Una nota della Lega – non del ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture, come sarebbe stato logico – immortala il lieto fine nella querelle sul Ponte tra la sindaca di Villa San Giovanni, Giuseppina Caminiti, e il ministro Matteo Salvini, con tanto di foto coi protagonisti sorridenti. In sostanza, tuttavia, la sindaca ha ottenuto la presenza alle riunioni del c.d.a. della Stretto di Messina s.p.a., per i rappresentanti dei Comuni di Reggio, Villa e Messina, da uditori. Tra i decisori a pieno titolo, quale componente del c.d.a., siederà invece il commissario regionale della Lega.
Il Ponte della Lega
Sembra dunque che il progetto Ponte sullo Stretto sia un affare che riguarda principalmente la Lega, il partito suo e del ministro. E i rappresentanti del territorio che sarà investito non tanto dall’opera, sulla cui realizzazione è lecito ancora oggi avanzare fondati dubbi, quanto dai cantieri? Relegati a ruoli di comparse.
Avranno il loro strapuntino al tavolo delle decisioni, senza tuttavia poterle influenzare, e solo per gentile concessione del ministro. La maggioranza di governo ha sonoramente bocciato anche l’o.d.g. presentato in Parlamento, sulla cui approvazione aveva puntato la sindaca di Villa.
«Il primo cittadino – si legge nel comunicato – ha fatto presente l’importanza di un coinvolgimento dell’amministrazione comunale e degli enti interessati all’accordo di programma quadro sulle grandi opere al fine di rappresentare le istanze più urgenti dei cittadini. Sul tavolo anche il progetto di Villa San Giovanni che si candida ad essere Città dei trasporti innovativa ed ecosostenibile».
Chi spinge e chi frena
Quindi i cittadini saranno coinvolti nella gestazione dell’accordo di programma? E come? E cosa significa che Villa si candida quale città dei trasporti innovativa ed ecosostenibile? Sembrano, o lo sono effettivamente, frasi gettate lì, perfettamente compatibili con tutta questa storia nella quale c’è chi spinge per aprire al più presto i cantieri, anche per dare lavoro a non si sa quante centinaia di migliaia di persone, senza aver chiarito le questioni fondamentali e dirimenti ancora sul tappeto:
- sul progetto definitivo;
- sul reperimento dei fondi;
- sulla realizzazione delle opere senza le quali (alta velocità ferroviaria in Calabria e Sicilia, A2, Palermo – Messina, ecc.) l’ipotetico ponte non sarebbe altro che un isolato ecomostro nel nostro territorio.
C’è chi spinge, dicevamo. E sull’altro fronte ci sono i resistenti ad oltranza. L’accusa, nei confronti di questi ultimi, è di tenere una posizione “ideologica”. E anche chi esprime perplessità si affretta a premettere di farlo «non per ragioni ideologiche».
Sono quei termini che fanno capolino nel dibattito improvvisamente, e quatti quatti cominciano a prendere piede fino a quando chiunque, anche chi ne ignora il significato, trova il modo di infilarli in ogni discussione. Come «resilienza» o la locuzione «mettere a terra». Ghigliottina, direbbe Francesco Merlo. Cosa c’entra l’ideologia, o l’approccio ideologico, con la riflessione sulla realizzazione di un’opera? Assolutamente nulla.
Ma che cos’è l’ideologia?
Io, a differenza del cognato Lollobrigida che è arrivato alla E, nel vocabolario Treccani sono alla I, dove il termine Ideologia viene così definito (tralascio l’approccio filosofico):
«Nel pensiero marxista, l’insieme delle credenze religiose, filosofiche, politiche e morali che in ogni singola fase storica sono proprie di una determinata classe sociale, informandone il comportamento, e che dipendono dalla collocazione che questa ha nei rapporti di produzione vigenti; in quanto tale, l’ideologia, lungi dal costituire scienza, ha la funzione di esprimere e giustificare interessi particolari, per lo più delle classi proprietarie ed egemoni sotto l’apparenza di perseguire l’interesse generale o di aderire a un preteso corso naturale. Nel pensiero sociologico, il complesso di credenze, opinioni, rappresentazioni, valori che orientano un determinato gruppo sociale; anche, ogni dottrina non scientifica che proceda con la sola documentazione intellettuale e senza soverchie esigenze di puntuali riscontri materiali, sostenuta per lo più da atteggiamenti emotivi e fideistici, e tale da riuscire veicolo di persuasione e propaganda
4. Nel linguaggio corrente: b. In senso spreg., soprattutto nella polemica politica, complesso di idee astratte, senza riscontro nella realtà, o mistificatorie e propagandistiche, cui viene opposta una visione obiettiva e pragmatica della realtà politica, economica e sociale».
Le ragioni dei contrari
Ora, tutto mi sembra di poter dire a proposito della posizione di chi si oppone alla costruzione del Ponte, tranne che essa possa essere ascritta “ad atteggiamenti emotivi e fideistici”. O “tale da riuscire veicolo di persuasione e propaganda”. Oppure, ancora, qualificata come “complesso di idee astratte, senza riscontro nella realtà, o mistificatorie e propagandistiche”, cui si oppone una “visione obiettiva e pragmatica della realtà politica, economica e sociale”. Semmai è vero il contrario.
Chi non vuole il ponte sullo Stretto lo fa per aver valutato il contesto territoriale attuale, reputandolo bello e attrattivo così com’è, dal punto di vista paesaggistico, ambientale, naturale. Lo fa nella convinzione, validata dalla scienza e dagli studi condotti, che l’attraversamento dello Stretto può essere efficacemente garantito mediante altri mezzi, meno costosi e per nulla impattanti. Lo fa nella certezza che le difficoltà di realizzazione sono tante e tali, anche facendo riferimento ad altre opere realizzate in altre zone del “globo terracqueo”, da costituire un grosso rischio, sia in corso d’opera, sia a costruzione ultimata, per questioni geologiche, metereologiche, ingegneristiche.
Lega, ultrà e no ponte
Non troppo tempo addietro abbiamo dato conto, su questa rivista e più volte, di ogni aspetto particolare inerente a quanto appena esposto. Tanto da poter affermare, senza tema di smentita, che l’approccio ideologico è insito e appartiene a chi invece per il ponte si è piazzato nella curva degli ultrà, con l’atteggiamento tipico di chi crede fideisticamente in qualcosa che nulla ha a che fare con la realtà, con i fatti.
D’altra parte, si sente spesso parlare di opere compensative rispetto alla edificazione del Ponte. Ma, di grazia, ci si vuole spiegare perché si dovrebbero prevedere compensazioni per qualcosa di così grande, bello, utile? Per quella che viene sovente indicata come la panacea di tutti i mali per una terra che si sta desertificando giorno dopo giorno, a livello umano e a livello fisico-territoriale?
Non ci piace il benaltrismo, è una dottrina che non ci appartiene. Ma mai come in questa vicenda è il caso di dire con forza che sono altre le idee e i progetti, da tradurre finalmente in pratica, dei quali questo lembo di terra ha bisogno.
Lo strapuntino conquistato dalla sindaca di Villa San Giovanni sarà utile alla propaganda leghista e perfetto per la foto di rito, ma non serve a lei come non serve al territorio che abitiamo. L’unica trincea dietro la quale vogliamo stare e che va difesa ad oltranza è quella contro chi vuole compiere una devastazione definitiva e irrimediabile nello Stretto di Messina.