Tira davvero aria buona a Buenos Aires: il 19 settembre scorso presso il Dipartimento Centrale della Polizia Federale argentina si è svolta una cerimonia solenne di presentazione ed inaugurazione del Departamento Investigaciones Antimafia, nato sul modello italiano della Direzione Investigativa Antimafia, la DIA.
Nonostante il nome e il chiarissimo legame con l’Italia, il focus della DIA Argentina non sarà soltanto sulle consorterie mafiose, tra cui ovviamente la ‘ndrangheta calabrese, protagonista del narcotraffico globale e dunque presente in America latina, inclusa l’Argentina.
Il nuovo dipartimento antimafia, infatti, esiste già da oltre un anno ed è stata la risposta più o meno concertata dei paesi latinoamericani a una serie di emergenze, incluso l’omicidio di Marcelo Pecci, pubblico ministero paraguayano ucciso nel maggio 2022 e che, tra le altre cose, aveva indagato anche sui rapporti di ‘ndranghetisti con trafficanti locali. Per l’omicidio di Pecci, a indagini ancora in corso, si è arrivati persino a sollevare l’immunità parlamentare di Erico Galeano, in Paraguay, per i presunti legami tra questi e il gruppo che avrebbe ucciso il pubblico ministero. Insomma, si tratta di criminalità organizzata particolarmente sofisticata e protetta dall’alto.
‘Ndrangheta in Argentina: la Santa a Buenos Aires
Ma la decisione di creare questo organo investigativo a Buenos Aires aveva anche due altre ragioni. Primo, in Argentina risiede il maggior numero di italiani all’estero, al pari o poco sopra gli Stati Uniti d’America (contando anche le seconde generazioni per esempio). Secondo, riporta il quotidiano La Nación, la decisione sarebbe arrivata dopo che uno dei capi dell’Arma dei Carabinieri italiana avrebbe rivelato che proprio in Argentina si sarebbe svolta la prima riunione della “Santa” fuori dall’Italia.
Non è dato sapere cosa si intenda precisamente per “riunione della Santa”. In Calabria, infatti, per “Santa” si indica la parte riservata, elitaria, della ‘ndrangheta e non in generale l’onorata società. Se confermata pubblicamente, questa notizia cambierebbe di molto l’assetto della ‘ndrangheta internazionale, che ha avuto storicamente in altri posti – come il Canada e l’Australia per esempio – delle sue propaggini estere apparentemente molto più solide e radicate che quelle argentine.
Una riunione in Argentina implicherebbe forse un ruolo di “tramite”, di “frontiera” riconosciuto agli ‘ndranghetisti in America latina che va un po’ oltre quello che si sa della presenza mafiosa italiana in queste terre. Oppure si potrebbe trattare soltanto di un ruolo di convenienza, proprio per l’assenza di densità mafiosa locale (meno concorrenza, meno disturbo) e per la mancata attenzione delle forze dell’ordine ai fenomeni criminali di questo tipo.
Non solo ‘ndrangheta: la Dia argentina
Fatto sta che la DIA argentina è la prima unità antimafia a nascere in America latina. Con oltre 60 agenti, fa capo alla Sovrintendenza alle Investigazioni della Polizia Federale e mira a perseguire non solo la ‘ndrangheta, ma anche altre organizzazioni para-mafiose (si menzionano le triadi della mafia cinese) che operano nel paese.
Ci sono già delle prime operazioni in cui l’unità ha riscosso successo.
Nel luglio dell’anno scorso dieci persone sono state arrestate con l’accusa di aver commesso una truffa milionaria ai danni dell’azienda Tarjeta Naranja, mediante falsi acquisti.
Ad agosto di quest’anno agenti della DIA hanno fatto irruzione in diversi uffici e abitazioni legati alla società Crypto Coinx World sia a Buenos Aires e provincia che a Santa Fe. L’azienda è stata denunciata per aver messo in atto schemi fraudolenti di tipo “piramidale”.
Dunque, il focus della DIA in Argentina al momento appare molto ampio. E la ‘ndrangheta? Nel novembre del 2022, gli agenti dell’unità antimafia hanno portato a compimento l’arresto di Carmine Alfonso Maiorano in una località vicino a Buenos Aires. Originario di Cosenza, secondo I-CAN, il programma di scambio e cooperazione internazionale contro la ‘ndrangheta creato dall’Italia a mezzo di Interpol, Maiorano era associato o comunque facilitatore di clan calabresi ed era ricercato dal 2015 in seguito all’operazione Gentlemen della DDA di Catanzaro contro i clan della Sibaritide. In questo caso quindi, la DIA argentina ha agito da tramite dell’Italia via Interpol.
Cocaina e facilitatori
Bisognerà ovviamente aspettare per valutare l’operato di questa unità speciale antimafia. Nel frattempo sarebbe opportuno che si facesse chiarezza sull’effettiva presenza della ‘ndrangheta in Argentina, per evitare di partire col piede sbagliato. Sicuramente non si parte bene se una persona come Maiorano viene definito “capo-maximo” della ‘ndrangheta dai giornali a seguito del suo arresto.
Che esistano cellule di ‘ndrangheta in Argentina non è cosa nuova. Lo ha confermato anche di recente l’operazione Magma (2020) coordinata dalla DDA di Reggio Calabria. Sono emersi gli interessi sudamericani dei clan sia per quanto riguarda la cocaina sia per quanto riguarda la presenza di facilitatori – avvocati, imprenditori – che possono aiutare i latitanti (si pensi a Rocco Morabito, arrestato in Brasile e facilitato, tra gli altri, da un avvocato italo-argentino, Fabio Pompetti, proprio a Buenos Aires) e consigliare su investimenti locali.
A Buenos Aires per gli accordi
La cocaina è ovviamente ciò che più attrae i clan in Sudamerica e anche in Argentina. Ce lo ha raccontato, tra le altre, Operazione Santa Fe, della DDA di Reggio Calabria nel 2015. Riguardava un traffico di cocaina dalla Colombia alla Spagna organizzato e partecipato dai Bellocco, dagli Alvaro e altri clan di ‘ndrangheta.
Nella sentenza di Santa Fe del 2017 si legge che in data 06.09.2014, Vincenzo Alvaro, che commissionava la partita di cocaina, si sarebbe imbarcato da Lamezia, via Roma, alla volta di Buenos Aires per incontrarsi con un intermediario montenegrino, secondo accordi presi laggiù da Angelo Romeo.
Buenos Aires era, appunto, il luogo dove si facevano gli accordi per il resto della regione.
Come dichiarato da Giuseppe Tirintino durante un’interrogatorio: «Poi noi parlavamo con le diverse famiglie, chi voleva investire e stabilivamo il quantitativo del lavoro che si doveva fare. … Il 90% delle volte qualcuno di noi andava là sul posto, in Argentina, Uruguay, o Brasile, da dove doveva partire il lavoro per vedere con i propri occhi che le persone erano fattibili per fare il lavoro, magari controllare la merce; una volta che la persona era andata là in Sudamerica e aveva visto che era tutto a posto, dava l’ok qua in Italia per consegnare i soldi».
Lo schema non riguarda solo l’Argentina, dunque, ma in Argentina trova terreno fertile anche per via di quelle che comunemente vengono chiamate le rotte “controintuitive” del narcotraffico, cioè rotte meno bazzicate, meno rischiose.
La ‘ndrangheta di Siderno in Argentina
Oltre alla cocaina, come già detto, in Argentina vivono alcuni facilitatori per i calabresi ‘ndranghetisti, come ci ha raccontato Operazione Magma.
Ma per quanto riguarda la “struttura” della ‘ndrangheta in Argentina, si può ipotizzare che molto sia ancora rimasto sommerso. Infatti, già nel 2012, in Operazione “Falsa Politica”, coordinata dalla DDA di Reggio Calabria, si vede come proprio l’Argentina fosse già crocevia di incontri e interessi dei clan, e non di clan qualsiasi, ma di quelli della Locride, di Siderno, e dunque delle loro propaggini internazionali.
Diceva Antonio Macrì durante un interrogatorio: «Premetto che vado spesso in Argentina; in occasione dell’ultimo mio viaggio Commisso Giuseppe ha insistito per venire con me perché voleva trovare i suoi avi argentini; il periodo era aprile 2010; in tutto siamo stati insieme sei giorni; con me c’erano tanti miei amici di New York, tutti oriundi calabresi, poi si è aggiunto anche un “canadese” tale Commisso Francesco che vive da tanti anni in Canada, mi pare che abbia un fratello detenuto, poi un mio amico di Vibo tale Ioppolo Nicola, imprenditore; abbiamo alloggiato tutti nell’Hotel Santa Rosa nella pampa argentina».
Francesco Commisso, alias “Ciccio di Grazia”, già conosciuto alle cronache, è cugino di Giuseppe Commisso, capo della ‘ndrangheta sidernese, conosciuto come U Mastru.
Doppia anima
Ancora Calabria-Europa-America, il brand dei Sidernesi. Laddove spesso diventa noto lo ‘ndranghetista che dalla Calabria fa viaggi verso l’estero, meno noto è spesso cosa effettivamente faccia una volta all’estero. È ipotizzabile che se ‘ndranghetisti di rango elevato come Giuseppe Commisso vanno in Argentina, incontreranno persone di Siderno e dintorni che sono emigrate in Argentina e che si mostrano, consapevolmente o meno, vicine ad ambienti mafiosi. Sapere come si compongono e nutrono le reti di appoggio all’estero rimane la priorità e dovrebbe essere il primo interesse delle autorità straniere, proprio come la DIA argentina, poiché sono queste reti a supportare e attrarre la resistenza del fenomeno.
La dichiarazione di Antonio Macrì, infatti, conferma anche un’altra profondissima verità nella ‘ndrangheta odierna: l’esistenza non tanto di una ‘ndrangheta globale, ma di una ‘ndrangheta che si sposta all’interno di paesi migranti, come molti in Calabria, a doppia anima: a casa e all’estero.
Sono le reti dei paesi quelle che più facilmente nascondono – spesso involontariamente – i movimenti mafiosi (non sono le uniche). E in Argentina, queste reti sono parte integrante del tessuto sociale nazionale e dunque creano ancora più possibilità di ingresso e movimento dei capitali mafiosi.
Ha tirato finora davvero aria buona a Buenos Aires, anche per la ‘ndrangheta.