La decisione della Commissione di garanzia, che ha ritenuto non accoglibile il ricorso del Chievo decretandone di fatto la scomparsa dal panorama calcistico, almeno quello professionistico, è ingiudicabile e impresentabile. Lo è innanzi tutto dal punto di vista etico perché all’accertamento negativo a carico dei clivensi non corrisponde, come da norme e prassi, la riammissione in serie B del Cosenza , procurando un danno che prescinde anche da eventuali decisioni favorevoli del TAR. Perché imporrebbe di allestire una squadra quasi da zero, prepararla atleticamente e metterla in campo dopo solo de settimane.
Certo, a questo ha concorso il solito Guarascio che, furbo come una volpe – immagino che questo e altro egli si ritenga – ha puntato su un solo colore della roulette e quindi ora dovrebbe mandare i campo una squadra solo per un torneo di calcetto a 5.
Tornando alla decisione assunta dal Coni, torno a ribadire impresentabile e ingiudicabile, perché è un ibrido tra diritto sportivo – il solo che dovrebbe essere applicato o prevalere parlando di calcio – e diritto amministrativo, quello che coinvolge in prima battuta il Tar e in seconda istanza il Consiglio di Stato.
In un altro articolo pubblicato su I Calabresi viene riportata l’autorevole opinione del professor Vincenzo Ferrari che giudica opportuna e legittima l’attesa delle motivazioni della sentenza. Ineccepibile, ma utile evidentemente solo al Chievo per poter ricorrere al giudice amministrativo. Poco rilevante ad altri fini perché se si vuole sapere se hai vinto o perso, sei stato assolto o condannato, basta il dispositivo. Le motivazioni arriveranno dopo, anche dopo 90 giorni.
A fronte di ciò, come ricorda lo stesso Ferrari, per la prima volta la Fgci non solo subisce l’intervento di un giudice estraneo all’ordinamento sportivo – è già accaduto ad esempio nel 2003 quando il Catania fu ammesso alla serie B a 21 squadre, mentre il Cosenza fu letteralmente massacrato per permettere alla blasonata Fiorentina di fare un doppio salto carpiato dalla C2 alla B – ma in questo caso addirittura lo sollecita, rinuncia alla sua giurisdizione, che in caso di ammissione del Chievo a danno del Cosenza manda letteralmente in vacca la giustizia sportiva.
A cosa sono servite due sentenze degli organi sportivi se sono scritte sulla sabbia bagnata dalle onde marine?
Quindi, fuori dai denti, chi non si fida di Gravina e della sua monocrazia giudicante ha molte ragioni. Cosenza sarà come dice qualcuno “una piazza importante”, classica dichiarazione di allenatori e giocatori di fresco ingaggio, ma conta poco, come conta poco purtroppo la città e la regione. Chiedere l’aiuto della politica e delle istituzioni per sbrogliare la matassa è come chiedere ai piromani di spegnere l’incendio.
C’ è un altro aspetto da toccare cercando di non cadere nel tecnicismo giuridico.
Da quel che si legge sulla stampa l’insolita scelta di affidare le sorti di due squadre a Gravina, del tutto contraria alla prassi e alle norme vigenti, si lega all’intenzione del presidente della FGCI di ridurre e declassare la B portandola a 18 squadre magari unendola ad una terza serie chiamata, chissà perché, “d’elite“.
Al di là del merito, il legame probabile anche se non esplicitamente dichiarato tra il caso Chievo e il disegno riformatore di Gravina è doppiamente punitivo per il Cosenza. Lo è soprattutto perché un esito favorevole certo e codificato da organi legittimati a farlo, viene rimesso in discussione devolvendo la questione di fatto al solo Tar. E mentre in passato, come ci ricorda il caso Catania , il rischio – molto modesto – sarebbe stato per il Cosenza di giocare in un torneo a 21 squadre. La sottesa anticipazione di un primo passo della riforma di Gravina esclude questa possibilità, in caso di giudizio favorevole al Chievo, e si configura come una sorta di reformatio in peius.
Un istituto bandito dalla giustizia ordinaria talché in caso di appello l’imputato condannato in primo grado non corre il rischio di avere un aggravio di pena.
Quindi, in conclusione, la giustizia sportiva pare essersi calate le braghe affidando l’esito della partita al giudice amministrativo che c’entra con la prima come il cavolo a merenda. Il Cosenza già penalizzato sul piano sportivo dalla sostanziale cancellazione dei tempi minimi per il mercato e per la preparazione atletica verrebbe a trovarsi, nell’ipotesi peggiore, come il solo “imputato” che in appello si vede appioppare una condanna doppia rispetto a quella di primo grado. In italiano si dice: cornuto e mazziato.