Occhiuto scontato, harakiri a sinistra e fuga dalle urne

Il successo del centrodestra alle Regionali era dato per certo già da tempo. Ma non cancella gli errori degli sconfitti, mentre l'astensionismo continua a crescere confermando il distacco tra i calabresi e la politica

Condividi

Recenti

La Calabria ha reso facile la vita in questa elezione regionale sia ai sondaggisti sia ai commentatori. La vittoria del centrodestra con Roberto Occhiuto era ed è stata oggi il dato più scontato nel panorama nazionale. Il candidato alla presidenza era forte perché capogruppo alla Camera per Forza Italia e vedremo se anche e in che misura per il concorso obiettivo della lunga sindacatura a Cosenza del fratello Mario, al quale il veto di Salvini (e la tiepida difesa del Cavaliere) era costata la candidatura ed un altrettanto probabilissima elezione nella scorsa tornata elettorale.

L’astensione cresce

Una prima lettura dei risultati in Calabria, pur soggetta a molti rischi per l’assenza dei dati definitivi delle singole liste, è possibile farla. Innanzitutto va sottolineato che il dato delle astensioni già basso è, sia pure di poco, ulteriormente aumentato. Non se ne può fare la questione principale in sede di analisi perché la migrazione di residenti in Calabria verso altre città per ragioni di studio o di lavoro è una variabile tutt’altro che marginale.

Come avrebbero votato le decine di migliaia di giovani calabresi che mancano all’appello non lo può dire nessuno. Ma ci sono indagini anche affidabili che collocano questa parte della popolazione calabrese in forzato o volontario “esilio” nell’area più critica e severa nel giudizio sulla politica. In particolare, quella che in Regione con la compianta Santelli e poi con il ff Spirli hanno rappresentato il potere politico e le connesse responsabilità. Quelle reali e quelle percepite.

L’harakiri del centrosinistra

Se è facile parlare di chi ha vinto è altrettanto facile, vedremo però con quanti equivoci sottesi, dire chi ha perso. Ha perso il centrosinistra che in regione ha costruito il suo ennesimo harakiri. Due liste ufficialmente riferibili al Pd, una che avrebbe dovuto rappresentare un presente e futuro nel segno – vero o fasullo – della discontinuità ed un’altra inventata da Oliverio con conclamato spirito di rivalsa (peraltro mancata) che certo neppure in stato di ebbrezza alcolica si potrebbe ascrivere al nuovo che avanza, sono un suicidio politico.

Il problema che si pone è di capire se era possibile fare diversamente con un “centro sinistra largo”. Quello che piaceva a Zingaretti e ripeteva come un mantra da Bersani, sussurrato meno convintamente da Letta, che in realtà era “largo” se il M5S nella versione Conte non si fosse liquefatto, a quanto pare, in Calabria e non solo .

La brutta copia della DC

Il Pd di oggi è diventato non il soggetto politico che doveva dare ruolo e rappresentanza ai post comunisti e ai post democristiani più progressisti, ma una brutta copia della stessa DC. Questa era un arcipelago che teneva insieme politiche diverse nell’arco sinistra-centro-destra. Nella versione più clemente era tenuta insieme da valori condivisi e in quella più cinica era fondata sulla pratica del potere. Che non è una malattia della politica: è la funzione primaria della politica. Potere inteso come servizio ai cittadini, però, in linea con il sistema valoriale di riferimento.

Il PD, quello calabrese in particolare, non ha l’abilità democristiana. E le sue crepe, talora le sue voragini interne, le esibisce impunemente e impudicamente.
Il partner che, sia pure a macchia di leopardo, il PD ha scelto come il più appetibile è appunto il movimento di Conte, indicato da Zingaretti come il il leader del suindicato centrosinistra largo. Lo ha fatto con un inedito, ignorando tutte le frane realizzate nei gruppi parlamentari grillini e previste da tutti i commentatori, al pari di chi comunica di volersi sposare non conoscendo né nome né fattezze né la volontà scambievole di convolare a nozze della virtuale sposa.

Il pendolo si ferma

I calabresi leggono poco  e questo aiuta anche questi funambolismi che la sinistra regala come dote aggiuntiva al centrodestra. Ma capiscono cosa è la rissa permanente, il rifiuto ostinato a fare spazio a una classe dirigente giovane e più capace. Soprattutto determinata a vincerle le elezioni, non a perderle quasi compiacendosene.

Il secondo posto non ti dà i lustrini del vincitore, ma ti assicura una tavola apparecchiata per la spartizione dei “Poteri”. Vera o falsa, questa è la convinzione diffusa e radicata. Al punto che “il pendolo della politica” di cui ho scritto citando il politologo Isaia Sales si è fermato dopo cinque ex presidenti che lo hanno rispettato.

De Magistris e la discontinuità

Infine de Magistris: il suo investimento era proprio il suo passato di pubblico ministero a Catanzaro impegnato in un’indagine contro i vari poteri occulti calabresi. Non ha funzionato come magistrato costretto a dimettersi. Non ha funzionato come proposta politica radicalmente puntata contro gli stessi ambienti e i personaggi occulti o “deviati”.

La discontinuità radicale, da cui forse la Calabria trarrebbe beneficio, non è possibile se confezionata solo come proposta politica. Ha necessità di diventare patrimonio sociale condiviso. Quindi ha bisogno di molti fattori: una società aperta alla vera partecipazione secondo il modello di cittadinanza attiva, una scuola e un’università che non siano baluardi di conservazione, un’informazione libera e diffusa, una cultura che renda più consapevoli e forti i più giovani, non obbligati a fuggire dalla Calabria privandoli di competenze, menti aperte, libere dalla sclerosi dell’attuale società civile.
È un cocktail di cui non conosciamo neppure il sapore.

Sostieni ICalabresi.it

L'indipendenza è il requisito principale per un'informazione di qualità. Con una piccola offerta (anche il prezzo di un caffè) puoi aiutarci in questa avventura. Se ti piace quel che leggi, contribuisci.

Iscriviti alla Newsletter

Ricevi in anteprima sul tuo cellulare le nostre inchieste esclusive.