Ucraina e ‘ndrine: quanto è grande il pericolo? Tra i protagonisti semi-invisibili della guerra, che va avanti dal 24 febbraio 2022, ci sono le armi e i mezzi di offensiva bellica.
Certo, di armi si parla sempre: sia per disquisire dell’attacco russo sia per comprendere la difesa ucraina. Anche perché dall’Occidente (gli Usa ma anche l’Italia) continuano ad arrivare armi in supporto all’Ucraina.
Tuttavia, queste armi rimangono largamente “immaginate”, astratte, semi-invisibili, “ingoiate” da un conflitto che non si sa quanto ancora durerà.
Si spera, però, che prima o poi le ostilità finiranno. Solo allora molte cose che appaiono ingarbugliate emergeranno, anche e soprattutto fuori dall’Ucraina.
Armi dall’Ucraina alle ‘ndrine: l’allarme di Gratteri
A proposito di armi e della loro invisibilità, la comunità internazionale, in prima linea l’Interpol, ha lanciato l’allarme: dopo il conflitto ci potrebbe essere un’iniezione di armi da guerra sul mercato nero, a disposizione di gruppi criminali che le acquisteranno o faranno affari col loro traffico.
In Italia, ha ribadito il monito, tra gli altri, il procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri.
Gratteri, durante un’intervista a Piazza Pulita del 27 maggio, ha avvertito che la guerra in Ucraina potrebbe avvantaggiare la ’ndrangheta proprio per l’accesso al mercato illegale delle armi da guerra.
Il magistrato aveva già fatto riferimento al Crimine, una struttura all’interno di ogni locale di ‘ndrangheta, che agirebbe come Ministero della guerra.
Il suo compito, commenta il procuratore, è anche procurarsi armi per “l’esercito”: «Già era successo dopo la guerra in Jugoslavia, dove la ‘ndrangheta acquistava esplosivo, armi, bazooka. Lo stesso accadrà in Ucraina, con armi ancora più sofisticate: si potranno comprare a prezzo di outlet, perché la gente avrà fame, e non si sa in che mani vanno a finire».
Povertà in Ucraina e armi low cost alle ‘ndrine
Queste espressioni fanno riflettere sulla disponibilità di armi a basso costo, dovuta alla povertà della popolazione ucraina. Inoltre, mettono l’accento sulla praticabilità e permeabilità di questo mercato illecito da parte della ‘ndrangheta.
Da un punto di vista analitico, però, non tutto è poi così chiaro o determinato o giustificato. D’altronde non spetta certo al procuratore Gratteri offrire analisi di criminologia, visto che lui fa un altro lavoro.
Eppure, diversi commentatori hanno rilanciato l’allarme, incluso il riferimento alla ex Jugoslavia. Essi hanno fatto capire che la ‘ndrangheta, ma non solo, potrebbe intervenire in diversi settori della guerra Russa-Ucraina oltre che in quello delle armi (ma non si sa bene quali siano questi settori) e che il traffico di armamenti include percorsi virtuali (il dark web).
Come spesso succede negli shock geopolitici (disastri naturali, crisi sanitarie e umanitarie, guerre e via discorrendo) si rischia di reagire con un’iperbolica percezione – e narrazione – del rischio. E questa, a sua volta, genera un fenomeno noto in criminologia: il panico morale.
Il panico morale
Per panico morale si intende il processo per cui un evento (o un gruppo) ordinario e già esistente viene percepito e raccontato dai media come straordinario.
In questo caso, l’evento ordinario e presente è il traffico di armi. A esso viene associata una minaccia straordinaria legata alla guerra in Ucraina.
Proprio com’è stato per la pandemia, si rischia di esemplificare uno scenario complesso e poliedrico – il traffico di armi (da guerra e non) – attribuendo alle mafie la deterministica volontà, basata su una capacità scontata, di cogliere una ghiotta occasione di arricchimento.
La mafia onnipotente? Non esageriamo
Non vorrei essere fraintesa: è indubbio che alcuni gruppi mafiosi vogliono cogliere tutte le opportunità di arricchimento. E sono innegabili le condanne subite negli anni dai membri di alcuni clan per la detenzione di armi, comuni e da guerra (si veda per esempio la sentenza d’appello per il processo Mandamento Ionico di qualche giorno fa), e per il loro traffico (preponderante nel processo Imponimento ancora a dibattimento).
Eppure, la capacità della ‘ndrangheta – o meglio di alcuni suoi clan – di entrare e avere successo in un settore (nuovo o improvvisamente rivitalizzato) non è mai predeterminata.
Affermare il contrario – e quindi rendere assolute evidenze occasionali e sporadiche – o parlare al futuro anziché al condizionale, crea solo una forma di panico morale, secondo cui, ancora una volta, la mafia è onnipotente e incontrastabile.
Armi e ‘ndrine: il mercato nero in Ucraina
Nelle crisi e nelle opportunità che esse offrono il successo di nuove o rincarate imprese mafiose dipende da tre fattori: la natura del mercato; la natura degli attori nel mercato e i meccanismi di controllo e contrasto.
Per quel che riguarda la natura del mercato e i suoi attori dal punto di vista dell’offerta, è interessante l’analisi del Global Organised Crime Index. Secondo questo studio, l’Ucraina vanta da anni uno dei più estesi mercati di armi in Europa. Non è dunque una novità di questa guerra, ma un primato consolidato dal conflitto nell’Ucraina orientale di quasi dieci anni fa.
L’identikit dei trafficanti
In Ucraina, la maggior parte delle armi era già trafficata all’interno del Paese (e ora anche inviata in supporto alla guerra). Tuttavia i network impegnati nel traffico illegale di armi nel paese non sono individuali o spuri. Né sono collegati necessariamente a condizioni transitorie di povertà.
Inoltre, sono collegati a network criminali in Russia, Bielorussia, Moldavia, Georgia e Turchia, oltre che a broker e acquirenti in Paesi dell’UE e dell’ex Jugoslavia.
Dal punto di vista della domanda, in Europa occidentale – quindi anche in Italia – il commercio maggiore riguarda le armi leggere. In questo mercato dominano le forniture provenienti dall’ex Jugoslavia e dai network balcanici che dominano le rotte. Laddove è relativamente facile, per i gruppi criminali europei – ’ndrangheta inclusa – procurarsi una pistola o un fucile d’assalto, molto più difficile risulta reperire un Rpg (lanciarazzi) o una mitragliatrice e i loro ricambi. Per farlo occorrono denaro e i giusti collegamenti nell’area.
Armi ucraine: il vero mercato non è l’Europa
È probabile che la maggior parte delle armi provenienti dall’Ucraina – che in Europa sembrano quasi un esubero – sarà destinata ad altre zone di conflitto. Cioè l’Iraq, la Siria e la Libia.
In questi luoghi, molto più che da noi, c’è una domanda di armi pesanti tale da renderne redditizio il traffico.
Ciò non vuol dire che qualcuno dei “nostri” gruppi criminali non acquisterà ulteriori armi da guerra. Né che, in alcune circostanze, persone vicine ai clan calabresi non si occuperanno di traffico di armi dalle zone ora in guerra.
Il business è lucrativo e soprattutto già abbondantemente avviato. Le motivazioni dei clan mafiosi nell’acquisto di tali armi poi, sono ancora tutte da comprendere. Ad ogni modo, nel grande schema del mercato in questione, degli incentivi per l’acquisto e dei suoi attori, le armi ucraine andranno massicciamente altrove.
Non sottovalutiamo l’allarme
Occorre comunque prendere sul serio l’allarme di Interpol e di Gratteri, sebbene lo si debba sfrondare dai toni deterministici e assoluti: anche poche armi in più possono fare la differenza nel danno sociale.
A livello internazionale si discute da tanto del mercato delle armi per prevenirne il traffico.
Rimedi necessari ma insufficienti
Al riguardo, si parla di potenziare il tracciamento di ogni singola arma, e dell’aumento delle risorse di polizia internazionale per comprendere i network e le rotte criminali. Ma, come in molti altri traffici illeciti, il problema è la produzione del bene illecito, e non tanto il suo sfruttamento.
Detto altrimenti: il nodo vero nel contrasto al traffico di armi è l’esistenza stessa delle guerre, senza le quali non si produrrebbero tante armi.
Perciò, rendere il traffico di armi meno lucrativo per i gruppi criminali e potenziare i controlli, non può purtroppo essere strategia sufficiente, se dopo questa guerra ce ne sarà un’altra.