Per la Calabria calcistica è stato un fine settimana quasi del tutto disastroso. Per il quasi c’è da ringraziare la Reggina, unica squadra a conquistare la vittoria contro il Parma di Gigi Buffon, 43enne che al “Granillo” mancava da ben 12 anni. Era il 2009 e quella fu anche l’ultima stagione degli amaranto in serie A.
Oggi, di fronte a 8.693 spettatori (record stagionale per la B), l’highlander dei portieri ha sfoderato un paio di interventi da ventenne e, nel recupero del match, si è anche fiondato in attacco alla ricerca del pareggio. In un tempo in cui si discute animatamente di riforma delle pensioni, ho il sospetto che lui miri a superare quota 100, 102 e 104.
Le domande del Crotone
Questa volta parto dal Crotone, primo team calabrese a scendere in campo venerdì scorso. Dopo la convincente vittoria casalinga, la prima stagionale, contro la capolista Pisa, ero convinto che il peggio ormai fosse passato. Invece dovevo fidarmi di Francesco Modesto (voto 5). Il giovane allenatore dei pitagorici col suo inconfondibile tono di voce monocorde riesce a trasformare anche la conferenza stampa più agitata in una puntata di Sottovoce, il programma di Gigi Marzullo scandito da frasi rituali che hanno il pregio di far cambiare canale alla velocità della luce.
Prima della trasferta di Alessandria, il tecnico parlava di problemi non risolti. Dopo Alessandria viene da dire che aveva ragione da vendere. Peccato soltanto che spetterebbe proprio a lui modificare ciò che non funziona. Il suo Crotone si è trovato di fronte un avversario… modesto, che, chissà perché, si esalta solo quando di fronte si trova squadre calabre. Su nove partite disputate finora, due soli successi: con Cosenza e Crotone.
Ciò che preoccupa di più è che i grigi di Longo sono riusciti a spuntarla nonostante in campo avessero diversi esordienti. Bisogna dirlo, dopo il rigore parato da Contini (uno dei pochi a salvarsi, voto 6.5) a Corazza, una reazione degli “Squali” c’è stata: una traversa di Cuomo e due paratoni di Pisseri su Mogos e Mulattieri. Poca roba, però, se si pensa al valore delle due rose.
A fine gara, Modesto ha ammesso che la difesa, specie sulle palle alte, non funziona e i 17 gol subiti lo confermano ampiamente. Il giovane albanese Kolaj (decisiva la sua rete e la sua prova) di fronte a Canestrelli (5) e Nedelcearu (4) avrà pensato di avere qualità più grandi di quelle che realmente possiede.
Insomma, al “Moccagatta” il 3-4-1-2 pitagorico si è rivelato ancora una volta lento e poco fluido. Per non parlare dell’atteggiamento mentale di chi è sceso in campo, tutto meno che propenso al sacrificio. Cosa fare quindi? Molti tifosi chiedono la testa del condottiero. E tutto lascia pensare che la scarsa presenza di pubblico allo “Scida” degli ultimi due mesi si protrarrà ancora a lungo.
L’organico, dopo la serie A e gli addii di Simy e Messias, resta forte, ma è stato rinnovato quasi del tutto, con una drastica riduzione dell’età media. Si sapeva fin dall’inizio che non sarebbe stato un torneo di vertice. Eppure nessuno forse, a partire dell’orgoglioso Gianni Vrenna, si aspettava così tante difficoltà.
Cosa deciderà il patron? Si farà condizionare dal pessimo clima che si respira in città, oppure andrà avanti per la sua strada? Il solito Marzullo di cui sopra, in una delle sue originalissime riflessioni, sosteneva che «chi vince ha sempre ragione, chi perde ha sempre torto». E allora, prima di cambiare canale definitivamente, facciamoci tutti una domanda e diamoci una risposta.
Voto 3 a chi risponde ad alta voce.
Ménez è rimasto acceso
Contro il Parma, nel 2014, realizzò forse il gol più bello della sua carriera. Indossava la maglia del Milan e con un folle colpo di tacco ammutolì lo stadio “Tardini”. Jérémy Ménez (voto 8) oggi si è ripetuto con addosso la casacca della Reggina. Non proprio come sette anni fa, ma ugualmente con una giocata da applausi. Un gol spettacolare, capace di buttar giù dalla torre delle big del torneo il Parma dei grandi nomi. Un piattone sotto l’incrocio, su assist di Di Chiara (6.5) che Buffon ha potuto solo ammirare.
D’altronde era proprio il francese l’uomo che tutti attendevano. A iniziare da Alfredo Aglietti che in settimana aveva chiesto al suo asso di rimanere sempre acceso. Ed è ciò che è accaduto. Specie nel primo tempo, l’ex Psg e i suoi compagni hanno dettato legge a ritmo alto, mettendo gli emiliani in costante difficoltà. Nella ripesa, un rigore con Var di Galabinov (quinto centro e 7 in pagella) ha portato al raddoppio.
La rete nel finale di Vazquez ha solo messo un po’ di pepe alla contesa, ma nulla di particolare. Una prova di forza che costringe la Reggina a non nascondersi. Il terzo posto in classifica a un solo punto dal Brescia (secondo) e a quattro dalla vetta, spinge inevitabilmente Reggio Calabria a sognare la massima serie. Dodici anni dopo l’ultima volta. Dodici anni dopo il ritorno di Buffon al “Granillo”.
Voto 8 alle coincidenze benaguranti.
Cosenza sull’altalena
Giudicare il Cosenza di quest’anno è un lavoro complicato. Probabilmente sarà così fino alla fine del torneo. Colpa del fallito Chievo Verona, della Figc che lo ha fatto fallire fuori tempo massimo, e colpa di Eugenio Guarascio che, pur sapendo prima degli altri, si è mosso con ritardo. Ma questo è un discorso contraddittorio, anacronistico e quindi finisce qui. Non finirà, invece, quell’altalena di sensazioni schizofreniche che i ragazzi di Zaffaroni (voto 5,5 per ieri) procureranno ai loro tifosi partita dopo partita. Ogni tanto si parlerà di playoff a portata di mano e, magari, sette giorni dopo si invocherà un nuovo miracolo per evitare l’ennesima retrocessione.
La disfatta di Benevento (3 a 0) racconta proprio questa storia: dopo il buon pareggio con il Frosinone si veniva da giorni di fiducia. È bastato perdere malamente in terra campana, tra l’altro davanti a 700 tifosi rossoblù, per cambiare gli umori e le prospettive future di gran parte della gente. Da ieri c’è chi attacca Zaffaroni per quell’atteggiamento eccessivamente attendista che prima andava bene, c’è chi se la prende con il reparto offensivo apparso sterile e isolato e c’è chi dice che senza Palmiero lì in mezzo non si va da nessuna parte.
Può darsi che sia corretto tutto, può darsi che lo sia anche il contrario. Eviterei, però, di prendermela troppo con il tecnico milanese, forse l’unico vero fuoriclasse della rosa da capire e aspettare. Mi assumo il rischio di dire che senza di lui questo Cosenza avrebbe la metà dei punti che ha e un andamento ondulatorio come quello delle ultime tre gare se lo sognerebbe. Come un qualcosa di impossibile da raggiungere.
Invece, nonostante la partenza ad handicap, l’infortunio determinante per gli equilibri difensivi di Vaisanen; nonostante le assenze, l’inesperienza di Sy e Vallocchia, la scelta discutibile di Gerbo in mediana e non sulla fascia destra e tantissime altre cose, il Cosenza ha un’identità, un attaccante, un regista, ha un paio di seconde punte di spessore. E, rispetto a un anno fa di questi tempi, ha molte più probabilità di mantenere la categoria.
Certo, con quel tifo sugli spalti sarebbe logico attendersi di più, ma anche questo rischia di diventare un discorso anacronistico e contraddittorio. Soprattutto se si pensa che sugli spalti c’è anche un presidente che dopo dieci anni di monarchia assoluta, non ha ancora compreso qual è il valore reale del suo regno.
Voto 1 a chi non sa o non vuole mai guardare oltre.
Catanzaro ko nel momento sbagliato
Antonio Calabro presentando la sfida casalinga del suo Catanzaro con il Monopoli aveva rassicurato tutti: «State tranquilli, nessuno qui è con la testa alla partita di Bari», prossimo avversario in campionato. D’altronde come si fa a giocare contro un avversario pensando a quello successivo? Il punto è che, pur creando tanto, la squadra giallorossa è sembrata meno attenta del solito in fase difensiva e sprecona sotto porta.
Veniva da quattro vittorie consecutive e vedeva il primo posto in classifica (attualmente di proprietà del Bari) non troppo lontano, soprattutto in vista dello scontro diretto di sabato prossimo. Con il Monopoli (1 a 2 il risultato finale) è andato tutto storto, a cominciare dall’arbitraggio, contestato a fine gara. Ovviamente nulla è ancora compromesso, ma per riaccendere la speranza della promozione diretta servirà un’impresa in terra pugliese.
Prima di ieri una buona striscia di risultati l’aveva collezionata anche la Vibonese di mister D’Agostino. Con il Palermo, però, è stato fatto un passo indietro. L’illusione per il gol del vantaggio di Golfo, è stata prontamente cancellata dalla rimonta rosanero. Un ko che riconsegna ai rossoblù il posto di cenerentola del torneo, seppure in compagnia del Latina. Insomma, serve urgentemente una vera svolta. Lo sforzo mentale fatto fin qui per recuperare il terreno perso a inizio stagione, non è ancora sufficiente.
Voto 4 ad entrambe per l’occasione persa.
Haitem
Haitem Jabeur Fathallah non ha avuto la stessa fortuna di Christian Eriksen. Aveva 32 anni, laureato in Economia Aziendale e Management e giocatore di basket di serie C Gold, uno dei migliori della categoria. Domenica scorsa, sul parquet del PalaLumaka di Reggio Calabria, stava guidando la sua Fortitudo Messina al successo, quando un malore, probabilmente una crisi ipoglicemica, lo ha fatto crollare a terra.
Soccorso tempestivamente da cinque medici (uno di campo e quattro presenti casualmente sugli spalti), sembrava essersi ripreso. Si era seduto in panchina ad attendere l’arrivo dell’ambulanza. «Sto meglio, ora torno», aveva detto ai suoi compagni prima di salirci sopra. Da quel momento in poi le sue condizioni sono peggiorate drasticamente, fino al più triste degli epiloghi, pochi attimi dopo l’arrivo in ospedale.
Non so perché mi è venuto da paragonare questa vicenda a quella del fuoriclasse della Danimarca e dell’Inter. In fondo, la vita di ognuno di noi è fatta di attimi, di situazioni favorevoli e non, di luci dei riflettori più accese di altre. E lo accettiamo.
Il celebre Eriksen ha rischiato la pelle in mondovisione per un attacco di cuore, nel bel mezzo di un seguitissimo Europeo di calcio. È stato assistito in un lampo, come meglio non si poteva, e ce l’ha fatta.
Dicono – e non fatico a crederlo – che la sua storia verrà ricordata per sempre. Quella di Haitem invece no e soltanto le indagini della Procura di Reggio Calabria (che ha aperto un fascicolo) per un po’ manterranno accesa l’attenzione sulla sua e esistenza e sulla sua morte inattesa.
Servirà a poco, oppure a molto. Di certo, banale dirlo, non a rendere meno trasparenti certi drammi di serie C.
Voto 10 a quel campionato che da oggi in poi porterà il suo nome: “Memorial Haitem Fathallah”.