Ora rispunta il civismo, ma non siete stufi?

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Il nostro Paletta ha riprodotto con grande efficacia la natura e la composizione dell’offerta “politica” sulla quale i cosentini dovranno pronunciarsi nelle prossime elezioni comunali.
Dare dignità politica a questa miscellanea senza gusto e senza senso è un azzardo. E l’aggettivo “civico”, ossessivamente ripetuto per dare un nome a liste abborracciate e identificabili solo in virtù del candidato valvassore che le rappresenta, non ha alcune relazione con il civis, il cittadino, la comunità civile che viene omaggiata con un gioco puramente verbale. Un imbroglio vero e proprio, un camuffamento, una sorta di burka della parola.

La coperta di Linus

Cosenza e la Calabria utilizzano vari modi per imbellettarsi e rendersi presentabili, mentre l’opinione più diffusa li definisce in buona misura – facendo anche ingiustamente di tutta l’erba un fascio – “impresentabili”, per ragioni di legalità qualche volta, per relazioni oscure con il mondo – come dire? – “deviato”, per la conclamata cattiva partecipazione alla gestione della cosa pubblica.

Il civismo usato a mo’ di coperta di Linus non nasce ora e non nasce in Calabria. Preceduto da singole e poco significative esperienze, il civismo – e la connessa retorica sulle virtù della società civile – è naturalmente esploso con il definitivo crollo, a causa di Mani pulite ,del sistema politico della Prima repubblica.

Dai partiti… ai partiti

Il politologo Alessandro Campi dell’Istituto di politica – che del tema si è occupato ampiamente – ricorda, in uno scritto del 2019, che «da quel momento, soprattutto nella politica locale, è stato tutto un fiorire di liste e listarelle cosiddette civiche: alcune frutto di mobilitazioni sociali dal basso (non ve ne è traccia al momento nel parterre delle liste cosentine, nda), altre da interessi particolaristici ed affaristici, altre infine di natura puramente personalistica».

In realtà questa prima esperienza del civismo “molecolare” è durata poco. Il civismo era nato in opposizione ai vecchi partiti, la cui credibilità era in caduta libera. Ma ad utilizzarlo sono stati i partiti nuovi, Forza Italia in primis, ricorrendo a figure civiche apparentemente non politiche provenienti dal mondo della cultura, delle professioni e delle imprese.
Da allora ad oggi – compresa la comparsa sulla scena del Movimento Cinque stelle – il civismo diventa quello dell’ultima ora: ci si ricorda della società civile e dei suoi anonimi protagonisti solo quando c’è da confezionare le liste elettorali.

Più ingredienti nella zuppa

C’è anche questo nell’ esplosione civica nella politica calabrese e cosentina. Ma come sempre accade in Calabria altri ingredienti entrano nella zuppa che si vuole propinare all’elettorato. La mescolanza dei sapori rende meno evidenti e sgradevoli al gusto gli ingredienti.

Così si fa spazio e si dà una parvenza di dignità al familismo immorale della politica calabrese: la Covello, al netto delle sue transumananze destra–sinistra, è figlia dell’ex deputato “strimpellatore “ Franco; Bianca Rende è figlia di Piero, autorevole esponente della DC; Giacometto Mancini è nipote, anche lui transumante sinistra-destra–sinistra, del più autorevole e amato Giacomo.

Parimenti, la mescolanza dei sapori nella zuppa elettorale rende meno sgradevoli i compulsivi cambi di casacca di cui resta primatista mondiale Dorina Bianchi, seguendo il filo della convenienza a danno della coerenza. E rende meno vistosa la permanenza sulla scena fino a otto e più lustri del redivivo Oliverio e della compagnia di giro. Che, se altro non può, si acquatta dietro le quinte facendosi garante e manipolatore dei candidati vincenti.

L’unica soluzione

Se ne esce? Non certo per rinsavimento della politica locale, che dell’immagine pessima di cui gode dallo Stretto alle Dolomiti non si cura.
Il cambiamento vero e radicale deve venire dai calabresi che debbono passare dall’astensione sterile e dalla disistima per i politici solo sussurrata all’esercizio pieno del loro potere di cittadini elettori.

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