Luigi Lilio, il calabrese che detta il tempo all’umanità

Medico, matematico, astronomo. Allo studioso di Cirò dobbiamo la modifica al calendario che ancora oggi regola le date in tutto il mondo. Una rivoluzione, la sua, che richiese uno stratagemma particolare: si andò a letto il 4 ottobre, ma la mattina dopo era già il 15 del mese

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Dall’alba della civiltà al 1582 tutti i popoli hanno cercato invano di sincronizzare le date del calendario ai cicli delle stagioni. Solo Luigi Lilio vi riuscì. Quello di Lilio era un compito arduo da svolgere. Ai suoi tempi mancavano le leggi dei modelli planetari, i metodi della fisica e gli strumenti della matematica che vedranno la luce pochi anni dopo grazie a Keplero, Galileo e Newton. Lilio non aveva a disposizione queste conoscenze, ma riuscì ad elaborare un calendario così preciso da sfidare i secoli.
A Cirò è stato realizzato un museo dedicato a Luigi Lilio dove sono riprodotti i più importanti documenti della riforma del calendario.

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Il museo di Cirò dedicato a Luigi Lilio (foto Giovanni Bosi)

Lilio, medico a Napoli e professore a Perugia

Lilio nacque nel 1510 a Psycron, oggi Cirò. Dopo aver compiuto gli studi di medicina a Napoli si trasferisce a Roma ed è accertato che vent’anni dopo era professore di medicina a Perugia. Non sappiamo dove e quando morì, ma sicuramente prima del 1576. Medico, dunque, ma anche edotto di matematica e di astronomia, come del resto era normale che avvenisse per l’istruzione universitaria dell’epoca. Tra le discipline che l’aspirante medico doveva studiare c’erano l’astronomia e l’astrologia per via degli influssi che gli astri potevano avere sulle malattie. Sono poche le vicende note della esistenza di Luigi Lilio, tanto che in passato non sono mancati dubbi sulla sue origini calabresi.

Il calendario giuliano “sbagliava” il giorno di Pasqua

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Luigi Lilio, busto di realizzato da Giuseppe Capoano, 2012

Nel corso dei secoli la discordanza tra le date del calendario giuliano, in vigore dal 46 a.C., e l’equinozio di primavera, impone la necessità di correggere le regole adottate per registrare il tempo. Di questo problema soffre in particolare la Chiesa Cattolica, che già dal Concilio di Nicea del 325 aveva legato al novilunio e all’equinozio di primavera il suo mistero fondamentale: la Resurrezione di Cristo. I Padri del Concilio di Nicea avevano stabilito che la Pasqua di Resurrezione si dovesse celebrare nella domenica seguente alla XIV Luna (plenilunio) del primo mese dopo l’equinozio di primavera.

Nella metà del 1500 il calendario giuliano aveva segnato come giorno dell’equinozio di primavera il 21 marzo, ma gli astri l’avevano indicato l’11 marzo cioè circa 10 giorni prima. In considerazione di ciò, la Pasqua si celebrava nel periodo astronomicamente sbagliato. Appare ormai improcrastinabile la riformulazione del calendario, ma era un compito arduo da svolgere. Si trattava di correggere il computo per registrare il tempo e contemporaneamente evitare che l’equinozio astronomico di primavera rimanesse indietro, rispetto al calendario civile, com’era successo nel corso dei secoli.

Le meccaniche celesti

Le difficoltà astronomiche da risolvere riguardavano sia il moto apparente del sole sia il moto relativo della luna. Si trattava di sincronizzare il tempo civile con gli indicatori celesti, mantenendo un vincolo inamovibile: la data dell’equinozio di primavera, convenzionalmente fissata in modo perenne il 21 marzo. Il moto dei pianeti, però, è tutt’altro che regolare ed uniforme. In particolare, non è uniforme il cammino della terra attorno al sole. E, di conseguenza, nell’ottica precopernicana, non è neppure uniforme il moto apparente del sole rispetto al nostro pianeta. Il calendario è la rappresentazione degli aspetti periodici di questo moto; quindi finché esso si basa su regole precise e invariate nel tempo, è destinato a sfasarsi rispetto ai fenomeni celesti e ogni tanto deve essere “aggiustato” se lo vogliamo sincronizzato con le stagioni.

Dieci giorni di ritardo per il pianeta Terra

La Terra non presenta solo il moto della rotazione e della rivoluzione, ma è soggetta anche ad altri movimenti meno appariscenti; uno di questi, detto della “precessione degli equinozi”, consiste in una specie di moto di trottola che fa oscillare l’asse di rotazione con un periodo di circa 26mila anni. Il moto orbitale della Terra è riproducibile solo nel suo complesso, ma una formalizzazione accurata deve considerare la variabilità di tutti i termini descrittivi, causata da altre oscillazioni proprie della Terra, dalle perturbazioni gravitazionali degli altri pianeti e dal rallentamento della rotazione per effetto delle maree.

A metà del XVI secolo aver trascurato tutto ciò comportava un ritardo di circa 10 giorni della reale posizione della Terra rispetto al calendario giuliano allora in uso. In breve, l’anno del calendario civile era considerato di 365, 25 giorni, più lungo dell’anno tropico di cui era incerta la reale misura. La Terra era rimasta indietro di 10 giorni nella sua orbita intorno al Sole, rispetto a quanto era previsto nel calendario giuliano.

La Chiesa non sapeva quando fosse Pasqua

Può non essere ovvio come questo problema debba riguardare la religione cristiana. In effetti, l’interesse astronomico della Chiesa discende dall’aver connesso la celebrazione della Pasqua alle fasi lunari e all’equinozio di primavera. Il non saper proporre un metodo esatto per la determinazione della data della Pasqua, rischiava di compromettere ulteriormente l’autorità della Chiesa cattolica in quel periodo storico molto difficile, scosso dallo scisma dei Protestanti e dei Calvinisti. Roma avvertiva il pericolo di un’ulteriore frattura con la Chiesa d’Oriente. Si doveva trovare un metodo indiscutibile, di validità perenne e di facile comprensione anche per chi non avesse specifiche competenze scientifiche.

Il calendario in ritardo

Nel 325 d.C., per fare fronte al dilagare dello scisma di Ario, papa Silvestro I e l’imperatore Costantino indissero in Bitinia (attuale Turchia) il primo importante Concilio cristiano: quello di Nicea. Il calendario era all’epoca in ritardo di tre giorni rispetto alle stagioni e ciò provocava nei cristiani sconcerto nel fissare la data della loro festa principale, la Pasqua. Per evitare il pluralismo liturgico nelle comunità cristiane, si fece strada l’idea di legare la Resurrezione del Cristo all’anno solare e al calendario di Cesare, utilizzando l’equinozio di primavera come data astronomica per la determinazione della Pasqua. Si stabilì una data fissa per tale avvenimento celeste, che invece è leggermente variabile: il 21 marzo.

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Il Concilio di Nicea

I padri conciliari eliminarono due giorni dall’anno per risistemare l’equinozio al 21 marzo, ma non furono in grado di correggere il difetto fondamentale del calendario giuliano che rimase più lungo rispetto all’anno solare. Mentre attraverso i secoli scorreva placidamente il calendario giuliano, la data dell’equinozio di primavera si allontanava lentamente rispetto alla misura reale dell’anno tropico.
Diversi pontefici, non pochi concili e molti studiosi versati nelle discipline matematiche e astronomiche nel corso dei secoli avevano tentato invano di conciliare i due periodi del mese lunare e dell’anno solare.

Ruggero Bacone nel 1267 aveva fatto osservare al papa Clemente IV un errore di 9 giorni dell’equinozio di primavera segnato nel calendario. Il problema della non rispondenza del calendario giuliano con i cicli delle stagioni era noto persino a Dante Alighieri che lo ricorda nel XXVII Canto del Paradiso (142-143): «Ma prima che gennaio tutto si sverni per la centesma ch’è là giù negletta».

Nemmeno Copernico riuscì nell’impresa

Al tempo del Concilio Lateranense, con Leone X, molti si adoperarono per risolvere la desiderata riforma. Tra questi, emerse come figura di spicco l’astronomo tedesco Paolo di Middelburg. Chiamato in causa da quest’ultimo, anche Copernico espresse il suo parere. Per Copernico non era possibile arrivare ad un calendario perfetto poiché l’anno solare era variabile.

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Niccolò Copernico, padre dell’astronomia moderna

Tutti gli studiosi che nel corso di tredici secoli si occuparono di trovare una soluzione al calendario, pur avendo dissertato abbondantemente sulla durata dell’anno, non riuscirono a trovare un metodo sicuro che desse una data stabile e duratura all’equinozio di primavera dal quale dipendono la Pasqua e tutte le altre feste mobili. Il calendario giuliano continuò, pertanto, ad essere utilizzato senza alcuna modifica. E man mano che passava il tempo aumentava sempre più il divario tra il calendario civile in uso e il ciclo delle stagioni. Nel frattempo si giunse al Concilio di Trento.

Il Concilio di Trento (1545 – 1563) affrontò anche il problema della riforma del calendario. Durante le sue fasi pervennero alla presidenza varie proposte di astronomi e matematici ma, per la vastità dei temi trattati, si decise di delegare la soluzione del problema alla Santa Sede.

La riforma di Lilio arriva in Commissione

Subito dopo il suo insediamento papa Gregorio XIII nominò una Commissione costituita da astronomi, giuristi e teologi a cui affidò il mandato di valutare e approvare un progetto di riforma del calendario.
La proposta di riforma elaborata da Lilio arrivò alla Commissione, che aveva come primo matematico il tedesco Cristoforo Clavio, insieme ad altre e venne giudicata la più efficiente ed anche la più facile da applicare. Però non fu lui a presentarla, poiché presumibilmente era già deceduto. Compare invece il nome del fratello Antonio, anche come membro della Commissione stessa, ed è l’unico laico che fu chiamato a farne parte. Dei nove membri della Commissione Pontificia tre erano calabresi: Antonio Lilio (fratello di Luigi), il cardinale Guglielmo Sirleto di Stilo e il vescovo Lauro di Tropea.

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Basilica San Pietro in Roma. Mausoleo di Gregorio XIII. Antonio Lilio genuflesso porge al papa il libro dei calcoli di suo fratello Luigi

Una testimonianza significativa del ruolo svolto da Antonio è la sua immagine scolpita nel bassorilievo del monumento dedicato a Gregorio XIII, situato nella basilica di San Pietro a Roma, nel quale Antonio Lilio, genuflesso, porge al pontefice il libro del nuovo calendario.
La riforma del calendario era di difficile soluzione essenzialmente per la difficile misurazione dell’anno tropico. Se l’anno tropico avesse un valore costante, le regole di Lilio garantirebbero la correttezza della datazione per sempre. In effetti era questo il problema più importante da risolvere: non tanto il riallineamento tra calendario e reale posizione della Terra sull’orbita, quanto poter disporre di un sistema di calcolo stabile, invariante al trascorrere del tempo.

La riforma di Lilio diventa calendario

La nuova formulazione calendariale di Lilio venne inviata in forma di Compendium ai principi cristiani, Università e Accademie più rinomate d’Europa, con l’invito di esaminarlo, correggerlo o approvarlo. Gli esperti in matematica ed astronomia esaminarono la proposta ed inviarono i loro commenti al papa. I giudizi degli esperti, trentaquattro rapporti, furono quasi tutti positivi. Papa Gregorio XIII il 24 febbraio 1582 con la bolla Inter gravissimas promulgò il nuovo calendario.
In generale, la semplicissima regola delle intercalazioni adottata dalla riforma liliana è la seguente:

  • un anno comune contiene 365 giorni; 366 giorni l’anno bisestile;
  • il giorno in più viene aggiunto alla fine di febbraio;
  • ogni anno dell’era cristiana dopo il 1582 se è divisibile per 4 è un anno bisestile;
  • la regola vale anche per gli anni di fine secolo che sono bisestili solo se divisibili per 400.
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La bolla papale Inter gravissimas

Ti addormenti il 4 ottobre e il giorno dopo è già 15

Per evitare dunque che si producessero accumuli di errori futuri, si decretò di cancellare 3 giorni ogni 400 anni. Seguendo queste indicazioni non sono stati o non saranno bisestili gli anni 1800, 1900, 2200 etc.; sono stati e saranno bisestili gli anni 1600, 2000, 2400, 2800 etc. Invece di 100 giorni aggiuntivi ogni 400 anni secondo il calendario giuliano, si aggiungono 97 giorni in 400 anni che portano la lunghezza media dell’anno a 365 e 97/400 giorni. In quanto allo spostamento dell’equinozio di primavera, Lilio propose di eliminare 10 giorni dal vecchio calendario. Si andò a letto il 4 ottobre del 1582, era un giovedì, ci si svegliò il mattino dopo non il 5 ma il 15 ottobre del 1582.
Furono i dieci giorni scomparsi dalla storia dell’umanità
.

Dove è il manoscritto di Lilio?

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Calendario gregoriano perpetuo, 1583

Lilio, perfettamente consapevole delle problematiche astronomiche discusse nel corso dei secoli, riteneva che un calendario basato su una teoria planetaria come avrebbe voluto Copernico, e inizialmente lo stesso Clavio, sarebbe stato troppo complicato da tradurre in uno strumento che segnasse il tempo e fosse facilmente accessibile a tutti. Elaborò la riforma del calendario prendendo come riferimento il valore medio delle misurazioni dell’anno tropico di 365g 5h, 49m 16s contenuto nelle Tavole Alfonsine.
Come Lilio sia arrivato al valore annuo medio calendariale di 365,2425 (365g 5h 49m 12s) non è molto chiaro poiché il suo manoscritto non è mai stato stampato ed è scomparso senza lasciare traccia.
Le correzioni di Lilio non sono limitate alla sincronizzazione dell’anno civile con l’anno astronomico di quel tempo. Le sue regole di intercalazione permettono di adattare il calendario nel corso del tempo ed anticipano la possibile variazione della durata dell’anno tropico nel corso dei secoli.

L’età della luna

Risolto il problema dell’anno calendaristico, non era così semplice il rimedio di correggere l’altro errore del calendario giuliano: la retrodatazione dei noviluni. È la parte più interessante della riforma. Scopo fondamentale dei riformatori era infatti che, nello stabilire l’epoca della Pasqua, non si tradisse l’intenzione dei padri niceni, cioè che la Pasqua cristiana si celebrasse nella prima domenica dopo il plenilunio che seguiva l’equinozio di primavera.
Mediante due equazioni accordò i due cicli, solare e lunare, propose una tabella di validità ultramillenaria ed un originale e complicatissimo “ciclo delle epatte”. Se si conosce l’età della luna, ossia l’epatta il primo gennaio di un qualsiasi anno, si possono facilmente determinare tutti i giorni di quell’anno nei quali la luna sarà nuova o piena. E, di conseguenza, si determina senza incertezza la data della Pasqua.

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Lunario Novo. Uno dei primi calendari gregoriani stampati a Roma nel 1582

Il giorno Sexto Calend. Martij Anno Incarnationis Dominae M.D.LXXXI, corrispondente al 24 febbraio 1582, Gregorio XIII firmò la bolla Inter gravissimas. Il 1° marzo 1582 il testo venne affisso alle porte della Basilica di S. Pietro, alle porte della Cancelleria Vaticana e nella piazza Campo de’ Fiori.

Pure i protestanti adottarono il calendario di Lilio

Il nuovo calendario non fu subito e ovunque accettato da tutti i paesi. Adottarono subito il calendario i paesi cattolici romani. Dopo più di un secolo, le difficoltà incontrate nelle attività legate al commercio e nelle relazioni internazionali convinsero i paesi protestanti ad adottarlo. I più tardivi furono i paesi ortodossi, che accettarono il nuovo calendario dopo la fine della prima guerra mondiale soltanto in materia civile, mentre in liturgia utilizzano ancora il calendario giuliano. La Bulgaria si associò agli altri stati nel 1917, la Russia nel 1918, Serbia e Romania nel 1919, la Jugoslavia nel 1923, la Turchia nel 1927 e per ultima fu la Grecia nel 1928. Fuori dall’Europa il Giappone si allineò nel 1873 e la Cina nel 1911. Rifiutano ancora oggi di adottare il calendario gregoriano gli Ebrei e i Musulmani ma limitatamente ai fini religiosi.

Francesco Vizza
Direttore Istituto di Chimica dei Composti OrganoMetallici – ICCOM
Consiglio Nazionale delle Ricerche – CNR

 

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