La citazione è lunga, e la chiosa ne riporta una seconda davvero illuminante. Ma per il suo contenuto, il suo autore, l’anno in cui è stata partorita, vale la pena di leggerla fino in fondo.
Le parole di Joseph Roth
«Se fossi papa, vivrei ad Avignone. Sarei felice di vedere ciò che è riuscito a realizzare il cattolicesimo europeo, quale grandiosa mescolanza di razze, quale miscuglio colorito delle più disparate linfe vitali. Sarei felice di constatare che nonostante questo rimescolio il risultato non è una tediosa uniformità. Ogni persona porta nel proprio sangue cinque diverse razze, antiche e recenti, e ogni individuo è un mondo che ha origine in cinque diversi continenti. Ognuno capisce tutti gli altri, e la comunità è libera, non costringe nessuno a comportarsi in un determinato modo. Ecco qual è il grado più alto di assimilazione: ognuno resti com’è, diverso dagli altri, straniero rispetto ad essi, se qui vuole sentirsi a casa propria. Un giorno il mondo avrà l’aspetto di Avignone? Che timore ridicolo hanno le nazioni, e perfino le nazioni in cui si vanta una mentalità europea, se credono che questa o quella “peculiarità” possa andar perduta e che dalla colorita varietà degli esseri umani possa scaturire una poltiglia grigiastra! Gli uomini infatti non sono dei colori, e il mondo non è una tavolozza! Quanto più numerosi sono gli incroci, tanto più nette resteranno le peculiarità! Io non riuscirò a vedere quel mondo meraviglioso in cui ogni singolo rappresenterà l’intero, ma già oggi intuisco un simile futuro quando siedo nella piazza dell’Orologio di Avignone e vedo rifulgere tutte le razze della terra nel viso di un poliziotto, di un mendicante, di un cameriere. È questo il grado più alto di quella che viene chiamata “umanità”. E l’umanità è l’essenza della cultura provenzale: il grande poeta Mistral, alla domanda di un dotto che gli chiedeva quali razze vivessero in questa parte del paese, rispose stupito: “Razze? Ma se di sole ce n’è uno solo!“.
Questo brano è tratto dal libro Le città bianche di Joseph Roth. Nel 1925, il grande scrittore mittleuropeo fu inviato dal Frankfurter Zeitung nelle località della Provenza – tra le altre, Avignone, Lione, Marsiglia, Vienna, Tarascona – caratterizzate, appunto, dal loro colore dominante.
Cinema al Circolo Zavattini
Queste magnifiche corrispondenze si trovano in un libro che ho letto nello stesso periodo in cui il Circolo Zavattini di Reggio propone una rassegna che comprende alcuni film francesi, l’ultimo dei quali è stato L’anno che verrà, del 2019, per la regia di Mehdi Idir e Grand Corps Malade. La storia narra di una scuola media in cui dai primi anni si concentrano in classi di sostegno gli allievi che non esprimono opzioni su materie come il latino, lingue straniere o musica. La vice preside appena arrivata, Samia, francese di seconda generazione, prende a cuore le sorti di alcuni alunni di origine maghrebina e sub sahariana, con un contesto familiare segnato da difficoltà di vario genere. Al di là della bella trama dell’opera, m’interessa prendere in considerazione un altro aspetto, legato a quanto esplicitato da Joseph Roth.
Il cinema d’Oltralpe, in questa e in tante altre occasioni, ha tratto enorme vantaggio dalle “linfe vitali” delle quali scrive Roth. È l’ennesima dimostrazione, nota a chi sa leggere l’evoluzione umana senza pregiudizi e preconcetti ideologici, del contributo fondamentale che può venire a ogni Paese dall’iniezione nel suo corpo sociale, economico, politico, di forze fresche, di idee e punti di vista e conoscenze e culture differenti.
Nello scritto di Roth vi sono altre riflessioni. Quello che oggi chiameremmo melting pot sarebbe il frutto dell’azione del cattolicesimo europeo, che ha realizzato una «grandiosa mescolanza di razze, (un) miscuglio colorito delle più disparate linfe vitali». Inoltre, il “rimescolio” non produce “una tediosa uniformità”, ma persone che portano in sé le proprie caratteristiche (di razza: allora il termine era di uso corrente) perché nessuno è “costretto a comportarsi in un determinato modo”.
Il mondo che immagina Joseph Roth
Nel mondo futuro che Roth immagina, consapevole che non avrà il tempo per ammirarlo, dalla commistione scaturisce non una “poltiglia grigiastra”, ma una società nella quale ognuno manterrà la propria identità, nel rispetto di quella altrui.
Una vera lezione, quella di Joseph Roth, che dovrebberoe mandare a memoria soprattutto i governanti e i cittadini di quelle nazioni affette dal “timore ridicolo” di subire chissà quali stravolgimenti, chissà quali “sostituzioni etniche”, addirittura programmate da menti diaboliche.
Capita abbastanza spesso di rilevare in qualche grande del passato un pensiero attuale, perfettamente adattabile alla realtà dei nostri giorni. Credo che questo sia un caso emblematico di pensiero eterno, di analisi e conclusioni sempre valide, dai tempi dei cacciatori – raccoglitori fino ai nostri giorni. Un dubbio, tuttavia, rimane, instillato nella nostra mente dalla stretta attualità: se il mondo vaticinato da Joseph Roth lo vedremo noi o i nostri posteri, o nessuno mai.