Buonanotte compagno Lenin: quando Terzani parlò del sole ingannatore

La lucida analisi contro la dittatura sovietica e la spinta propulsiva ed eurocentrica del Pci targato Berlinguer. Mentre oggi la destra cerca di delegittimare la Resistenza

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«Il comunismo, con la sua sacrilega aspirazione a cambiare l’uomo, ha ucciso milioni di uomini e ha, come un moderno Gengis Khan, seminato vittime di ogni tipo lungo il percorso della sua conquista. Eppure è anche vero che là dove non era al potere, ma restava come un’alternativa d’opposizione nei paesi dell’Europa Occidentale, per esempio, il comunismo non è stato solo distruttivo, ma anzi ha contribuito al progresso sociale della gente. Come sistema di potere, fondato sull’intolleranza e sul terrore, il comunismo doveva finire. Ma come idea di sfida all’ordine costituito? Come grido di battaglia di una diversa moralità, di una maggiore giustizia sociale?».

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Un giovane Tiziano Terzani inviato in Cina

Appunti di un giornalista dal socialismo reale

A scrivere è Tiziano Terzani, nelle pagine conclusive di Buonanotte, signor Lenin. Pubblicata nel 1992, l’opera di Terzani è il frutto di un viaggio di due mesi attraverso l’Unione sovietica, in dissoluzione proprio in quel periodo. Il fallito putsch contro Gorbaciov lo aveva colto nell’estremo oriente russo, lungo il fiume Amur, al confine con la Cina. Da qui, aveva deciso di muovere verso le Repubbliche dell’Asia centrale che, una dopo l’altra, si stavano liberando dal giogo imperiale, zarista prima e comunista dopo.

Mi è venuto in mente il brano citato, scritto da un anticomunista, ascoltando in questi giorni le solite affermazioni della destra italiana, moltiplicatesi in prossimità della Festa della Liberazione e tutte tese a evitare di pronunciare la parola antifascismo. Nei ragionamenti dei post fascisti ricorre sempre l’equiparazione di tutti i totalitarismi, che andrebbero condannati in blocco, senza distinguo. Le parole di Terzani centrano il punto. La condanna del comunismo, del socialismo reale divenuto pratica di governo per settant’anni in Unione sovietica, è netta e senza appello. Come nette e senza appello sono state le prese di distanza da parte dei comunisti italiani da tantissimo tempo, dallo strappo di Berlinguer in poi. A continuare a vaneggiare di comunismo è rimasto qualche sparuto e insignificante gruppetto di nostalgici.

Detto ciò, volere a tutti i costi e a ogni piè sospinto tirare in ballo il comunismo, quando l’argomento in discussione è la dittatura e i crimini perpetrati dal fascismo in Italia, rappresenta solo un esercizio strumentale, che non ha alcuna attinenza coi fatti e con la Storia. Il movimento comunista, come dice Terzani, ha contribuito in Italia al progresso sociale. E non solo.

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Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella

La destra che attacca la Resistenza

Qualche balzano ordine di scuderia è stato impartito ultimamente agli scudieri della destra, i quali spesso hanno tirato fuori, incensandolo, l’apporto degli Alleati nella lotta per sconfiggere il nazifascismo nel nostro Paese, con l’unico fine di sminuire quello della Resistenza e del movimento partigiano. La faziosità e la pretestuosità di tale posizione è francamente inaccettabile. Non perché si voglia mettere in discussione l’importanza decisiva dell’intervento alleato. Tutt’altro. Ma tale riconoscimento non può portare a depotenziare il concorso nella lotta di Liberazione delle Brigate partigiane. E tra queste, delle formazioni che idealmente e dal punto di vista organizzativo si richiamavano al Partito comunista. Così come non può essere negata, semplicemente in quanto generata dal travisamento dei fatti, la collaborazione decisiva dei comunisti nella edificazione della Repubblica e nella redazione della sua Carta fondamentale, fondata sull’antifascismo e su principi sociali ed economici innovativi e progressisti.
Il presidente Mattarella, col suo intervento memorabile di Cuneo, ha tracciato chiaramente e definitivamente i tratti fondativi della nostra democrazia. La speranza è che essa possa diventare adulta nel rispetto della Verità, senza il quale essa rimarrà monca e precaria.

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