«Eterna lotta tra garantismo e giustizialismo. Ma anche un’eterna deresponsabilizzazione di politica e cittadinanza che, ormai da decenni, tanto a livello locale, quanto a livello nazionale hanno scelto di delegare scelte e comportamenti da assumere alla magistratura, conferendole ruolo e importanza che la Costituzione non le assegna».
Questa frase, tratta dall’articolo bello e inquietante del nostro Claudio Cordova sui tanti casi di politici sottoposti a processo o a lunghe carcerazioni in attesa di giudizio e poi assolti “perché il fatto non sussiste”, è il vero tema che merita una riflessione serena e non reticente.
Quelle oscure alleanze
Diciamo subito che nella realtà i patti tra politici e ‘ndranghetisti non sono frutto della fantasia senza briglie degli inquirenti e dei magistrati. Come non è un’invenzione dei giornali – quelli, pochissimi, che ne parlano senza soggezione – che si è “firmata” una sorta di alleanza (o solo convergenza di interessi) tra ampi settori della borghesia delle professioni e dell’imprenditoria in nome della massoneria poi pudicamente definita “deviata”. Un fenomeno, è giusto dirlo, che è presente in molte parti d’Italia che con le mafie non dovrebbero avere niente a che fare, ma poi i capitali che queste ultime hanno da investire sono più attraenti della coscienza etica e civica pulita.
Gli elettori delegano alla magistratura
Dunque c’è in Italia e in Calabria una lunga serie di politici e non solo che, magari senza meritare in molti casi la patente di “uomo o donna specchiati delle istituzioni”, sono stati tenuti alla gogna per anni. L’ultimo caso è quello di Sandro Principe, gettato giù dal piedistallo di “efficiente e amato (da molti) sindaco di Rende” per essere bollato come sospetto sodale della mafia.
Ora, come scrive Cordova, questo accade anche perché gran parte dei calabresi delega ai magistrati il compito di far pulizia di quei politici che loro stessi votano per timore, per la speranza sempre meno fondata di ricevere non favori ma l’esercizio di diritti negati, per la partecipazione assente o negata alla vita della comunità. Suggeriscono domande a risposta plurima come nei quiz dei concorsi pubblici.
Una democrazia più fragile
Scontata l’affermazione che gran parte della Magistratura merita riconoscimenti e rispetto, sostanziale non solo formale, occorre dire con chiarezza che nessuno è innocente quando accadono queste anomalie che solo un letteratura ipocrita ritiene “fisiologia dell’accertamento della verità”.
C’è stata l’età mitologica di Mani pulite che ha cancellato la classe politica e le forze storiche della democrazia italiana. Una operazione che neppure i paesi ex comunisti hanno fatto, quanto meno per non affidarsi a presunte anime candide e soprattutto incompetenti, e ha reso fragile la nostra democrazia, legata a leader inadeguati o di carta pesta.
In Calabria (ma non solo) questo è stato uno dei fattori della crisi devastante sul piano politico, economico, sociale e etico, che s’è manifestata.
I tempi cambiano, politica e magistratura anche
Da Mancini, Misasi, Antoniozzi, Gullo e tanti altri abbiamo scelto le serie B e C, salvo poche eccezioni. Favorito il trasformismo per cui destra o sinistra “pari son”. Abbiamo dato la patente di immunità ai magistrati tra cui, a detta di Gratteri, si nascondono almeno duecento corrotti o corruttibili.
Non sappiamo da dove il super procuratore di Catanzaro abbia tratto questi numeri, sappiamo però per certo che di alcune procure c’è da fidarsi meno che di altre. Che i magistrati sono uomini come gli altri. E che, senza oltrepassare il limite del lecito, quanti hanno una vita sociale più ricca e selettiva hanno maggiori chances di avere un trattamento più prudente se si tratta di iscriverli nel registro degli indagati.
Le voci che danno fastidio
Lo sanno, in particolare, le persone che, per etica o scelta professionale, sono le “più fastidiose”. Quindi, in teoria, quelli “buoni” e naturali alleati della sana giustizia. È vero spesso il contrario. Chiedere ai giornalisti liberi e rigorosi, agli intellettuali che si espongono per dedizione alla comunità dei cittadini, ai funzionari pubblici che non si accucciano ai loro capi se non fanno ciò che la legge impone (no assunzioni a chiamata diretta di famigli, incompetenti, figli e nipoti o amanti di).
È irrilevante, ma ho appena saputo di essere indagato da ottobre dello scorso anno per una querela presentato da un docente universitario di Catanzaro, divenuto potente dentro e fuori la Magna Graecia, per un articolo che raccontava con legittima curiosità una carriera tanto prestigiosa quanto rapidissima. Un fatto legittimo ma, come dire, non usuale nelle nostre università, famose un tempo (?) per far fare un buon tratto di strada ai futuri docenti con il ruolo non proprio formativo e gratificante di “portaborse” di baroni e baronetti. Di fronte a tanto misfatto – compiuto con un articolo – il Pm ha chiesto il prolungamento dell’indagine. Bastava consultare Wikipedia.