Grande città, grande bottino

Il primo Dicembre voteremo per dire Sì o No alla città unica con una legge e un referendum costruiti male ma che potrebbero cambiare tutto

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Ci avviamo rapidamente verso il referendum più farlocco della storia dei referendum, costruito apposta da chi vuole che prevalga il Sì disinnescando ogni remota possibilità che le cose vadano diversamente dai loro desideri. Senza il quorum, levato per eliminare le conseguenze di una scarsa adesione al voto, che comunque è solo consultivo quindi privo di un autentico potere decisionale, ci chiamano a decidere se unire il capoluogo a Rende e Castrolibero dando vita alla grande Cosenza. I cosentini, dentro questa visione sbagliata, potrebbero dare sfogo al loro ancestrale campanilismo e cedere alla tentazione  di scrivere Sì, mentre i cittadini di Rende e Castrolibero sembrano comprensibilmente piuttosto resistenti a questa idea di allargamento che sa di conquista. A vincere alla fine sarà solo quella casta che vuole famelicamente allagare il territorio da controllare. Si tratta di un grumo di potere trasversale e da parecchio egemone in città e nella Regione, responsabile, in maniera diretta o indiretta, di alcune delle maggiori sciagure toccate in sorte ai Calabresi, dallo sfacelo della Sanità, al dissesto del Comune di Cosenza, all’impoverimento materiale e immateriale della popolazione.

I miti della modernità e del progresso

Le facce e i nomi sono lì da un tempo così lungo che potrebbe dare l’illusione dell’eternità. Attorno a loro ci sono vecchi vassalli e nuovi sacerdoti chiamati a magnificare le gesta e le idee di chi sta al comando. Nemmeno le parole d’ordine da usare contro chi prova a spiegare le ragioni del No sono particolarmente innovative, infatti il processo di unificazione viene maldestramente annunciato come un ineludibile passo verso la modernità, una tappa dell’urgente progresso che condurrebbe nella direzione della buona amministrazione dei territori. Concetti espressi da chi ha governato e governa da tempo e che fanno accapponare la pelle. Eppure le idee di città “grande”, di metropoli, come luoghi ottimi dell’abitare sono declinate da tempo, lasciando lo spazio alla salvaguardia del “piccolo”, della città maggiormente a dimensione di cittadini, con servizi rapidamente fruibili  e spazi goduti. I cosentini che non vedono l’ora di votare Sì commetterebbero un errore a immaginare un potenziamento della loro città. Cosenza a seguito della unificazione dei comuni rischia di essere destinata a una marginalità tale da condannarla a un ruolo infimo.

 Cosenza  e il rischio di diventare periferia

A causa della necessità di rendere maggiormente baricentrica la nuova creatura urbana, Cosenza potrebbe perdere molti dei servizi fondamentali e anche le residue realtà economiche migrerebbero verso territori maggiormente attraenti e vantaggiosi, accelerando lo spopolamento del capoluogo. Non c’è chi non veda come Rende appaia da subito il luogo dove si concentreranno le attenzioni della speculazione edilizia, anche se già adesso sono numerosissime le abitazioni vuote. Dietro la potente volontà del Sì manca tuttavia una rigorosa programmazione, dentro le 481 pagine dello studio di fattibilità – leggerle tutte è una sfida titanica – ci sono solo buone intenzioni senza il sostegno di dati reali, tanto che al confronto la Città del Sole di Campanella sembra meno utopica e comunque sarebbe più bella. E nemmeno i conti degli ipotetici vantaggi economici sembrano avere concretezza reale, ma piuttosto l’evanescenza del desiderio. La percezione dominante è che andranno a votare in pochi e che di misura prevarrà il Sì.

Una nuova città fatta per i cittadini, non per la speculazione.

A questo punto sarà necessario che si avvii un ragionamento su come i cittadini possano davvero esercitare una qualche forma reale di potere, oltre quello mistificatorio e privo di valore del referendum. Costruire una città nuova, fatta da persone e non solo palazzi, magari prendendo in prestito l’idea di diverse municipalità, non esattamente forme di decentramento, ma di governo diretto di aree più piccole dentro un macro territorio.  Le città o sono lo spazio dei cittadini, oppure sono il luogo del mercato. Nel primo caso vincono le persone, nel secondo vince il saccheggio.

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