Ieri il nostro giornale ha dato la notizia che l’Università Mediterranea di Reggio Calabria è stata praticamente “decapitata” a seguito dell’indagine a carico del rettore e del prorettore nonché di docenti e ricercatori. Nell’ipotesi degli inquirenti si tratterebbe di beneficiari di funzioni che sarebbero spettate ad altri “senza santi in Paradiso”.
Tra gli indagati compaiono giovani ricercatori che le intercettazioni ambientali non confortano con giudizi lusinghieri quanto a competenze e titoli. Sono legati da vincoli parentali con personaggi autorevoli della politica e dell’ambiente universitario.
Abbiamo deciso di non sottolineare queste relazioni familiari, autorevoli e potenti. Sono aggettivi che non necessariamente rinviano ad un giudizio politico di qualità. Lo abbiamo fatto sia perché essere indagati non presuppone una qualche responsabilità penale, sia perché per quanto ne sappiamo i giovani beneficiati potrebbero essere stati utilizzati come pedine inconsapevoli per propri fini da figure ben più autorevoli dell’Università, sia perché infine il nostro giornale non esita a rendere note le porcherie vere che deturpano la Calabria ma non rinuncia ad un sano e non peloso garantismo.
Garantismo e metastasi
Quel garantismo selettivo che è valso in altre stagioni a preservare alcuni potenti della politica e dell’economia e a demonizzare altri che non hanno potuto sottrarsi anche da innocenti alla barbarie di Di Pietro e soci nel periodo della follia di Mani Pulite.
Ora leggiamo su altri giornali, sparati in bella vista, quei nomi che noi abbiamo solo inserito in un elenco di indagati.
Noi non diamo voti a nessuno e riteniamo che ogni giornale abbia diritto a compiere le scelte che ritiene giuste.
Ci teniamo però a ricordare che non abbiamo aspettato il caso di Reggio per raccontare anche nei giorni scorsi con nomi, parenti e sponsor – la parentopoli calabrese, dentro e fuori le università, diffusa come una metastasi che pregiudica l’attività e l’autorevolezza delle istituzioni.

La speranza nell’opinione pubblica
Ci auguriamo che non occorra un’indagine meritoria della Magistratura – ancora in una fase iniziale – per denunciare con nomi e cognomi i soliti noti che le malelingue – spesso ci prendono- immaginano essere accovacciati dietro le quinte a tirare i fili del governo delle città, delle istituzioni politiche e amministrative, delle loro appendici clientelari. Allo stesso modo ci aspettiamo che – per la forza di un’opinione pubblica in grado di farsi sentire – i potentati che fanno gli incassatori di prebende e di onori la smettano di presumere che la pacchia duri in eterno, al riparo magari in nome del citato garantismo (che tale non è ma connivenza) dai colpi della verità raccontata e documentata.