Il mare non bagna Lamezia

Tanti visitatori in questi mesi, ma la città non è sembrata pronta. E la vitalità mostrata in altri settori svanisce quando si parla di turismo balneare. Incapacità o scelta mirata?

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Apriamo assieme una nuova pagina di Google, sul computer o telefonino che sia. Clicchiamo sulla barra e scriviamo quanto segue: “Marina di Lamezia Terme”. Basta un attimo: “Ma-ri-na di La-me-zia Ter-me”.
Cosa compare nell’elenco dei risultati? Un sito generalista in cui sono inzeppate le spiagge – vere o presunte – di tutto il Paese. A corredo, una fotografia che non pare per nulla Lamezia Terme. E poi cos’altro? Vaghi suggerimenti di spiagge del Tirreno prossime alla città della Piana di Sant’Eufemia e una manciata disordinata di canali per prenotare viaggi su gomma e su rotaia.

Forse abbiamo sbagliato noi la ricerca; perciò riproviamoci e scriviamo “Lamezia Terme Lido”. Cosa troviamo adesso? Nuovamente altre cittadelle vicine, ma non ciò che desideriamo, e una lista di megasiti di viaggi che ci propongono esperienze non di nostro interesse. In una parola: decine di risultati che non soddisfano affatto la nostra ricerca.
Ci sorge, a questo punto, un dubbio, una domanda legittima: ma Lamezia Terme è bagnata dal mare?

I due lungomari di Lamezia Terme

Ebbene sì, Lamezia Terme è bagnata dal mare. O perlomeno sembrerebbe. Esiste anche un lungomare. In vero addirittura due – il “Falcone-Borsellino” e quello (senza denominazione ufficiale) di località Ginepri – di costruzione anche abbastanza recente (inaugurati nell’estate 2014). Per circa due chilometri corrono paralleli alla linea della battigia, toccando le altre due località rivierasche ricadenti nel territorio comunale lametino di Cafarone e Marinella.
La risposta al nostro interrogativo, pur senza il sostegno di Google, pare esserci giunta: Lamezia Terme è bagnata dal mare. E, approfondendo la nostra ricerca, veniamo a sapere che lo è anche per una buona dozzina di chilometri, dal confine con la contigua spiaggia del comune di Gizzeria a Nord fino al pontile della ex Sir, l’area industriale della città, fra i simboli del flop (o della truffa) della industrializzazione della Calabria partita negli anni settanta del Novecento, a Sud.

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Il pontile dell’ex SIR a Lamezia

Dai brasiliensi ai “lamentini”

Del tratto costiero, passato circa a metà dal fiume Amato (l’antico Lametos da cui ha origine parte del nome alla città), però in pochi sono concretamente a conoscenza. In primis gli abitanti della città-miraggio nata il 4 gennaio 1968 a seguito della unione coatta dei tre ex comuni autonomi di Nicastro, Sambiase e Sant’Eufemia Lamezia, primo esempio di conurbazione fra municipalità che non ha mai portato ai risultati sognati oltre mezzo secolo fa. Quelle bizzarre fantasticherie avrebbero voluto Lamezia Terme la Brasilia del Sud Italia (curioso binomio fondato sulle origini politiche della capitale pianificata, messa in piedi fra il 1956 e il 1960 sull’altopiano del Planalto Central per unire e dare sviluppo a tutto il Brasile, ma forse – ipotesi cialtronesca dell’autore – soltanto perché i dialetti calabresi hanno un suono parente alla lingua portoghese parlata nella nazione al di là dell’Oceano).

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Vita nel campo di Scordovillo

L’ambizioso obiettivo era rendere Lamezia il centro politico e culturale dell’intera regione. Così non è stato – chissà se lo sarà mai – con buona pace dei lametini più campanilisti, o anche più ottimisti. Una anomalia sociale quest’ultima, comunque una sparuta minoranza, ché i lametini sono chiamati localmente e bonariamente “lamentini” per la loro tendenza a lamentarsi; una indole spesso aprioristica e ingiustificata, data dalla scarsa coscienza del fatto che attorno, entro i confini regionali, insistono situazioni di degrado e incuria socioculturali ben maggiori rispetto a quelle della città della Piana, in cui la situazione più difficile è storicamente concentrata nel campo rom, il più vasto del Mezzogiorno, di Scordovillo.
Ma questa è un’altra storia.

L’estate sta finendo… ma è cominciata?

Riprendiamo a passeggiare lungo il bagnasciuga del mare che probabilmente c’è di Lamezia Terme. Lo scenario è lo stesso da sempre: attorno a noi pochi bagnanti, perlopiù indigeni, amareggiati dalle acque difficilmente pure e cristalline di questo tratto di costa bagnato dal Golfo di Sant’Eufemia, cronicamente afflitto dai problemi legati alla depurazione e agli sversamenti abusivi di liquami.
Il sole sta per tuffarsi in acqua, lo sta facendo sempre qualche minuto prima rispetto al giorno precedente. La silhouette di Stromboli si inscurisce e capiamo che un’altra estate sta volgendo al termine. Inizia il tempo in cui stilare un bilancio, ma a Lamezia oramai neppure ci si pone più il problema se sia andata bene oppure no la stagione balneare, ché una vera stagione balneare non è mai cominciata nella breve striscia di spiaggia pressappoco antropizzata con il lungomare dedicato ai due giudici uccisi da Cosa nostra nel ’92 e la pineta in parte vandalizzata e a cui sovente viene donata una nuova incivile destinazione d’uso, quella di parcheggio.

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Un panorama del Golfo di Sant’Eufemia

Purché si organizzi…

L’estate 2023 ha visto sul lungomare “Falcone-Borsellino” di Lamezia Terme spettacoli d’arte, serate musicali e qualche sagra paesana per nulla attinente alle tradizioni locali – delle penne all’arrabbiata, della pizza, della birra, del tartufo di Pizzo. Decine e decine di eventi culturali e culinari – ché il panem et circenses è una garanzia da millenni –, di certo non inediti, non così attraenti per i turisti e svolti con alterne fortune, ma che hanno dato una boccata di ossigeno ai pochi, stoici stabilimenti balneari aperti sulla costa lametina.

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Il tradizionale (non a Lamezia) tartufo di Pizzo

Serate che, a detta di molti, non hanno trasmesso grande organizzazione – anzi, piuttosto a emergere era una certa improvvisazione –, in specie dal punto di vista della comunicazione. Eventi senza grosse aspettative, insomma, come se si dovesse per forza organizzare qualcosa al fine di sentire, anche a Lamezia, l’estate addosso; nulla che possa essere ricordato oltre la notte della festa, che lasci un “alone duraturo” nella vita sociale cittadina. E questo è un gran peccato, che riga di rammarico i volti dei tanti lametini – la stragrande maggioranza – che, magari pur non ammettendolo neppure sotto tortura, amano la loro città.

Cultura e turismo a Lamezia Terme

Ci si sta focalizzando sugli aspetti turistico-balneari della città, non sulla sua vitalità, ché è indubbio che Lamezia Terme sia una città effervescente. Le associazioni culturali germogliano e lavorano senza sosta, non soltanto quando piovono in casa i soldi di qualche bando. Si svolgono festival letterari e cinematografici con ospiti di caratura nazionale, esiste un museo archeologico statale, dei siti storici e architettonici fruibili come la Abbazia benedettina di Santa Maria di Sant’Eufemia risalente alla seconda metà dell’XI secolo; ci sono caffè letterari, teatri, librerie e biblioteche: un’offerta culturale da fare invidia a quasi tutti gli altri paesi della regione e non solo.

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L’Abbazia benedettina

Il turismo poi, seppur la città non abbia mai avuto una spiccata vocazione turistica e nemmeno questo impellente interesse a diventarlo, esiste. Contenuto, che non produce lunghi “oooh” di stupore, ma esiste. Da maggio a settembre, gruppi di turisti, italiani e stranieri, passeggiano per le vie del centro e affollano i locali. Pernottano nei molteplici alberghi e b&b da qualche anno spuntati come porcini e gallinacci in ogni angolo della vastissima città, non soltanto nel centro o nei dintorni dello scalo ferroviario principale o dell’aeroporto internazionale.

L’aeroporto di Lamezia Terme e i turisti

Di sicuro l’aeroporto internazionale di Lamezia Terme “Sant’Eufemia” codice IATA: SUF – ché è questa la sua unica denominazione possibile – è il principale artefice della notorietà della città e del flusso turistico locale, sia di passaggio che stazionario. Efficiente punto di riferimento per i viaggiatori e turisti che vogliono visitare la arcaica e misteriosa Calabria – ché mica è cambiata poi tanto la visione della Calabria all’estero rispetto a quella dei viaggiatori del Grand Tour –, quello di Lamezia è pure per tantissimi versi anche il solo autentico scalo aeroportuale della regione, con voli a basso costo di compagnie internazionali volte a promuovere il modo di fare turismo del nostro secolo.

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L’aeroporto di Lamezia

Certo, buona parte delle persone che atterrano sulla pista parallela al mare lametino (che c’è allora!) poi si spostano verso le mete turistiche più gettonate e attrezzate della nostra terra (Tropea e Soverato), facendo ritorno nella città della Piana soltanto per salire la scaletta dell’aeroplano del ritorno. Ma è chiaro che a Lamezia qualcuno si fermi, anche per una sola notte, e financo il meno obiettivo dei lametini/lamentini non potrà non ammettere che una corposa affluenza turistica si è vista in città questa estate. E il medesimo poco obiettivo lametino non potrà ugualmente non convenire sul fatto che forse la città non è sembrata così pronta.

Un piccolo sforzo in più

Peccato. Un luogo strategico come Lamezia Terme, al centro della Calabria, del Sud e del Mediterraneo, e con una popolazione così vibrante potrebbe fare quel pizzico di sforzo in più per rendersi conforme e più appetibile alle esigenze del turismo d’oggigiorno. Oppure che sia proprio questo il punto? Non sarà mica solo una tattica per non omologarsi ai dettami della società di massa?
Potremmo rifletterci, ma siamo troppo stanchi, siamo ancora così fiaccati dalla lunga calura estiva. Perciò assopiamoci col rincrescimento – per carità, nulla che ci tolga né la fame né il sonno – di un’altra estate perduta. Senza somme da tirare, senza orizzonti, senza sogni e senza mare.
Oh, che peccato che il mare non bagni Lamezia.

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