Vampiri a San Nicola Arcella, l’horror che stregò Lovecraft

Altro che Dracula e Transilvania. I "succhiasangue" di Calabria furono ideati e scritti nell'alto Tirreno cosentino da Crawford. Che raggiungeva la torre via mare, col suo brigantino. In compagnia di gente come Joseph Conrad

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Con l’arrivo dell’estate, come ogni anno, lungo tutto il tratto nord della Statale 18, da Praia a mare fino a Cetraro, debutta l’ingorgo delle presenze turistiche anarchiche. Quelle che sfuggono a statistiche e controlli, che significano economia super-sommersa, inquinamento e abusivismo senza fine, ingorghi, bancarelle e lungomari che diventano una specie di Piedigrotta a tutte le ore del giorno e della notte.

Chi può si gode la vista del golfo di Policastro. Magari da uno di quei villini fucsia o color pisello che occhieggiano dal mostruosissimo Villagio del Bridge, una catasta di spaventosi cottage in cemento con vista sulla baia di San Nicola Arcella, che leggenda dice costruito coi soldi di Maradona.

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Lo scrittore Francis Marion Crawford

Grand Tour: stregati dal nord della Calabria

Niente come il turismo di massa è capace di marcare i cambiamenti nella cultura e nei costumi. Queste coste magnifiche della Calabria del Nord un tempo non così lontano dal nostro furono il luogo elettivo del mito un poco svenevole degli stranieri del Grand Tour a caccia di natura selvaggia e panorami mozzafiato.

Qui scesero lo scozzese Craufurd Tait Ramage e il più noto e pruriginoso Norman Douglas. Ma, su tutti, da queste parti visse l’eccentrico e ricchissimo scrittore americano Francis Marion Crawford. Non un personaggio qualsiasi, anche se il nome di Crawford (1854-1909) oggi direbbe poco anche al lettore più erudito e smaliziato. Questo autore che compare solo in cataloghi antiquari e nelle ristampe di editori minori di serie horror e fantasy, fu un caso fra i più curiosi e insoliti nella letteratura popolare di fine Ottocento.

Crawford fu uno scrittore di storie incredibilmente prolifico e versatile, di grande mestiere e di enorme successo. Ma anche uomo eccentrico e misterioso. Eccezionale poliglotta (parlava ben 11 lingue) studioso di culture esotiche ed etnografo sui generis, ma anche uomo di mondo, eccellente marinaio e viaggiatore avventuroso, cultore di esoterismo e scienze occulte, abile schermitore e architetto. Al culmine di un’esistenza intensa e stravagante, bruciata in soli 55 anni, i suoi 44 romanzi ottennero un successo eccezionale fra fine ‘800 e inizio ‘900.

Autore del primo libro in inglese sulla mafia

In vita la sua popolarità e la sua fortuna di narratore raggiunsero vette leggendarie. Già il suo primo romanzo, l’anglo-indiano Mr. Isaac (1882), ebbe un successo immediato di pubblico, e Crawford ne fece subito un seguito l’anno appresso, tradotto in 23 lingue. La sua carriera da allora fu un crescendo, fino alla morte improvvisa avvenuta nel 1909 in Italia, a Sorrento.

Fu lui a scrivere il primo romanzo in inglese sulla mafia che si conosca, l’antropologico I padroni del Sud (The Rulers of the South, 1900). Crawford con la sua penna fosca e fantasiosa riuscì guadagnare grandi fortune, assieme all’ammirazione del pubblico e una celebrità che dava sui nervi. Con un best seller dopo l’altro era infatti il nababbo della letteratura d’evasione del primo Novecento.

In barca con Joseph Conrad

Innamorato del mare e della navigazione a vela, nelle sue crociere verso il Sud, Crawford spesso si faceva accompagnare dalla bellissima moglie americana Elizabeth Berdan, da Sarah Bernhardt (per la quale aveva scritto nel 1902 il dramma Francesca da Rimini), dal pittore danese Henry Brokmann-Knudsen e da pochi altri amici scrittori della colonia britannica, come Norman Douglas, che ricorderà Crawford nei suoi Biglietti da visita. Qualche volta nelle crociere verso questi luoghi del Sud lo accompagnò anche Joseph Conrad, con il quale il nostro, che era capitano di lungo corso della marina americana, si alternava al timone del «The Alda», uno schooner a tre alberi, «grande e bello» che lo stesso scrittore, esperto navigatore, pilotava dall’Atlantico a Sorrento, e poi giù fino a San Nicola Arcella.

Fu durante uno di questi lunghi detour nautici verso il Sud che Crawford scoprì l’estremo arco meridionale dell’ampia insenatura delimitata da un costone di roccia che si apre tra l’isola di Dino e il Golfo di Policastro, a San Nicola Arcella, in Calabria.

La torre dello scrittore

Una vecchia torre bastionata che «spunta isolata da un uncino di roccia», squadrata e tetra, affrontava il mare e le tempeste, dominando un tratto di costa a quel tempo deserta e solitaria, dove «nel raggio di tre miglia non si scorge una sola casa». Il paesaggio lo ammaliò, e Crawford trovò proprio in questo scorcio di costa selvatica e disabitata una straordinaria fonte di ispirazione. Così come aveva fatto a Sorrento, decise di prendere dimora a San Nicola per stabilirsi armi e bagagli proprio nella torre che, abbandonata e quasi ridotta a rudere, regnava sulla baia.

Per un canone irrisorio prese in affitto da un proprietario del posto, un certo Alario, quella tetra e spettacolare torre costiera costruita dagli spagnoli nel ‘500 per tenere lontani i pirati, e la restaurò. E fu proprio in questa sua strana residenza di elezione che Crawford, anno dopo anno, si rifugiò per scrivere quasi tutti i suoi più noti capolavori letterari. Vi scrisse storie di fantasmi, misteri e vampiri come La strega di Praga, La cuccetta superiore e Il teschio che urla.

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Lo scrittore Francis Mario Crawford nel suo studio all’interno della torre di San Nicola Arcella

Se ne stava rinchiuso per mesi nello scenografico bastione, isolato in un piccolo studio con biblioteca, vivendo in solitudine nella torre, tra le mura spoglie, abbandonate dai tempi degli spagnoli ai venti e alle sinistre dicerie di luogo stregato. Un posto davvero perfetto per immaginare le trame dei suoi racconti horror e fantasy. Lo stesso Crawford nei suoi diari ricorda lo stupore provato nello scoprire una sorgente d’acqua limpida sullo scoglio, buona da bere, proprio a fianco alla torre, e i successivi lavori di costruzione di un pozzo che spaventarono molto la popolazione del villaggio, estremamente superstiziosa riguardo alla fama che la torre aveva come luogo di calamità e di disgrazie.
Nel 1911, due anni dopo la morte di Crawford, si pubblica postuma una raccolta di racconti sul soprannaturale intitolata For the Blood is the Life and other Stories. Tra questi otto racconti di «wandering ghosts», Perché il sangue è la vita, che dà il titolo alla raccolta, è ambientato tra le mura di questo eremo stregato e remoto sulle coste della vecchia Calabria amata da Crawford.

Uno dei migliori racconti horror secondo Lovecraft

Perché il sangue è la vita fu considerato in assoluto da H.P. Lovercraft uno dei migliori racconti di vampiri mai scritti. La sua particolarità sta nel fatto che la storia, scritta da Crawford forse nel 1908, un anno prima della sua morte, si svolge praticamente in presa diretta, proprio tra le stanze della torre di San Nicola, dal calco di personaggi locali, tra gli scenari naturali affascinanti e stregati di quel fortilizio lungamente abitato dall’«americano», che attinse per questa sorta di «ghotic tale» alla calabrese, a quella che pare fosse un’accreditata superstizione popolare di San Nicola.

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Lo scrittore americano H. P. Lovecraft

Vampiri a San Nicola Arcella

Per queste particolarità “Perché il sangue è la vita” è, nel suo genere, un capolavoro, «one of the absolute best tales of the folkloric vampire of tradition» (H.P. Lovercraft), in mezzo a decine di altri racconti di vampiri che nei primi decenni del Novecento ripetevano stancamente i temi del Dracula letterario di Stoker. Qui Crawford sfata tutti i luoghi comuni che vogliono questi esseri soprannaturali infestare unicamente le nebbiose brughiere dell’Inghilterra o le montagne nere della Transilvania. Il plot fu dettato dalle numerose conoscenze folkloriche dello scrittore americano, che saprà mescolare le atmosfere gotiche con le credenze popolari del luogo.

Il vecchio Alario del racconto altri non era che il padrone della torre affittata da Crawford, la leggenda del fantasma di Cristina era una superstizione raccolta di prima mano nel villaggio, i personaggi realistici, mentre il sinistro bastione di Crawford era considerato un luogo interdetto dai tabù locali. Un terribile omicidio fa da sfondo a una storia di passioni morbose e denaro. Due ladri trafugano il baule con la fortuna accumulata all’estero dal vecchio Alario, lasciando in povertà il figlio Angelo. Per farlo, uccidono una serva, la zingara Cristina, una misteriosa ragazza che li aveva visti nascondere il tesoro.

Dopo la morte di Alario, Angelo, umiliato e povero, viene attirato dal fantasma di Cristina, trasformata in vampiro, con cui si congiunge nel luogo in cui i ladri l’hanno sepolta. Da viva Cristina, creatura misteriosa e sensuale che ha il fascino maledetto della zingara fatale, è sempre stata innamorata di Angelo, che però non l’ha mai corrisposta. Da morta, come vampira, è irresistibile, e Angelo si lascia vampirizzare eroticamente da lei, finché Antonio, «una piccola creatura simile a uno gnomo», il bizzarro servitore del narratore della storia (lo stesso Crawford), con l’aiuto del vecchio prete del villaggio combatteranno contro il maleficio di Cristina, che viene infine sconfitta e uccisa con il solito paletto spaccacuore.

San Nicola Arcella, la torre e lo scrittore

Nella torre di San Nicola, Crawford scrisse, tra l’altro, anche i capitoli finali dell’ultimo libro, The diva’s ruby, uno dei suoi romanzi più belli. Quasi a testimoniare che il suo lavoro di scrittore di storie romantiche e gotiche fosse davvero ben concluso solo in quel luogo, in un’atmosfera così carica di suggestioni imperscrutabili. Il manoscritto di The diva’s ruby, conservato alla Houghton Library dell’Harvard College (dono della figlia «Countess Eleonora Marion Crawford Rocca»), suggella la circostanza. Con solennità Crawford alla fine dell’opera impugnò la penna e, testimoniando il profondo legame instaurato con la sua torre alchemica, con i personaggi e i luoghi circostanti, lasciò che l’inchiostro vergasse la chiusa: Francis Marion Crawford, San Nicola Arcella, 6 Settembre 1907.

La passeggiata di Crawford a San Nicola Arcella

Oggi resta ben poco del paesaggio e dei luoghi incantati che «l’americano», aveva scelto per vivere e scrivere. Qui un tempo il paesaggio era quello del magnifico e intoccato tratto di costa che va da Castrocucco, su cui scendono a picco i monti di Maratea, fino a San Nicola Arcella. Un mare azzurrissimo dominato dall’isola di Dino, punteggiato da isolotti e scogli, con splendide insenature e la piccola baie dell’Arco Magno, che sovrasta una piccola laguna dove il mare è raffreddato da polle sorgive di acqua dolce. Sull’arco di accesso alla grotta passava, dove oggi è franato, una stretta mulattiera. Era la passeggiata di Crawford, sulla vecchia strada di collegamento tra la Taverna dell’Orco e la Fonte del Tufo. Sui luoghi immortalati tra le pagine fantasy del magico Crawford si compie la nemesi del contemporaneo.

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Spiaggia dell’Arco magno a San Nicola Arcella

La torre assediata: ville, discoteche e movida

La torre è ormai assediata dai vicini disco-bar, dai club e dai quartierini di villette estive affastellate in ogni angolo sulla marina di San Nicola Arcella. Tutto intorno il paesaggio sottosopra dei villaggi turistici e delle seconde e terze case per il mare. Compresi i famosi villoni esagerati con annessa caletta privata dei politici calabresi che qui tengono banco nella stagione estiva, e vicino alla torre di Crawford le discoteche pompano a tutto volume le notti della movida locale. Sullo sperone di San Nicola oggi c’è un belvedere ridotto in condizioni di degrado tristissime.

Le piante della macchia mediterranea sono secche o bruciate. Al loro posto un mucchio di spazzature e bottiglie di plastica, cartacce e rifiuti di ogni genere. La superstrada tirrenica, la SS 18, giorno e notte scarica sulle marine affollate tra Praia a Mare e Diamante, il caos di un turismo mordi e fuggi, immemore e fracassone. Altri vampiri, sfuggiti dalle trame dei suoi esorcismi letterari, qui hanno fatto scempio di quello che fu il paradiso di Crawford.

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