Provate ad immaginare di essere un insegnante in un paesino della Locride, o della Sibaritide, magari una maestra in una scuola elementare che assieme alla caserma dei Carabinieri è il solo presidio dello Stato in un luogo di povertà educativa, sociale, materiale e dove i nomi di certe famiglie nemmeno si pensano e la parola ‘ndrangheta non viene pronunciata. Provate a pensarvi tutti i giorni su un qualche trenino che sembra uscito da un film ambientato nel Far west per arrivare in un’aula dove c’è ancora la vecchia lavagna con i gessetti e avere lo scopo di guidare per mano quei bambini verso una opportunità diversa.
Valditara e gli stipendi a scuola: Nord vs Sud
Quanto dovrebbe guadagnare quella maestra? Quale dovrebbe essere lo stipendio di quell’insegnante? Certo, nella Calabria profonda il costo della vita è significativamente più basso che a Milano o a Reggio Emilia, ma nemmeno il lavoro è uguale: è più difficile.
La scuola in certi paesini calabresi è un fortino assediato e qualcuno deve andare a raccontarglielo al ministro Valditara che invece vorrebbe fare la differenza, in sottrazione, tra i docenti del Sud e quelli del Nord.
Il ministro ha poi parzialmente rettificato, praticando un vecchio esercizio caro alla destra, quello di buttare il sasso e poi dire che si è equivocato. In realtà, a ben guardare la rettifica non smentisce l’idea di nuove gabbie salariali. Nell’interpretazione che ha fornito il ministro, il contratto nazionale – bontà sua – non si toccherebbe, ma le risorse per pagare meglio i prof del Nord potrebbero giungere dai privati, oppure dalle amministrazioni pubbliche, notoriamente più ricche di quelle meridionali.
Insomma, la disuguaglianza retributiva, scacciata dalla porta, rientrerebbe dalla finestra lasciata apposta spalancata.
Se questa è autonomia differenziata
Si tratta, a ben guardare, di una delle forme dell’Autonomia differenziata, applicata di traverso alla scuola pubblica, da sempre luogo di conquista per la destra. E mentre si dibatte su quanto sia ingiusto, oppure opportuno, praticare la proposta del ministro, si elude il tema centrale: qual è il valore del lavoro di un prof? Quanto “costa” (per usare un concetto caro alla destra liberista) la trasmissione dei saperi? Quanto costa la riproduzione dei valori di democrazia, uguaglianza, libertà, soprattutto in quei contesti dove essi sono minacciati ogni giorno?
Insomma, quanti soldi dovremmo dare a quella maestra che ogni giorno racconta ai suoi scolari, in un’aula della Calabria profonda, che davanti ai problemi «uscirne da soli è egoismo, farlo assieme è politica», cioè partecipazione e democrazia?