Tra la Salernitana e il Cosenza, a parte la vivacità e fedeltà dei rispettivi tifosi, sembrerebbe non esserci una particolare affinità. Rivalità a parte, in effetti la prima è stata promossa, con un percorso travagliato, causa la figura di Lotito, padrone in serie A, oltre che dei campani, della Lazio. La seconda, il nostro Cosenza, costruita dal suo proprietario Guarascio lucidamente per andare in serie C. Poi, per l’intervento del caso o più correttamente della parte corporea di Guarascio dove non batte mai il sole, riammessa in B. Chievo down, Cosenza up.
Semplici tifosi? Il caso di Salerno
Ma, a parte la contingenza, tra le due società calcistiche – o, meglio, tra i loro rispettivi tifosi – si sono prodotte alcune imprevedibili analogie. Ce ne informa il quotidiano Domani che registra un inconsueto fenomeno tra i tifosi campani, che «hanno piazzato un colpo di grande ingegno, in linea con il neovocabolario che i padroni del vapore calcistico usano» per sottolineare che il padrone resta sempre padrone e i tifosi al massimo sono uno sfondo plaudente o irato a seconda delle circostanze.
Lotito pensava di aver trovato la soluzione per fare bottino pieno con due società falsamente assegnate a differenti padroni: uno il vero Lotito; l’altro, se non proprio un clone, un socio occulto. Il gioco, come è noto troppo sfacciato, non ha ingannato gli organi di vertice del calcio. Questo ha obbligato l’imprenditore a conferire la Salernitana a un blind trust, che come dice l’aggettivo è cieco. Cioè non vede e non fa vedere quel che contiene. E i tifosi granata, già più volte gabbati, hanno deciso che la misura è colma. Vogliono sapere. E usano un argomento che legittima il loro diritto di essere informati: lo status di stakeholders. Uno scherzo imprevisto fatto a Lotito dai tifosi, che si sono proclamati «portatori di interesse collettivo e qualificato».
Lo scontro va avanti
Guarascio, invece, non ha problemi di doppia proprietà perché i rifiuti e il pallone non sono la stessa cosa (in genere, salvo eccezioni, almeno nella percezione di Guarascio stesso). E i tifosi, forse meno preparati sulle formule giuridiche societarie, hanno seguito la vecchia via della protesta. Hanno sottoscritto in 4000 una petizione, manifestato per strada pacificamente, esportato addirittura sulle strade del Tour de France il loro caldo invito: «Guarascio vattene!».
Ma come accade ai padroni vecchio stampo, sicuri della propria impunità anche quando mina una delle poche passioni rimaste ai cittadini di Cosenza, Guarascio i tifosi, forse perché non corredati della qualifica autorevole pretesa dai salernitani, non se li è filati di pezza (lessico romano). Ha taciuto come un genio incompreso e non ha mosso letteralmente una virgola nonostante tutte le squadre già siano formate e impegnate nella preparazione precampionato.
Il Cosenza è dei tifosi
Ora se arriva la B, per le disgrazie altrui, con il Guarascio che non amiamo e vorremmo intensamente impegnato nella raccolta dei rifiuti, come potranno i tifosi far sentire la loro esistenza e la loro parte dei diritti propri dei “portatori di un interesse collettivo e qualificato”?
Primo passo: farsi consigliare dai vivaci e spierti tifosi granata, mettendo da parte per l’occasione la storica rivalità con gli stessi. Poi, ricordarsi che Guarascio resta sempre Guarascio. Tifare, questo sì, per la squadra. Purché fatta, però, di giocatori veri e non di lungodegenti dal nome impronunciabile, meteore che non lasciano traccia e soprattutto non segnano un goal neppure per sbaglio.
Ma soprattutto, infine, far capire all’universo mondo che i tifosi come i cittadini non sono comparse ma sempre e solo protagonisti. Piaccia o meno a Guarascio e alle cosiddette élites, che tali sono per autodesignazione.