L’Unical nella Calabria che arranca

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Gentilissimo direttore,
colgo con piacere l’invito rivolto dalla redazione alla comunità accademica a prendere parte alla discussione iniziata con l’intervista al collega Bianchi dal titolo “L’Università della Calabria fatica a guardare oltre se stessa”. Il collega bianchi affronta finalmente il tema della ricaduta sul territorio calabrese delle nostre tre università.

Il mio punto di osservazione è sicuramente diverso da quello di Bianchi, perché più circoscritto. Non mi avventurerò, qui, in campi che non sono i miei, e dunque limiterò il mio intervento alle ricadute sociali e culturali dell’Università della Calabria sul suo territorio di riferimento, e cioè prevalentemente Cosenza e Rende. Pertanto, non entrerò nel merito del dissesto idrogeologico, dell’erosione del mare, della depurazione insufficiente nel Tirreno cosentino, dei servizi turistici pessimi, della viabilità al collasso, della difficoltà di effettuare una raccolta differenziata efficace ed efficiente, del degrado in cui è ridotta Cosenza (con sporcizia, cumuli di rifiuti ovunque), con l’ospedale dell’Annunziata che non raggiunge i Lea (Livelli essenziali di assistenza) ed è perennemente al collasso.

Si tratta di cronicità sulle quali ovviamente l’Università della Calabria non ha responsabilità dirette, ma sulle quali credo che l’Unical dovrebbe far sentire la propria voce, anche eventualmente denunciando pubblicamente l’assenza di ascolto da parte della regione, qualora vi sia. Poiché la cultura è il motore della società, e l’assenza di cultura ne è il freno, l’imbarbarimento della società è chiaramente legato all’analfabetismo e all’analfabetismo di ritorno. E quindi, come si può da anni continuare a girare lo sguardo altrove quando leggiamo che uno studente calabrese delle scuole superiori su tre non ha le cognizioni minime per superare la licenza media.

I test Ocse-Pisa, allineati alle prove invalsi, collocano la Calabria agli ultimi posti per competenze alfabetiche. Cosenza è la peggiore. I test nazionali invalsi confermano i dati Ocse-pisa. Le liste annuali di Eduscopio della Fondazione Agnelli, da anni, non vedono un liceo di Cosenza e di Rende tra le migliori scuole della Calabria. Di fronte a questo collasso sociale, le istituzioni sono mute mentre di anno in anno la situazione calabrese peggiora.

Università-della-Calabria
L’Università della Calabria

Parecchi anni fa ero al Politecnico di Vienna: mi aveva colpito un manifesto affisso ovunque che riguardava un convegno dedicato ai risultati delle indagini Ocse-Pisa. Il politecnico di Vienna si interrogava, invitando numerosi esperti, su come migliorare la performance (già alta) delle scuole. Nulla di ciò ho mai visto all’Università della Calabria. Le iniziative che vedono una collaborazione tra Unical e scuole, moltiplicatesi negli ultimi anni, con tutta evidenza hanno fallito l’obiettivo di sollecitare una didattica di maggiore qualità. Hanno solo avuto il merito di aumentare gli iscritti. Ma non è la quantità cui l’università dovrebbe guardare, ma la qualità dei suoi studenti. le istituzioni, dunque anche l’Università, sono silenziose.

E la qualità degli studenti in ingresso è davvero bassa. Lo sappiamo tutti noi che insegniamo all’Unical, ma tutti si guardano bene dal parlarne. Inutilmente, in ogni contesto, puntualmente sollevo il problema della selezione degli studenti, per troppo tempo legata al voto di maturità che, a Cosenza e a Rende, troppo spesso non ha alcuna correlazione con la preparazione degli studenti. Puntualmente mi ritrovo intorno un silenzio assordante, quando non addirittura reazioni che volutamente fraintendono il mio pensiero attribuendomi la volontà di respingere certi studenti, limitandone l’accesso. Ma invece è proprio il contrario, perché di studenti intelligenti e con voglia di fare l’Unical è piena, ma bisogna avere il coraggio di certificarne l’impreparazione per consentire loro di avere un “colpo di reni” e recuperare. Invece si preferisce far credere loro di avere una adeguata preparazione di base, abbassando la soglia dei test di ingresso rispetto alle altre università in modo da non “spaventarli”, non assegnando loro il debito che meritano. E così, l’Unical rinuncia a recuperare troppi studenti che avrebbero tutte le capacità per emergere, ma che invece si perdono perché privi di obblighi.

Il dibattito interno all’Unical è da tempo sopito, e non certo a causa della pandemia. Prova ne è l’assenza di interventi su questo dibattito così importante aperto da Bianchi. Negli anni ho cercato di stimolare qualche discussione sulla piattaforma d’ateneo ponendo l’accento su diversi problemi: da ultimi il disastro sanitario e gli scandali a sfondo sessuale che hanno interessato anche l’Unical, oltre che il livello degli studenti in ingresso. Non è servito a nulla, se non a scatenare reazioni scomposte che mai avrei voluto leggere su una piattaforma universitaria. Si potrebbe affermare che l’università è specchio della società. Ma l’Università forma la classe dirigente, e deve sempre dare l’esempio. O, almeno, dovrebbe.

Ingrid Carbone

ricercatrice Università della Calabria

 

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Abbiamo pubblicato volentieri il contributo di Ingrid Carbone, ricercatrice dell’Unical e anche valente pianista. L’autrice evoca criticità anche gravi e diffuse in Calabria ma non tutte sono riconducibili al ruolo dell’università ed alle sue responsabilità. Tuttavia quanto denunciato dalla professoressa Carbone merita un approfondimento che, come è nostro costume, si fonderà attraverso una ricerca scrupolosa sul campo e ascoltando i diversi interlocutori che quelle criticità conoscono per esperienza diretta.

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