A Fujikawaguchiko, ridente cittadina alle pendici del Monte Fuji, simbolo del Giappone, le autorità cittadine hanno deciso di oscurarne la vista, divenuta insostenibilmente virale con strascico di liti quotidiane pedoni/vigili/automobilisti, a mezzo tendone. Ma poiché si sa che quando si tratta di scattare foto, ragione pressoché unica del suo allontanarsi da casa, l’Homo Turisticus diventa intrepidamente scaltro, starà sicuramente già pensando di aggirare l’ostacolo salendo sul tetto del sottostante minimarket Lawson – un sottostante in senso ovviamente compositivo -, con i vò cumprà locali che già fanno scorta di scale di corda avvolgibili.
Per i più il paesino rischia però di essere irrimediabilmente cancellato dalle rotte turistiche: che cosa ci si va fare a Fujikawaguchiko (!) se non si può scattare l’ennesima foto-trofeo uguale a tutte le altre? E così, dopo la sciagurata cancellazione del fortunoso “volano dell’economia” (espressione divenuta virale anche qui fra gli assessori di provincia alla Palmiro Cangini, aka Paolo Cevoli), c’è sicuramente chi si starà già attivando per fondare il “movimento per la liberazione del panorama” con relativo hashtag, #FreedomInstaFujikawaguchiko, mentre il sindacato locale dei B&B si mobiliterà per azioni di sabotaggio notturne e festive contro il tendone della vergogna che rischia di avere effetti disastrosi sulla suddetta economia locale. Secondo la CGIA di Mestre, resasi prontamente disponibile ad una valutazione terza, si tratta di un view point che considerando l’indotto, e al netto della svalutazione galoppante, vale intorno al miliardo di Yen settimanale, nonché parecchissimi posti di lavoro.
In tanto fermento, gli unici a gongolare sono gli sciami di turisti pre-tendone che hanno visto salire vertiginosamente le quotazioni delle proprie foto, con alcuni che hanno già costituito una cooperativa con relativo punto vendita proprio di fronte al tendone, con possibilità di inserire digitalmente fino a tre familiari per foto all inclusive; per nuclei familiari più numerosi è data la possibilità di contrattare un piccolo extra in loco.
Ironie a parte, bisogna dire che in epoca di overtourism si tratta sicuramente di un atto che impone una riflessione sulla necessità di riappropriarsi degli spazi cittadini, ponendo allo stesso tempo un limite, se non uno stop, al processo di gentrificazione in corso in tutto quel mondo un tempo benedetto dal turismo.
Attilio Lauria