L’arroganza e la necessità del confronto

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Il professor Massimo Veltri interviene sul giornale con osservazioni e proposte puntuali sul tema annoso della costruzione di una città unica che di fatto già esiste. E che invece, contro ogni logica e convenienza, ci si ostina a negare e addirittura a non vedere. Parlo naturalmente dell’area urbana che vede almeno tre comuni distinti: Cosenza, Rende e Castrolibero. Veltri allarga, motivandolo, il perimetro del territorio interessato.
Al di là delle opinioni diverse che legittimamente ciascuno può avere sul merito, quel che emerge è la quasi totale assenza di un confronto ampio e serio che coinvolga i cittadini per primi, ma soprattutto i responsabili politici ed istituzionali, la cultura, l’Università della Calabria, le associazioni, gli ordini professionali. In sintesi: i cosiddetti stakeholders.

Cosenza e Rende unite dal vecchio Viale Parco, ancora totalmente aperto alle automobili (foto Ercole Scorza)

Chi esprime idee e chi coltiva indifferenza

Gli slogan pronunciati per catturare una manciata di voti alle elezioni, o per farsi notare – parafrasando il Nanni Moretti del «Mi si nota di più se…» – non producono alcun confronto serio. Le chiacchiere non costruiscono realtà. Se questo fosse anche in parte vero, ad esempio, il centro storico di Cosenza sarebbe oggi attrattivo come le grotte di Matera, il mare sarebbe azzurro e pulito, la fuga di giovani brillanti e ignorati non più necessaria.
Tra i molti mali che affliggono la nostra terra rientra a pieno titolo questa pigrizia o prudenza. Chi esprime idee rischia, se fa il giornalista, una querela “temeraria“, cioè una versione camuffata di minaccia. Se manifesta il proprio impegno civile passeggiando nei vicoli dirupati del citato centro storico di Cosenza, si becca – grazie ad una solerte questore e ad una vitale Procura – un’ammenda. Se fa solo il cittadino libero fa fatica a entrare nel circolo degli ottimati locali.

Le idee e le proposte dei nostri lettori

Come spero sia chiaro, mentre il professor Veltri ha manifestato idee e proposte per aprire un confronto anche alto, questa nota punta invece a sottolineare la difficoltà, che da soggettiva diventa per prassi oggettiva, di trovare partecipazione al confronto che è vitale per la circolazione delle idee e l’arricchimento della partecipazione alla vita della comunità.
I Calabresi propone spunti e occasioni. Lo ha fatto e lo farà ancora. Per essere più chiari: i lettori che ci seguono dalla Calabria e dal resto d’Italia (e non solo) faranno cosa buona e utile se loro per primi ci faranno conoscere idee, proposte e commenti. Noi ci contiamo.

Il dibattito sull’università

Da ultimo chiamo in causa un precedente che motiva più di ogni altro la consapevolezza di quanto stretta sia la via per la circolazione libera e non reticente delle idee che alimentano il confronto. È un riferimento che non vuole alimentare una polemica peraltro improbabile, visti i precedenti.
I lettori che ci seguono con maggiore assiduità ricorderanno che mesi fa in un’intervista l’ex rettore dell’Università di Reggio ed ex ministro Bianchi mosse critiche anche severe alla fragilità, per molti assenza, di un rapporto proficuo tra gli atenei calabresi, (in primis l’Unical che è il più grande) e il territorio. Non una opzione lasciata alla libera scelta dell’università, ma un vero obbligo introdotto dal legislatore con la cosiddetta Terza missione.

A quell’intervista seguirono repliche dell’ex rettore La Torre, del più volte citato professor Veltri e della ricercatrice Ingrid Carbone. Fine della lista. Cioè per essere chiari, si tratta di un tema centrale per valutare l’apporto di idee e nuova linfa al territorio che è fuori ma non lontano dal campus, che parrebbe essere diventato piuttosto un castrum. Argomento che, nella fattispecie, non ha prodotto interventi o contributi dell’Università della Calabria, che è per definizione luogo di elaborazione di idee, conoscenza, pratica della libertà intellettuale.

L’Università della Calabria

L’università che tace

I possibili interlocutori certo non mancavano, ma il Magnifico Rettore non ha pronunciato verbo. Molte decine di direttori di Dipartimento e professori ordinari, associati, ricercatori (una platea di centinaia di intellettuali) hanno taciuto. Non hanno ritenuto di dovere partecipare e arricchire, anche contestare, le idee e i giudizi di alcuni loro colleghi. L’unica a intervenire- tra i docenti in servizio – è stata una ricercatrice.
Ora, senza alcun riferimento all’Unical che ha fatto una scelta legittima anche se non condivisibile, l’insieme delle considerazioni che attraversano questa nota può essere chiamata e giudicata in vario modo.
Personalmente credo che non sia arbitraria la definizione di “arroganza” – che si esprime con i gesti, le parole e i silenzi – che è tanto sgradevole da far dire a Confucio: «La meschinità è preferibile all’arroganza».

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