Una campagna elettorale popolata di tanti candidati a sindaco è ormai consuetudine, al Sud, più che al Nord, malgrado si dica che fare questo lavoro è diventato molto rischioso!
Il mio sguardo di viaggiatore frequente tra terre meridiane e alpine, mi costringe a salti di geografie sociali e politiche che stimolano vedute aperte, scevri da localismi, così che guardo, da studioso, a Cosenza “città interrotta” come altre al meridione. Ovvero quelle città in cui la bellezza, il decoro, la manutenzione, la cura urbana sono ormai progressivamente scomparse.
Passato, presente e futuro
È nostalgia pura la stagione di Falcomatà padre, Giacomo Mancini, Enzo Bianco, Vincenzo De Luca, che hanno impresso una spinta radicale e significativa al cambiamento delle città negli anni cruciali di governi attivi, propositivi, dinamici. Nostalgia, soprattutto perché sono stati sindaci capaci tanto di avere una visione che fosse in grado, con intelligenza, di tenere insieme lo sguardo sul futuro, che la risoluzione di problemi quotidiani per andare incontro alle esigenze dei cittadini.
Ho sfogliato i programmi dei candidati di Cosenza, sindaci di domani, ovvero dei prossimi cinque anni, analizzando alcune delle proposte roboanti, ambiziose, lungimiranti (anche troppo!), ma al contempo di una imbarazzante genericità. Ne ho dedotto che rischiano di essere, a seconda della vittoria, altri cinque anni di sogni vanagloriosi, di inutili fughe verso una impossibile smart city, perché non ci sono gli smart citizens, ma non solo, di ambizioni per progetti irraggiungibili e costosissimi per la collettività, dunque irrealizzabili e fallimentari, di finte, ipocrite posizioni ecologiste, ché la vera ecologia è occuparsi della “casa dell’uomo” e del suo benessere reale, nonché della rincorsa ad un turismo impossibile perché Cosenza, la Calabria, non sono né la Sicilia, né la Puglia, tantomeno la Basilicata con Matera città d’arte.
Le città del dopo Covid
Ma la cosa che più preoccupa – escludendo una qualche intuizione dovuta ad una sensibilità femminile – è che nessuno, purtroppo, ha colto due questioni fondamentali: la prima è che le città del dopo Covid prevedono un crollo – già in atto – delle presenze nelle grandi aree urbane e nelle metropoli, con un ritorno di molti “transfughi” nei luoghi d’origine, al Sud in particolare, e dunque un ruolo determinante delle città medie, come Cosenza (con Rende) è a tutti gli effetti.
Ma questo ritorno non è senza impegno alcuno e non è automatico. Chi decide di rientrare sceglierà la qualità sotto molto punti di vista, così che la seconda questione è che sarebbe stato, per i candidati di Cosenza, mettere da parte i sogni, le ambizioni, i proclami, le inutili sparate elettorali e per esempio adottare nelle proprie proposte, anche solo una parte della griglia di parametri che usa, ogni anno, il Sole24ore quando stila la classifica della qualità delle città, in cui svettano (non a caso), Trento, Bolzano, Belluno e via di seguito verso il nord.
Come sfruttare il potenziale
Cosenza (e Rende, non si dimentichi) ha già un potenziale di qualità della vita molto alto, che però è vanificato da alcuni drammatici parametri che non intravedo in nessun progetto di futuro proposto in questa tornata, eppure semplici, elementari, quali, un Piano Urbanistico del Traffico e della Mobilità Ecologica (non un banale piano della viabilità i cui risultati sono evidenti), possibilmente redatto con intelligenza progettuale, per liberare la città dalle migliaia di ingressi automobilistici quotidiani.
Purtroppo, non basta fregiarsi di pochi circuiti ciclabili come alternative al caos delle auto in doppia, tripla fila. Le auto vanno tolte dalla città con coraggio e vigore amministrativo e scelte anche impopolari, ma fondamentali, e con trasporti pubblici puntuali, puliti, in sedi dedicate non invase dalle auto, mezzi nuovi, non inquinanti né traballanti, unica alternativa valida al disordine odierno.
Stop al degrado
Occorre anche la creativa fattibilità di un piano virtuoso per lo stoccaggio e rapida trasformazione delle tonnellate di rifiuti in eccesso, con un consorzio di comuni e cooperative di giovani, che le lacunose attività regionali non riescono e riusciranno a sostenere. La “monnezza” è oro, altrove, qui diventa nausea e degrado, l’ambiente e i servizi ad esso collegati sono la priorità dei governi nazionali e non possono essere disattesi in sede locale, dove si gioca la partita quotidiana. Ancora un importante impegno progettuale per la cultura e il tempo libero: un cittadino colto e rilassato è un cittadino felice e attivo.
Tutto ciò è però vano senza una pubblica amministrazione efficace, incisiva, attiva, al servizio dei cittadini, e nel rigenerare tutte le aree e gli spazi urbani ad alto degrado – dalla parte storica fino alla periferia – per sottrarli alla delinquenza che ormai è padrona incontrastata e che prospera nel brutto, nel marginale, nell’indecoroso!
Europei nei fatti, non negli slogan
Non ho letto nemmeno l’ambizione sana, necessaria a diventare una città europea, nei fatti, non con slogan, soprattutto con la quantità di denari che il PNRR controllerà passo dopo passo e che si giocherà su pochi, determinanti parametri, basati sui programmi della UE. Così, non si scorge un cenno al New Green Deal, al New European Bauhaus, al Green Wawe, ovvero ad un concreto impegno pubblico e collettivo per la riduzione dell’inquinamento dell’80% entro il 2050, all’essere cittadini europei di serie A, non destinati dunque alla perenne periferia dell’Impero!
Infine, mi manca l’elemento essenziale in tutto questo: sarà vano ogni sforzo senza educare i cittadini alle scelte di cambiamento della città, ad una cultura urbana condivisa per ogni necessario passaggio, a nuove forme di necessaria civiltà. Tanto è vero che persino la qualità della grafica e della comunicazione dei candidati sindaco, appare purtroppo scontata, uguale, stucchevole, vecchia e per cittadini vecchi d’altri tempi. Figuriamoci nel tentare di avvicinare alla politica i tanti, nauseati giovani!