MAFIOSFERA | Coca, stragi e prestigio: gli “arcani” dei Piromalli

I sequestri e gli arresti non fermano lo storico clan di Gioia Tauro. Le ricette del potere e del successo si riassumono in due espressioni: caratura criminale e riconoscimento sociale

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I Piromalli, il narcotraffico e non solo. È il 2 novembre 2020: 800 panetti di cocaina, per un peso totale di circa 932 kg vengono sequestrati e recuperati sul container reefer MSCU7430870, proveniente da Coronel (Cile) e diretto a Napoli, con scalo intermedio a Rodman (Panama).
Due settimane dopo, il 17 novembre 2020, un altro sequestro recupera 38 imballi per un peso totale di circa 720 kg di cocaina sul container siglato MSDU9014828. La merce, stavolta, proviene da Guayaquil (Ecuador). Siamo a Gioia Tauro e questi sequestri di quasi due tonnellate di cocaina fanno male ai clan.

Un sequestro in Brasile

Il 26 novembre del 2020 le autorità sequestrano 298 kg in 270 panetti di cocaina al porto di Santos, in Brasile.
La spedizione sarebbe passata da Gioia Tauro, e poi sarebbe finita in Israele. Lo stupefacente era nel mezzo di un carico di carta.
Tuttavia, grazie a un’analisi basata su criteri oggettivi di rischio, il contenitore in cui era nascosta la cocaina è finito nei controlli. E questo a dispetto dei risultati del Rapporto globale sulla cocaina di metà marzo 2023 dell’Unodc (United Nations Office on Drugs and Crime), per cui le confische di cocaina nel 2020 in Brasile erano in calo.
Anche questo sequestro fa male ai clan. Specie a Gioia Tauro.

Finanzieri in azione a Gioia Tauro

Chiacchiere tra trafficanti dei Piromalli

Lo sanno bene i fratelli Domenico e Cosimo R., che aspettavano quei panetti di coca al porto della Piana, tra l’altro in periodi di restrizioni dovute al Covid. «Ieri sera ci è caduto il lavoro dei trecento», ha detto uno di loro all’indomani del sequestro a Santos.
«L’hanno trovata di sotto», dice uno. «L’hanno trovata?», incalza l’altro. «Mhm …in Brasile», conferma. «Non mi fare … (imprecazione)… mille e trecento, io me n’ero dimenticato, e tu ora me li hai messi di nuovo in testa …», conclude l’interlocutore. Parlano di quei chili di droga già sequestrati nello stesso mese.

Altro sequestro dal Brasile

I due fratelli non si danno per vinti. Già qualche giorno dopo parlano di un nuovo carico, partito il 29 novembre con la MSC Adelaide dal Brasile. Aspettano 216 kg di cocaina («Ieri sera sono partiti altri duecento»).
Ma anche stavolta, il 18 dicembre successivo, lo stupefacente finisce sotto sequestro a Gioia Tauro.
Il 17 dicembre, Domenico e Cosimo R. ricevono una visita da San Luca e insieme commentano l’arrivo, proprio in quelle ore, della MSC Adelaide al porto, controllabile da Marine Traffic, un sito semi-aperto dove è possibile seguire le navi e gli scali portuali di tutto il mondo. Hanno paura che anche questo carico venga sequestrato e che, ovviamente, questo provochi dei problemi con altri compratori, che crederanno al sequestro «solo quando esce sui giornali».

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Un indagato in manette durante l’operazione Hybris

Hybris racconta i Piromalli

Queste tonnellate di cocaina non arrivano a Gioia Tauro grazie a un’efficace serie di interventi delle forze dell’ordine.
I dettagli dei fallimenti di Domenico e Cosimo R. sono immortalati nell’operazione Hybris. Quest’operazione ha fatto scattare le manette a metà marzo 2023 a vari soggetti gravitanti attorno ai clan di Gioia Tauro. In particolare, Piromalli e Molé (Domenico e Cosimo, infatti, sono considerati parte del clan Piromalli). Oltre che dell’importazione di cocaina, i due fratelli dovranno rispondere di vendita di vari chili di cannabis, detenzione di armi, estorsioni, danneggiamenti e intimidazioni.

Non solo coca: anche l’erba conta

I problemi con la cocaina, tra l’altro, non bastano: si mescolano a quelli legati allo smercio di cannabis;
Domenico B., che fa affari con i due fratelli per la cannabis, si lamenta infatti della scarsa qualità dell’erba e dello scarso profitto tra ottobre e novembre dovuto a «brutte figure» con chi di cannabis invece se ne intende.
Ci sono problemi di capitali investiti e non recuperabili. Tuttavia i costi della cannabis – si ragiona su 1.300 euro per kilo, a seconda della qualità del prodotto – non sono quelli della cocaina, che invece va a 35-37 mila euro al kilo.

Coca e cannabis: l’oro vegetale dei clan

La leadership dei Piromalli

Gioia Tauro è un centro nevralgico del crimine organizzato, mafioso e non, grazie all’esistenza e operosità del porto e alla versatilità del clan Piromalli, il gruppo più forte, alleato con i Molé in diversi momenti storici e per varie attività. L’insuccesso e la difficoltà sono la normalità del crimine.
Invece, la capacità di risolvere i problemi e mantenere la reputazione è una specialità dei Piromalli. Non a caso nell’operazione Hybris vi sono affiliati e simpatizzanti dei Piromalli e Molé imputati di una serie di condotte illecite che restituiscono la fotografia di una realtà mafiosa poliedrica e stratificata, nonostante i problemi.

Una criminalità piena di “hybris”

Si legge infatti nell’ordinanza di Hybris:
«Ciò che si ricava è l’immagine di un aggregato criminale che, seppur provato dalle vicende interne legate alla mancanza di un capo carismatico accettato da tutti i propri componenti, mantiene intatta la propria “hybris”, ovvero la propria tracotanza criminale e, in un periodo di depressione economica e sociale, determinato dalla restrizione connesse all’emergenza sanitaria derivante dalla pandemia da covid-19 che caratterizzano l’interno arco temporale investigato, trova nuovo linfa ripiegandosi in attività delinquenziali “classiche”, quali le estorsioni ai commercianti e ai piccoli imprenditori agricoli della zona di stretta competenza territoriale (coincidente con il territorio del Comune di Gioia Tauro), il traffico di armi e di stupefacenti».

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Pino Piromalli, alias “Facciazza” tra i carabinieri

Il ritorno di Pino “Facciazza” Piromalli

Dall’operazione Hybris arriva un’intercettazione bomba ammessa al processo ’ndrangheta stragista, che conferma il ruolo che i Piromalli avrebbero avuto nella strategia stragista di Cosa Nostra negli anni 90.
Pino Piromalli (Facciazza) scarcerato nel maggio 2021, quindi nel pieno degli eventi descritti in questa indagine, sarebbe stato l’artefice dell’accordo con i siciliani, avallando le stragi di stato.
Il suo rientro a Gioia Tauro dopo anni di detenzione è il perno di tutto ciò che accade in questi anni nel sottobosco mafioso della città della Piana. Senza il capo meccanico, come lo definirà uno dei reggenti del clan, Girolamo Piromalli, alias Mommino, c’è anarchia, c’è confusione, e si rischia che la gente non sappia stare al suo posto. Senza il capo legittimo, riconosciuto da tutti, il caos degli insuccessi è più difficile da superare.

Un’immagine simbolo della strage di Capaci

La ’ndrangheta? Tutta questione di prestigio

Come si collegano dunque le attività delinquenziali classiche – l’estorsione, il traffico d’armi e di stupefacenti – con il ruolo storico della dinastia mafiosa gioitana per eccellenza?
È tutta una questione di riconoscimento sociale e di reputazione, nonché di amplificazione del potere mafioso-criminale.
La scarcerazione di colui che per successione dinastica guida il clan è questione di reputazione. Il clan deve avere un suo capo “storico”, dal cognome e dalla storia pesante, anche se questo capo non dovesse decidere di tutte le attività criminali dei vari segmenti della ’ndrina e della “locale”.
Ma c’è di più: la perdita dei carichi di stupefacente non è solo un fatto negativo: è un vero e proprio smacco per i clan.

Una macchina economica

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Don Mommo Piromalli, storico leader del clan

Non riuscire, per ragioni indipendenti dalla propria volontà, a portare a casa tonnellate di cocaina è certamente un danno economico. Ma la capacità di organizzare importazioni ogni due settimane – mettendo quindi in allerta le forze dell’ordine e il porto- aiuta il riconoscimento sociale del gruppo che cura l’importazione.
Si sa che sono loro a importare: lo sanno gli altri clan, lo sanno i “capi”. I soldi del traffico di cocaina – tanti – girano e le perdite si ammortizzano grazie anche ad altre attività criminali che confluiscono nelle “bacinelle”.
Ciò accade perché i Piromalli non sono un clan come gli altri. Sono una dinastia mafiosa della prima ora, che ha partecipato alla formazione della ’ndrangheta contemporanea, come nessun’altra famiglia.

Contro i Piromalli la repressione non basta

Appurato che il capo legittimo è fuori, che l’ordine si può ristabilire e che le alleanze sono sotto controllo, perdere denaro in fondo non è un problema. Beninteso: fintanto che reputazione e riconoscimento sociale restano.
Pertanto, continuino pure le forze dell’ordine a fare un eccellente lavoro di interruzione delle attività criminali a Gioia Tauro.
Ma non ci si scordi neppure un momento che il potere di questo casato sta nella caratura criminale dei capi storici. E che essa amplifica ogni attività degli affiliati. Interrompere questo circolo vizioso richiede molto di più che semplici repressioni.

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