Sacal, se la Regione privatizza a sua insaputa

La privatizzazione della società che gestisce gli aeroporti calabresi somiglia a quelle postsovietiche. Procedure insolite in un settore così delicato. Operazioni che hanno il sapore di certo capitalismo amorale e familistico. Una questione degna di approfondimento politico e legale

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Ci sono molti modi per privatizzare una società pubblica. Ne abbiamo viste di ogni colore e risma nel nostro Paese: dal nocciolino duro (Telecom) ai capitani coraggiosi (Alitalia). Per non parlare delle privatizzazioni ripubblicizzate con plusvalenza per i privati, sul modello autostradale. Eppure, mai prima era accaduto di veder portare a compimento una privatizzazione inconsapevole, una sorta di cessione della maggioranza della proprietà pubblica a propria insaputa.
È accaduto così con la Sacal, la società regionale che gestisce gli aeroporti del territorio calabrese.

Sacal, il socio privato conquista terreno senza sforzi

Era stato deciso un aumento di capitale che ha visto i soci pubblici lasciare inoptate le quote, che sono state a quel punto acquisite da un socio privato. L’azionista privato a quel punto ha conquistato senza colpo ferire la maggioranza della società. E senza nemmeno pagare il sovrapprezzo che è normale venga valutato, e corrisposto, quando un soggetto acquisisce il potere di controllo su una impresa.

Privatizzazione a propria insaputa

Quali sono le conseguenze di questa privatizzazione a propria insaputa? Si tratta innanzitutto di una procedura per così dire insolita, che ha escluso il mercato da qualsiasi contendibilità. Solo gli azionisti presenti al momento dell’aumento di capitale potevano difatti optare le azioni dell’aumento di capitale. È stata evitata in questo modo ogni forma di pubblicità e di trasparenza. Si è creato il cerchio magico della possibile cessione della proprietà ai privati.

Sacal, una privatizzazione da oligarchia postsovietica

Procedere ad una privatizzazione chiusa al mercato è stata la prima anomalia. Nessuna forma di partecipazione di terzi alla operazione era possibile. E dunque è come se si fosse operato entro un recinto chiuso di interessi. Già questo fatto delinea gli elementi di una privatizzazione oligarchica, sul modello di quelle che sono state realizzate nella confusione post-sovietica degli anni Novanta del secolo passato.

Un capitalismo amorale e familistico

La seconda incredibile modalità, coerente con un capitalismo amorale e familistico, è stata quella di cedere la maggioranza delle azioni, non sottoscrivendo i soci pubblici l’aumento di capitale, senza riscuotere in questo modo il valore del premio per la maggioranza stessa.
In questo caso siamo in presenza di un regalo vero e proprio, costruito nella forma di mancata sottoscrizione delle azioni da parte delle istituzioni pubbliche che fanno parte della compagine societaria. Una smemoratezza degna di approfondimento politico e legale.
Infine, e non è questione irrilevante, la Sacal è una società concessionaria dello Stato che gestisce aeroporti. In quanto tale, è soggetta ad obblighi di trasparenza verso il concedente. Per questa ragione Enac ha sporto denuncia.

Il precedente che mancava

Il panorama italiano delle privatizzazioni, che già non presentava un pedigree particolarmente felice, si arricchisce ora di una perla di cui non si sentiva francamente il bisogno.
Gli aeroporti sono un tassello strategico per la mobilità e la competitività di un territorio. Ancora una volta la Calabria rischia di fare l’ennesimo autogol. A segnare stavolta è un azionista privato che si frega le mani per l’affare che ha realizzato.
Una stupidità così palese non si era mai vista da parte di un azionista pubblico. Al punto tale che è legittimo avanzare sospetti di interessi inconfessabili. Lo vedremo nelle prossime puntate di questa brutta storia.

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