Scrivere di immigrazione mettendo da parte la mia coscienza, nella quale sono scolpiti principi che impongono di soccorrere chiunque sia in difficoltà in qualsiasi situazione e zona del “globo terracqueo”, è impresa ardua. Tuttavia ci voglio provare, e lo faccio componendo un mosaico composto dalle seguenti tessere.
Migranti? Un’opportunità, parola di Occhiuto
«I flussi di migranti sono difficilmente arginabili… Penso che in un Paese di 60 milioni di abitanti, 100 mila migranti non dovrebbero essere molti da integrare; diventano, invece, troppi quando non c’è integrazione, quando si costruiscono dei ghetti magari a ridosso delle stazioni. Ma un Paese moderno che si affaccia sul Mediterraneo il problema dell’integrazione dei migranti avrebbe dovuto affrontarlo e risolverlo già da tempo. Io ho proposto, per esempio, di organizzare un’accoglienza diffusa… Troppe volte in Italia si è discusso del problema dell’immigrazione senza capire come potesse essere arginato facendolo diventare un’opportunità… Quelli che oggi vengono in Europa scappano dalla fame, dalle guerre, dalla morte. Un Paese civile è un Paese fatto di donne e uomini che non hanno una concezione proprietaria del territorio nel quale hanno avuto la fortuna di nascere e di vivere».
Queste dichiarazioni sono tratte da un’intervista. Non le ha rilasciate Gino Strada buonanima. No. È il presidente della Regione Calabria a parlare, Roberto Occhiuto.
La legge Loiero
La legge regionale 18/2009 (c.d. “legge Loiero”, anche per dare a Cesare quel che è di Cesare) prevede che la Regione Calabria «nell’ambito delle proprie competenze, ed in attuazione dell’articolo 2 del proprio Statuto, concorre alla tutela del diritto d’asilo sancito dall’articolo 10, terzo comma, della Costituzione della Repubblica promuovendo interventi specifici per l’accoglienza, la protezione legale e sociale e l’integrazione dei richiedenti asilo, dei rifugiati e dei titolari di misure di protezione sussidiaria o umanitaria presenti sul territorio regionale con particolare attenzione alle situazioni maggiormente vulnerabili tra le quali i minori, le donne sole, le vittime di tortura o di gravi violenze» e «promuove il sistema regionale integrato di accoglienza e sostiene azioni indirizzate all’inserimento socio-lavorativo di rifugiati, richiedenti asilo e titolari di misure di protezione sussidiaria o umanitaria».
Gli accordi di “esternalizzazione” (anche i termini hanno una loro importanza, e questo è orribile se l’argomento è l’immigrazione) con Tunisia e Libia, regalando motovedette e supportando le intercettazioni in mare insieme a Frontex, non hanno fermato la fiumana di disperati che fanno rotta verso l’Italia.
È invece cresciuta e cresce giorno dopo giorno: “come può uno scoglio arginare il mare?”.
Scuola, demografia, famiglie
È di questi giorni l’accendersi del dibattito sul dimensionamento scolastico, il cui frutto avvelenato è la scomparsa di un buon numero di istituzioni scolastiche dotate di autonomia dovuta essenzialmente al calo della popolazione. Ne abbiamo già scritto circa sette mesi fa, quindi rinviamo a quell’articolo.
Il “ricongiungimento familiare”, oltre ad essere un istituto giuridico per richiamare i congiunti nel Paese dove il migrante ha trovato nuove opportunità di vita, è diventato una pratica che coinvolge la nostra terra. Personalmente, conosco almeno una ventina di famiglie che hanno deciso di trasferirsi in altre zone dell’Italia, soprattutto al Nord, per raggiungere i figli che hanno stabilito in quei luoghi il centro dei loro interessi di studio/formazione/lavoro. La spiegazione è semplice e rassegnata: «E perché dovremmo rimanere qui?». Oltre all’affetto, incide la necessità di aiutare i membri della famiglia nella gestione quotidiana dei figli, o anche esigenze economiche se la remunerazione non è adeguata ai costi da affrontare per condurre un’esistenza “libera e dignitosa” (viva la nostra Carta!).
In un video, girato a Lampedusa nella notte del 14 settembre, si vedono abitanti dell’isola, turisti, immigrati, ballare per le strade tutti insieme, sorridenti. Quella che per molti seguaci del ministro della paura uscito dalla fantasia di Antonino Albanese è un’emergenza, un disastro, una calamità simile a terremoti e inondazioni, si può trasformare in qualcosa di gioioso, in vita ed arricchimento reciproco. D’altra parte, Riace sta in Calabria, non in Veneto.
In definitiva, invece di andare appresso alla propaganda e alle scelte securitarie dei vari Minniti, Salvini, Meloni, i cui risultati sono sotto l’occhio di tutti quelli che non se li bendano, facciamo una scelta diversa.
Migranti e Occhiuto, le ultime parole famose
Presidente Occhiuto, utilizzi gli strumenti a sua disposizione, le funzioni in capo alle Regioni, e quindi anche alla Calabria, per realizzare per i migranti ciò che lei stesso ha proposto: «organizzare un’accoglienza diffusa», in quanto «in Italia si è discusso del problema dell’immigrazione senza capire come potesse essere arginato facendolo diventare un’opportunità».
L’Italia è o no “un Paese civile fatto di donne e uomini che non hanno una concezione proprietaria del territorio nel quale hanno avuto la fortuna di nascere e di vivere”?
Questa, a mio avviso, l’affermazione più significativa del presidente Occhiuto, piacevolmente sorprendente, in quanto cancella in un colpo solo la teoria della sostituzione etnica, quella della non italianità dei cittadini italiani di pelle nera (Paola Egonu, copyright il generale che non voglio neanche nominare), quella (addirittura!!!) della stirpe, riportata alla luce dal Medioevo dal cognato–fratello d’Italia.
Se pensiamo ai Calabresi, tralasciando il resto dello Stivale e delle isole, essi sono il frutto di un miscuglio di etnie, colori di pelle, culture, idiomi, religioni: un vero melting pot in salsa calabrese. Basti pensare che lo Statuto regionale, e la Costituzione italiana, riconoscono sul nostro territorio tre minoranze linguistiche con radici che affondano in centinaia e, in un caso, migliaia di anni.
Occhiuto e le opportunità dei migranti
E allora, presidente Occhiuto, contribuisca a fare rinascere la Calabria partendo dai migranti, da quella che definisce un’opportunità. Siamo d’accordo con lei. Crei le condizioni per portare nella nostra regione nuova linfa. Gente che, come i nostri avi e i nostri coevi, ha una spinta in più, dettata da motivazioni forti, tanto forti da spingerla a rischiare la vita su barchini in balia delle onde o di rimanere internati per settimane a Ellis Island prima di entrare negli USA, o di tornare indietro con lo stesso bastimento dell’andata.
Con la terra abbandonata, a rischio incendi per mancanza di cura e di occhi vigili, tanto da dover ricorrere a droni e telecamere. Con i paesi e le città che si svuotano, e hai voglia a protestare per il ridimensionamento dei servizi (le scuole, in primis, ma non solo) in una fase storica in cui per ognuno di essi le entrare devono coprire in larga parte i costi.
Risolviamo il problema. Anzi: cogliamo l’opportunità. Cosa potrà succedere? Che avremo qualche bambino un po’ meno bianco? E allora dovremmo vietare anche la tintarella e le abbronzature nei centri estetici.
D’altra parte, i medici cubani di bianco hanno solo il camice.