Neanche un grande scrittore, o un regista, sarebbe stato capace di mettere l’una accanto all’altra le diverse scene alle quali abbiamo assistito in questi giorni legate, direttamente o indirettamente, alla vicenda Ponte sullo Stretto.
Gli incontri in pompa magna tra varie amministrazioni, tra le quali quelle di Reggio Calabria e Villa San Giovanni, e l’a.d. della società Pietro Ciucci, durante i quali nessuno ha alzato un sopracciglio per mettere in dubbio un qualsiasi aspetto critico della questione Ponte.
La dichiarazione dell’ineffabile ministro Salvini, che con nonchalance comunica che se non si farà l’alta velocità in Calabria, perché lui «non vuole una linea a zig zag» (sic), poco male, il ponte si realizzerà lo stesso.

L’occupazione della Prefettura da parte di numerosi sindaci dello Jonio cosentino che chiedono di incontrare Meloni «per avere notizie sullo stato di realizzazione delle opere di compensazione ambientale del Terzo Megalotto e di superare la fase di stallo che si è creata in merito ad esse ed agli svincoli dopo il silenzio di questi anni e tutte le relative richieste disattese». E poi il colpo di scena. Quello che rompe la narrazione corrente e racconta come davvero stanno le cose al di là dei proclami.
Coast to coast
La Regione Calabria comunica che da gennaio 2024 la strada statale 682 Jonio-Tirreno, voluta allora fortemente dal presidente della Provincia di Reggio Vincenzo Gallizzi, sarà chiusa per 20 mesi (dubitare sui tempi è lecito, non farlo è da stupidi creduloni). Il motivo? La galleria sotto il Monte Limina richiede improcrastinabili lavori di manutenzione.

Per chi non lo sapesse, la 682 collega le due coste calabresi, la piana di Gioia Tauro con la Locride. L’opera presenta criticità evidenti per la carreggiata angusta e i conseguenti limiti di velocità. Realizzarla, però, ha consentito a due territori, separati in linea d’aria da pochi chilometri ma da una catena montuosa imponente, di venire a contatto quotidianamente. Non è solo una questione di spostamenti di merci e persone. O della possibilità degli abitanti della Locride di raggiungere i capoluoghi e gli aeroporti di Lamezia e Reggio molto più agevolmente. Dal punto di vista economico una via di comunicazione del genere, in una terra condizionata fortemente dalla sua conformazione geomorfologica, costituisce un oggettivo elemento di sviluppo, favorendo scambi e concorrenza.
Priorità in Calabria: il Ponte o le strade?
Sia chiaro che nessuno si sogna di chiedere il rinvio sine die di un intervento necessario su un tunnel lungo oltre tre chilometri. Il problema è un altro. Le risorse e le energie di programmazione anche mentali (?) dello Stato italiano sono in questo momento concentrate su un intervento che presenta molti aspetti critici: l’effettiva utilità; la tenuta gestionale dal punto di vista finanziario; le difficoltà progettuali, etc.

Ma, alla luce dei fatti appena elencati, è il Ponte sullo Stretto la priorità per la Calabria? O è affrontare tutte le manchevolezze alle quali si è fatto rapido cenno?
Venendo meno il collegamento della Jonio – Tirreno, non ci sono altre trasversali in grado di ovviare decentemente ai gravi problemi che questa chiusura comporta. Torneremo a decenni fa, con la superstrada jonica 106 da un lato, e l’autostrada dall’altro. A meno che non si voglia pensare che la 280, da Lamezia alla 106 jonica, possa fungere da arteria sostitutiva. O addirittura, più a sud, la 111 Gioia Tauro – Locri o la Bovalino – Bagnara. Nessuno sano di mente può arrivare a tanto.
Un referendum sul Ponte in Calabria
E allora torniamo al problema dei problemi, quello del quale non ci stancheremo mai di parlare. Facciamo scientemente i “benaltristi”, giacché giocare questo ruolo, nella situazione data, è da persone responsabili, non un voler dire sempre e solo no “a prescindere”. Ideologicamente, direbbe qualcuno solo perché questa è la vulgata corrente. È, casomai, opporre ragionevolezza a sventatezza, approssimazione, sciatteria decisionale.
Non credo che la Calabria abbia bisogno del Ponte. Ma voglio che la Calabria e i calabresi siano messi nelle condizioni di potersi muovere, dentro e fuori dai confini regionali, rapidamente, efficacemente, con mezzi e vie moderne.
L’isolamento ha pesato e pesa ancora molto. È una delle cause principali, se non la principale, dell’arretratezza e del sottosviluppo. Ma dobbiamo decidere noi del nostro destino: bisogna indire un referendum per dare una volta per tutte la parola al popolo calabrese.