Immigrazione e quota 41: meglio l’IA o il governo?

I dati demografici e sul mercato del lavoro portano tutti in una direzione, direbbe l'Intelligenza artificiale. Eppure l'Esecutivo punta verso quella opposta. Per saldare le cambiali elettorali o altre ragioni?

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Si parla tanto dell’intelligenza artificiale, forse troppo poco della stupidità umana. Già, perché si può edulcorare il concetto o ingentilirlo, definirlo cecità o mancanza di lungimiranza, ma la sostanza è quella. In questo caso, mi riferisco alla stupidità–cecità-mancanza di lungimiranza dei razzisti in generale. In particolare, di quelli al governo in Italia.
Per dimostrare il teorema mettiamo insieme una serie di informazioni e di dati. Come nelle scienze esatte, dobbiamo prendere in considerazione solo quelli oggettivi.
La Lega fa una battaglia per “quota 41”, cioè la possibilità di accedere alla pensione dopo 41 anni di contributi. Un vessillo alzato in campagna elettorale e repentinamente calato davanti alle difficoltà di bilancio soprattutto in prospettiva, dato che la crisi demografica e l’invecchiamento della popolazione certamente non aiutano a far quadrare i conti.

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Quota 41 e l’Italia che invecchia

Secondo l’Istat, nel 2070 in Italia ci saranno 47,2 milioni di abitanti, 12 milioni in meno rispetto ad oggi. La popolazione italiana, se proseguirà il trend attuale, e quindi senza interventi correttivi di cui allo stato non si vede traccia, fino al 2040 calerà annualmente del 0,2-0,3%; tra il 2040 e il 2050 tra lo 0,3 e lo 0,5%; fino al 2070 più dello 0,6%.
Nel 2020, l’età media italiana era di 46,2 anni, nel 2021 di 45,9 anni. Meno di vent’anni fa era di 41,9 anni. I dati indicano che nel 1950, in Italia, i bambini e ragazzi tra gli 0 e i 19 anni rappresentavano il 35,4% della popolazione; oggi il 17,5.
Il forte calo è avvenuto tra il 1980 e il 1995, quando gli under 19 sono passati dal 30 al 21%. Le persone tra i 20 e i 30 anni sono invece scese dal 35 al 21%, con un più rapido calo dal 1995. La fascia tra i 40 e i 59 anni era il 22% nel 1950, ora è il 31. I residenti di età compresa tra i 60 e i 79 anni erano meno del 23% nel 1950, ora il 31, con un aumento continuo nel tempo. Lo stesso per gli over 80, che nel 1950 erano l’1% della popolazione e ora sono il 7,5.

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Crisi demografica e forza lavoro

Andiamo adesso a esaminare altri dati, altrettanto significativi e importanti per la riflessione che stiamo facendo.
In Italia (sempre dati Istat), nel 2019, quasi il 30% delle abitazioni censite, 10,7 su 36 milioni, non era occupato. Il loro numero proseguirà l’ascesa nei prossimi anni anche a causa della crisi demografica. Sud e Isole guidano questa classifica, con quasi il 36% delle abitazioni vuote.
 Nel Centro il dato scende al 24,8%, con 1,7 milioni di case inabitate su 6,8; nel Nord-Est è del 25,6% su 6,7 milioni di abitazioni. Nel Nord-Ovest è del 28,2% su circa 10 milioni di case.
Nelle province calabresi, abbiamo Reggio al 42,3%, Vibo al 49,3, Catanzaro al 45,2, Crotone al 44,9 e Cosenza al 44,6.

Altro dato oggettivo: gli imprenditori e i sindacati italiani, singolarmente e tramite le loro organizzazioni di categoria, da tempo reclamano un aumento consistente dei flussi di lavoratori da inserire nel tessuto produttivo nei settori primario, secondario e terziario. L’ultimo decreto prevede alcune centinaia di migliaia di ingressi, reputati assolutamente insufficienti. Ai confini del nostro Paese, nel contempo, premono per entrare altre centinaia di migliaia di persone, spinte a lasciare i Paesi d’origine per sfuggire alle guerre, alle discriminazioni razziali e di genere, alla povertà, alla siccità.

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Controcorrente

A questo punto, abbiamo una serie di elementi (o dati e metadati, se vogliamo utilizzare un linguaggio al passo coi tempi):

  • il desiderio, e la necessità, di abbassare l’età pensionistica;
  • la difficoltà a reperire le risorse necessarie;
  • la crisi demografica, data dalla diminuzione in termini assoluti della popolazione e dall’invecchiamento della stessa;
  • un patrimonio abitativo di gran lunga superiore alle necessità dei residenti;
  • milioni di esseri umani, in età da lavoro, in cerca di uno sbocco di vita dignitoso e stabile, tale da accrescere in maniera esponenziale i contributi per il fondo pensionistico.

Se inserissimo tutte queste informazioni in un apposito programma di intelligenza artificiale, certamente avremmo la soluzione a portata di mano. Al contrario, le stesse informazioni date in mano al Governo in carica (a tutto il Governo, e non solo alla Lega, che secondo la vulgata corrente è la forza politica che spinge in questa direzione) partoriscono l’ennesima stretta all’immigrazione, sotto forma della cancellazione della protezione speciale – incentiverebbe l’immigrazione – e della dichiarazione dello stato d’emergenza.

Quota 41 vs la difesa della patria

E qui entrano in gioco la stupidità, l’irrazionalità, il ragionamento di pancia. Il razzismo, perché di questo, alla fine, si tratta. Il razzismo che fa comportare questi signori come il marito che per fare dispetto alla moglie si evira. Voglio quota 41, o 40, o quello che sia. Ma siccome dare corpo a questa solenne promessa elettorale porterebbe alla sostituzione etnica – è già successo in America Latina, diciamo noi, dove la popolazione di alcuni Stati è composta per il 30-40% di italiani immigrati e non di nativi – vi rinuncio, con conseguenze disastrose per la Patria della quale “difendo i confini” dai barchini affollati di poveracci armati solo della loro disperazione.
Questo è il paradosso tragico. Una situazione da win–win (mi scuso per il “forestierismo”, e meno male che ancora non ci sono le multe) si trasforma in una lose–lose (mi scuso ancora) nella quale tutti perdono a causa della stupidità umana. O del razzismo, nient’altro che un sinonimo di quella.

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