Alle sei di questa mattina Reggio Calabria era avvolta dal fumo e dall’odore acre degli incendi ancora in corso che hanno divorato l’hinterland cittadino. Nonostante un morto, intere aree distrutte, la costa Viola sfregiata, l’emergenza è ancora in corso. Da tutto il giorno, e ancora mentre scrivo, l’eco dell’elisoccorso e dei canadair che volano senza sosta rimbomba in tutta la città. L’aria è irrespirabile, come lo era ieri e come lo è stata stanotte.
Se non fosse chiara la dimensione del disastro che sta colpendo la Calabria e la Sicilia, è sufficiente andare a dare uno sguardo alle mappe del fuoco in tempo reale sul sito della Nasa. Non esistono ammende, riparazioni, mea culpa. Colpire un territorio con questi atti che devono essere inquadrati come vere e proprie condotte terroristiche significa causare danni irreparabili e permanenti che causeranno effetti per gli anni a venire. Non solo in termini di salvaguardia di flora e fauna (e basterebbe quello), ma di costi sociali che si riverberano in tutti gli ambiti.
L’eterna litania sugli incendi in Calabria
Adesso ricominceremo con le solite litanie circa le cause di questa ecatombe. In un indistinto e maleodorante vociare da bar, la sequela sarebbe più o meno questa, con alla base sempre il vile danaro: accesso ai fondi europei per la riforestazione, compensi per le missioni in emergenza delle flotte aeree dedicate, rigenerazione dei pascoli, lavoro dei forestali (la proposta di privatizzazione di Calabria Verde cade proprio a fagiuolo), riaccatastamento delle aree agricole e/o boschive in terreni edificabili (ipotesi lunare per la legislazione che tutela le aree ambientali), piromania, roghi colposi nati da errore umano e tramutatisi in disastro ambientale, criminalità organizzata e perfino micragnose ripicche tra vicini di casa per ragioni di varia natura tra cui il deprezzamento dei terreni coinvolti per una più conveniente compravendita.

Forse ognuno di questi punti contiene un pezzetto di verità. Ma la verità in questo caso serve a poco. Le indagini per il disastro del fuoco dell’estate 2021 in Aspromonte si sono chiuse con un nulla di fatto. Nessun colpevole, ma un rimpallo di eventuali responsabilità la cui scia arriva al fuoco di oggi, giorno in cui piangiamo un morto, diverse abitazioni minacciate, interi poderi divorati dalle fiamme, boschi ridotti in cenere, linee ferroviarie e arterie stradali interrotte.
Gestire (male) l’emergenza, nulla più
Ma il senso vero, la desertificazione delle aree interne, dei costoni di montagna, lasciati alla rovina dell’abbandono, battuti e vissuti più da nessuno, senza coltivazioni, senza uomini che le preservano, non si azzarda a tirarlo fuori nessuno. Parliamo del massimo comune denominatore che rende queste catastrofi sempre più drammatiche.
Non c’è nessuno che abbia interesse a preservarle e tutelarle se non come cocci di una bomboniera che è comunque andata in frantumi. Territori senza uomini e vallate deserte continueranno a subire questa sorte perché nessuno ha la lungimiranza di programmare strategie adeguate e di lungo termine. Non ci sono droni che tengano. Ci si limita a cercare di gestire – male – l’emergenza. Fin quando non ci sarà più nulla da gestire.
Nel frattempo in queste ore non ho sentito un politico, che sia uno, spendere una parola, manifestare solidarietà, o annunciare provvedimenti concreti. In compenso abbiamo tutti visto i video social del presidente Occhiuto alle prese con i droni davanti a una stazione di monitoraggio video. Ma si sa che oggi vale in comunicazione quella strana legge per cui un esempio, che è poi il pallido simulacro di una realtà falsa e distorta, diventa per antonomasia la scopa politica paradigmatica con cui mettere il resto della polvere sotto un tappeto di vuota sostanza. Il medium è andato ben oltre il messaggio.
Terrorismo e social network
Vorremmo invece vedere pienamente applicato l’articolo 423 bis del codice penale, inasprito con il DL 120/2021, che punisce gli atti incendiari boschivi con al reclusione da 5 a 10 anni. Vorremmo la certezza della pena, vorremmo indagini approfondite capaci di individuare e punire aspramente chi colpisce il nostro futuro. E non basta: vorremmo che, per la rincorsa che hanno preso gli stravolgimenti climatici che continuano ad essere negati da personaggi come il ministro Salvini (basta scorrere i suoi ultimi post social), simili atti fossero equiparati ad atti terroristici.
Vorremo questo e tanto altro. Vorremo, ma ci limitiamo a postare.