Kabul è vicina, la Calabria metta in campo la sua umanità

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La distanza fisica tra la Calabria e Kabul è meno di 5000 Km. Ma la distanza “vera”, la sola che conta, è quella percepita in forza delle immagini in tv, su Youtube, sui giornali online. Ed è praticamente pari allo 0. Non è poca cosa vedere bastardi all’opera piuttosto che leggere che in Afghanistan si sta preparando una mattanza ad opera di invasati islamisti, con i quali l’ex premier Conte, auspica democristianamente (quale è in tutte le sue fibre) di potere colloquiare costruttivamente avendo intravisto, tra i talebani – lui solo nel mondo – degli atteggiamenti più costruttivi.

Il dramma delle donne

Analogamente, una cosa è discettare nei salotti televisivi sul terribile destino che attende le donne afgane, letteralmente imbrogliate da americani e occidentali (italiani compresi) facendo loro assaggiare per un ventennio il sapore di una pur modesta libertà, aprendo la porte delle scuole e delle università, del lavoro, “addirittura” della rappresentanza politica istituzionale. Le immagini di donne a cui il burqa nega anche la consapevolezza di avere un corpo e un viso – che nella sua mobilita espressiva è non un altro modo di comunicare, ma il più efficace e limpido modo di farlo – colpiscono chiunque.

L’umanità prima di tutto

Ma disporre di immagini, spesso crude , fra i tanti effetti obbliga anche all’esercizio della verità, innanzitutto su se stessi. Comporta la condivisione del dolore di uomini e donne che sanno di non avere un futuro degno di essere vissuto, di doversi aspettare nella migliore delle ipotesi una macabra e falsa rappresentazione della vita, priva di ogni relazione con la condizione umana del presente e del futuro.
Verità vuole dire sincerità, solidarietà, donazione di beni materiali e soprattutto immateriali. Significa accettazione senza riserve dell’umanità. Quella che oggi in Afghanistan si rende nel dramma visibile e protagonista, oscurando quanto di analogo accade altrove.

Gli errori dell’Occidente

Chi mette alla prova questo dramma in “presa diretta”? Chiunque, in astratto. Ma non è del tutto vero. La geopolitica non va in vacanza per lasciare posto ai valori esclusivi dell’umanità. Pensiamo agli Stati Uniti. Siamo certi che dietro i decisori politici e militari che hanno confezionato la più impresentabile prova di idiozia e di cinismo non ci siano decine di milioni di cittadini che degli afgani (come dei latinos) se ne fottono altamente in nome dell’America first?
Scontata e pubblica l’esclusiva attenzione ai propri interessi nazionali di altri Stati: Cina, Turchia e chissà quanti altri. Ma la nobile Europa, sede e costruttrice di civiltà , sta operando al meglio? Anche l’Austria che ha subito detto che di profughi afgani neanche a parlarne e via enumerando?

Una storia di accoglienza

Infine, casa nostra. E qui intendo la nostra Calabria, da cui è lecito attendersi che voglia confermare l’immagine di cordialità, accoglienza e generosità che si è guadagnata nel corso della storia. La Calabria è stata l’oasi di salvezza e il rifugio dei valdesi scampati alle persecuzioni della Controriforma. Gli albanesi si sono insediati in Calabria dopo la morte del loro eroe nazionale Scanderbeg, potendo tenersi fedeli ai loro valori etnici e religiosi. E – senza la validazione della storia, ma della realtà quotidiana – la Calabria, almeno la maggior parte di essa, non ha in sé il germe del razzismo e dell’intolleranza.

Nessuno è perfetto

Certo, non siamo noi calabresi un popolo eletto se coltiviamo da tempo la mala pianta della mafia, della corruzione, dell’interesse egoistico. Non sono popolo eletto i caporali che a San Ferdinando e Rosarno sfruttano i “nivuri” come bestie. Non siamo neppure popolo eletto quando tolleriamo uno Spirlì qualsiasi che ha fatto il giro di tutte le sagre, ma mai si è avvicinato ai luoghi della sofferenza, immigrati e calabresi insieme.

Non siamo un popolo eletto quando i cittadini di Riace, sulla scia di una magistratura farisaica, scacciano il sindaco che l’ha resa nota al mondo per insediare un leghista che suona scherno all’esperienza di Lucano. Non siamo popolo eletto quando non prendiamo le distanze dal leader leghista nazionale. Quello che fino a l’altro ieri ci insolentiva in quanto meridionali. Quello che, a proposito di Afghanistan, prima “concede” che 10 (dieci) afgani in fuga possano essere accolti in Italia come profughi, poi – consapevole del ridicolo – allarga la sua “generosità” alle sole donne e ai bambini, in numero imprecisato. Gli uomini, padri, figli, fratelli? Che se la vedano tra di loro, i “negher”.
Ora, per rispetto alla nostra storia e al nostro presente, mi piacerebbe pensare che i calabresi non vorranno condividere almeno queste incivili banalità.

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