaro) si decida di tagliare 750 alberi per fare spazio ai moderni mulini a vento. Su quest’ultima vicenda non è noto il parere di Ultimo.
La multiutility? Sorical permettendo
Tranquillizza, però, sapere che «la Calabria si allontana dalla palude del localismo condizionato da lobby e ‘ndrangheta e crea una multiutility pubblica che gestirà rifiuti, acqua ed energia rinnovabile in una dimensione interregionale, insieme al Mezzogiorno del Mediterraneo, portando benessere e sviluppo per il popolo calabrese».
Di concreto, in realtà, al momento c’è solo una delibera di indirizzo con cui la Regione prova a verificare se ci siano le condizioni per acquisire le quote private di Sorical e, così, far uscire dalla liquidazione avviata 9 anni fa la società che gestisce l’acqua calabrese, magari per farne un vessillo elettorale della Lega. Ma aspettiamo fiduciosi.