Quanti saltimbanchi in politica, non votiamoli più

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Il nostro Saverio Paletta ha raccontato con dovizia di particolari i cambi di casacca dei politici calabresi che, personalmente, ho il vezzo di definire “saltimbanchi”. Un termine “tecnico” non infamante bastando per la denigrazione il fatto in sé. Ossia quel piegarsi al proprio interesse contingente, fregandosene della fedeltà allo schieramento e alla proposta politica sulla quale si sono pronunciati con il proprio voto gli elettori.

Forse perché educato alla politica della “malfamata“ prima Repubblica – che al confronto della seconda o terza aveva la purezza e la castità della Pulzella d’Orleans – e quindi gravato da un senso etico che non consente esercizi da saltimbanchi se non per obiettive e motivate ragioni politiche, la lunga lista – ancorché parziale perché circoscritta con una sola (o quasi) eccezione ai politici cosentini – e il tourbillon rappresentatoci da Paletta mi hanno prodotto un penoso senso di straniamento.

Dorina da record

La campionessa dei cambi di casacca risulta essere stata la bionda Dorina Bianchi. Vorremmo poterla chiamare pisana, perché nella città della torre pendente ha avuto i suoi natali e perché ci solleverebbe un po’ dall’imbarazzo. Ma per il suo radicamento territoriale dobbiamo considerarla calabrese a tutti gli effetti e crotonese in particolare.
La nostra Dorina fin dalla nascita è stata segnata, incolpevolmente, dall’ambiguità, potendo all’occorrenza dichiararsi toscana o calabrese con pari legittimità. Ancora più marcato nel segno dell’ambiguità – o della volubilità o, ancora della mobilità – è stato il suo percorso politico.

Io, che giovane non sono , seguendo le cronache politiche – si fa per dire – mi sono sentito sballottato sull’ottovolante, quasi fossi capitato in un fanciullesco luna park. Un giorno la Dorina era collocata a destra, magari al mattino. Voilà, la trovavi nel pomeriggio transitata o prossima a transitare sul versante opposto. Dorina è stata la regina della “versatilità” dei politici calabresi, o di molti di loro, passando attraverso otto partiti o spezzoni di partiti diversi e assumendo incarichi di governo con maggioranze cangianti.

Non se ne può più

Non bisogna scandalizzarsi se molti calabresi onesti e coerenti fanno fatica ad aver fiducia in una classe politica, o in una parte di essa, che – senza poter competere con Dorina la bionda – è permanentemente con la valigia in mano per accomodarsi sulla poltrona più comoda o più prossima alla gestione del (proprio) potere.
E non si può loro imputare la fuga dalle urne elettorali, con conseguenti percentuali di votanti in caduta libera. Le prediche, i riferimenti alla coerenza dei padri, all’obbligo della lealtà nei confronti degli elettori, alla tutela dell’immagine della Calabria stravolta da simili andazzi non servono a nulla.

Una soluzione a portata di matita

La soluzione, almeno parziale, è di applicare i criteri di legalità quali risultano dal certificato penale o dai carichi pendenti. E non votare chiunque abbia cambiato casacca – salvo solide motivazioni da dichiarare prima delle elezioni – anche una sola volta.
Avremmo cosi un duplice risultato: meno saltimbanchi (sempre in senso tecnico!) e un repulisti massiccio che potrebbe aprire finalmente la strada al totale e radicale cambiamento politico di cui la Calabria ha disperato bisogno.

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