Grazie patata della Sila, un’altra Calabria è possibile

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Dobbiamo dire grazie alla patata della Sila, che per promuovere il tubero celebra con orgoglio «l’aria più pulita d’Europa» che si respira sull’altopiano. Credo che sia quasi il solo spot che faccia un cenno positivo alla nostra terra, che pure ha infinite bellezze non ancora deturpate da vandali travestiti da politici, amministratori e imprenditori.
Nella narrazione che circola sulla nostra terra riusciamo a dare il peggio possibile. Ad esempio, una replica ossessiva della presenza oscena della ‘ndrangheta e dei suoi complici, colletti bianchi e grembiuli d’incerto colore. Oppure la varietà unica dal punto di vista culturale, naturalistico e antropologico ridotta alla banalità del bergamotto del corto milionario di Muccino.

La Calabria in coppola e bretelle targata Muccino
La Calabria per sottrazione

L’oltraggio recato negli anni alla Calabria ci obbliga ormai a scegliere quali parti possiamo visitare e far visitare al turista fornito di elementi basici di cultura o semplice buon gusto.
La Calabria si visita e si rappresenta per sottrazione: si parte dal tutto dal Pollino all’Aspromonte e, tolte le brutture fisiche e immateriali, il resto lo si compone in un affresco e in un racconto parziale ma almeno attraente. Anche grazie, vivaddio, alla patata della Sila, che ci assolve dalle coppole storte e dai ciucci, nonché dai luoghi comuni e dalle banalità prodotte in house in dosi industriali.

Alla aritmetica occorre far ricorso anche se si parla del centro storico della città di Cosenza. Occorre anche qui lavorare per sottrazione, togliere edifici di poco o nessun valore architettonico che in compenso contribuiscono ad accrescere l’impatto di decadenza e degrado senza fine. È lo spettacolo dell’attesa di fine vita, che nel caso specifico è il crollo spontaneo per secolare abbandono.
Serve togliere le aree spesso liberate da preesistenti manufatti – con aspri rimbrotti dai cultori dell’intangibiltà del brutto e irrilevante dal punto di vista architettonico – e cancellare i segni dell’inciviltà umana e dell’abbandono di ogni servizio pure dovuto ai cittadini, ovunque collocati.

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Il tetto crollato di un edificio all’ingresso del rione Santa Lucia nel centro storico di Cosenza – I Calabresi
Basta alibi

Occorre, infine, punire come insultante ogni promessa destinata al nulla, ogni progetto di imbrattacarte, ancorché dotati di titoli e fama spesso non pari ai reali meriti, che servono come autopromozione per gli autori e come alibi per amministratori e politici imbelli. Bisogna considerare colpa grave e inescusabile l’assenza dei soggetti istituzionali. Unical compresa, che pare considerare un legame fisico col borgo antico del capoluogo un accidente da evitare per non contraddire l’immagine del campus residenziale come cinta muraria, protettiva da ogni inquinamento territoriale che scaturisca dal fiume Campagnano in poi.

Se al termine della lettura di queste note vi sarete convinti che il centro storico di Cosenza probabilmente resterà più o meno come è ora, affascinante come una centenaria rugosa, temo che abbiate ragione.

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