Economia senza lavoro: il futuro bussa al reddito di cittadinanza

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«Entro il prossimo secolo il lavoro di massa sarà cancellato da quasi tutte le nazioni industrializzate» (La fine del lavoro, J. Rifkin, ed. Baldini & Castodi). Era il 1995 e Rifkin spiegava che il lavoro, almeno per come siamo stati educati a pensarlo, è finito. Non era una profezia, era uno sguardo proiettato verso un futuro che già allora non era lontano e che oggi è diventato il tempo che stiamo vivendo. Quell’annuncio trova riscontro in quanto accaduto in questi decenni: oggi per produrre la stessa quantità di ricchezza di ieri sono necessarie meno ore di lavoro e meno lavoratori.

Vuol dire che un numero sempre maggiore di persone è stato e sarà espulso dal sistema produttivo, restando così senza reddito. A muovere questa rivoluzione è la capillare diffusione dell’alta tecnologia, che invece di promettere meno ore di lavoro e una migliore qualità della vita, ha generato disoccupazione globale e immiserimento delle esistenze. L’economia non si è fermata, semplicemente ha cominciato a fare a meno delle persone.

L’economia fa a meno delle persone

E se l’economia non genera più lavoro, ha ragione De Rose a domandarsi nella sua riflessione sul nostro giornale «che senso ha ancorare il destino di tante persone alla formula odiosa dell’occupabile?».
È per questo che praticamente ovunque nei paesi ricchi si è provveduto a pensare a forme di reddito separato dal lavoro. Questi provvedimenti hanno molte facce: solidarietà sociale, rivendicazione del diritto all’esistenza, ma più di ogni altra motivazione quella più aderente alla realtà è garantire l’accesso al consumo.

In Calabria in realtà questa è una vecchia storia: qui, dove abbiamo saltato ogni forma di sviluppo industriale e dove l’assenza di lavoro è endemica, il sostegno al consumo ha avuto le sembianze del clientelismo e delle pensioni di invalidità erogate à gogo. Nella nostra regione, secondo i dati Istat aggiornati al 2021, il 18,4 per cento della popolazione è senza lavoro, con la provincia di Crotone a guidare la classifica, seguita da Vibo, Cosenza, Catanzaro e Reggio.

Reddito di cittadinanza: Calabria e numeri

Nella regione con una storia antica di emigrati – quelli la cui vita era legata “alla catena di montaggio degli dei”, come scriveva Franco Costabile – e con livelli altissimi di disoccupati, sono ben 62.548 i nuclei familiari che vivono grazie al reddito di cittadinanza, che il governo ha annunciato di cancellare. Per maggiore precisione, secondo i dati forniti dal report “Monitoraggio sul reddito di cittadinanza” aggiornato al 2019, sono 149.626 le persone in Calabria che affidano la propria dignità a quella forma di sostegno economico.

Nella terra dei “prenditori”

Considerata la fragilità dell’economia calabrese, quante possibilità hanno di trovare un lavoro? Togliere loro il Reddito di cittadinanza si traduce nel costringerli ad emigrare, oppure ad accettare condizioni di lavoro lontanissime dai livelli accettabili di dignità.
Questa terra è piena di “prenditori” che piomberanno famelici su questo esercito di persone senza tutele di alcun genere, esattamente quelli che fin qui si sono lamentati di non trovare lavoratori perché “sdraiati sul divano”.

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Un meme pubblicato sulla pagina Fb “Sostituire frasi di Fisher a quelle di Coelho sulle foto degli influencer”

E qui giungiamo all’aspetto più attuale e tragico: l’etica del lavoro, con la quale ci hanno sempre ingannato spiegandoci che solo il lavoro rende autenticamente liberi, è finita. Al suo posto è rimasto il moralismo che condanna l’ozio del divano, il reddito senza la fatica, in un mondo in cui il lavoro non c’è più. Aumenteranno i poveri e la disperazione sociale, che la destra si è mostrata storicamente più brava a trasformare in consenso.

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