Villa Rendano, il dono ai cosentini snobbato dalla città che conta

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Si fa talora confusione tra due termini, benefattore e mecenate, anche perché entrambi individuano persone con particolare sensibilità e generosità. Comunque, a beneficio dell’identità dell’uno e dell’altro, il benefattore è chi fa o ha fatto del bene agli altri, sia donando disinteressatamente del proprio sia coi risultati dei propri studi e della propria attività. Il mecenate, invece, che era consigliere di Augusto e influente protettore di letterati ed artisti, indica per antonomasia ogni munifico protettore e benefattore di poeti e artisti, oggi diremmo cultura e arte.

Il mecenate Bilotti

Ora Cosenza negli anni più recenti – ché, se si ripercorre di molto la storia all’indietro, probabilmente di queste figure meritevoli ne troveremmo altre – ha avuto la fortuna di avere di sicuro un mecenate che di nome fa Bilotti. A lui si deve la concessione in comodato alla città di molte opere di artisti moderni e contemporanei tra i più noti e ammirati.

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Ettore e Andromaca, una delle statue del Mab su corso Mazzini a Cosenza

In questo modo – meritorio, anche se trattandosi di comodato gli eredi del mecenate possono in qualsiasi momento decidere di ritirare parte o tutte le opere che rimangono di loro proprietà (ipotesi che noi riteniamo poco probabile ma tuttavia possibile) – è stato possibile far nascere il MAB, Museo all’aperto Bilotti, lungo tutto corso Mazzini, che costituisce l’isola pedonale della città frequentata ogni giorno da migliaia di cittadini e, Covid permettendo, centinaia di turisti.

Piazze e musei in cambio

Si potrebbe obiettare che per la moltiplicazione di gazebo e tavolini al servizio di bar e ristoranti, il “percorso museale” è diventato piuttosto una slalom tra clienti seduti per la degustazione di cibo e aperitivi. Ma non si può essere troppo pignoli sapendo che Cosenza su queste attività commerciali ha costruito una “economia di sopravvivenza” non avendo molte alternative se non una dolorosa emigrazione, specie giovanile, di massa.

Dunque, Bilotti è stato un grande mecenate. E in un empito di entusiasmo comprensibile il Comune per volontà del sindaco Catizone (che di suo ha esagerato facendo furbescamente scouting politico con i nomi più o meno illustri di politici scomparsi, facendo svanire tra l’altro anche il nome di Roma, che, malgrado la cura devastante della Raggi, resta pur tuttavia la capitale d’Italia) ha dedicato al Bilotti la piazza più grande, anche se parzialmente oggi chiusa per fattucci giudiziari, e ad un’altra Bilotti, sua figlia Lisa, uno slargo dello stesso corso Mazzini. Insomma, i sindaci hanno dato ai Bilotti ampi e reiterati riconoscimenti. Nulla da eccepire.

Il benefattore Giuliani

Poi lasciamo la categoria dei mecenati e passiamo a quelli che sono a cavallo tra i benefattori e i mecenati.
E qui ritroviamo Sergio Giuliani che volle costituire una Fondazione intestata ai suoi genitori, alla cui costituzione e poi guida ha contribuito e contribuisce (con fatica per l’età “ingravescente”, Papa Ratzinger dixit) non poco chi scrive .

Quando Giuliani con il sottoscritto incontrò per rispetto istituzionale il sindaco Occhiuto egli entrò nella veste di “benefattore” ma ne usci in quella di mecenate. Questa mutazione di ruolo e identità bisogna brevemente spiegarla. L’iniziale intenzione di donare risorse economiche al Comune di Cosenza per opere utili ai cittadini ma non coperte da risorse pubbliche sparì rapidamente dal tavolo nel corso del colloquio.

Villa Rendano e una lunga serie di lettere morte

Occhiuto correttamente propose di finanziare il completamento del Complesso di Sant’Agostino, restaurato solo a metà per ospitare il bel Museo degli Enotri e dei Brettii. Fu allora firmata la prima di una lunga serie di convenzioni tutte restate lettera morta con le quali si potrebbe riempire un baule. Vi risparmio tutti i successivi passaggi, salvo dire che per la idiozia burocratica del legislatore è più facile rubare alla Pubblica Amministrazione che donare di tasca propria. Forse per questo la prima pratica gode di buona salute.

Giuliani, promosso sul campo mecenate e preso da quasi infantile entusiasmo (mentre chi scrive pensava agli effetti di difficile soluzione di questa conversione ad U), accettò il suggerimento, per il vero meritorio, di Occhiuto. E con la sua mediazione trasparente Villa Rendano fu acquistata poi restaurata radicalmente in otto mesi. E a luglio 2013 «venne restituita alla città come patrimonio dell’architettura e della cultura e vita civile» di Cosenza.

Il disinteresse dei poteri

Chi è interessato a conoscere nei particolari come la città attraverso le sue istituzioni e i suoi soggetti economici, sociali e culturali abbia NON curato, NON sostenuto, NON condiviso anche con un minimo di aiuti economici la Fondazione – che in concreto vuol dire Villa Rendano – potrà soddisfare la sua curiosità nelle prossime settimane .

Ora non posso abusare dell’ ospitalità de I Calabresi, che per impegno esplicito e condiviso non ha una relazione diretta e condizionante con la Fondazione Giuliani. Anticipo in estrema sintesi che le promesse vuote, gli inganni, l’indifferenza, talora l’arroganza dei cosiddetti stakeholders, cioè i detentori dei Poteri, hanno accompagnato i primi 9 anni di vita di Villa Rendano.

Villa Rendano: un dono di Serie C?

Come concludere? Tutti i mecenati e benefattori sono meritevoli di sincera e duratura gratitudine. Ora, per ragioni misteriose, si considera un mecenate, Bilotti, di serie A. Un altro che ha impegnato, cioè donato alla città, fino ad ora quasi 8 milioni lo si relega, invece, in serie C. Una spiegazione ci vorrebbe, no?

Il conferimento della cittadinanza onoraria a Sergio Giuliani

Tanto per dare un antipastino, comincio col citare la frase dell’ex sindaco Occhiuto che dice (meglio, scrive) a proposito del sofferto e più volte rinviato conferimento della cittadinanza onoraria (né piazze né cortili) a Giuliani «ricordo la cittadinanza onoraria contro la volontà degli altri componenti della famiglia del compianto Giuliani». Una frase niente affatto sibillina, ma impropria, perché la meschinità di un non citato membro della famiglia non dovrebbe essere ricordata come eroico abbattimento delle barricate sulla via di una dovuta “cittadinanza onoraria”.

Francesco Pellegrini
Presidente della Fondazione Attilio e Elena Giuliani

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