Gli indifferenti calabresi e la stampa libera: una relazione complicata

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Il nostro Paletta indica le ragioni per le quali l’informazione in Calabria quando si parla di libertà è agli ultimi posti della classifica, dove peraltro l’Italia tutta non brilla collocandosi oggi in 58esima posizione.
Ci sono diverse ragioni per spiegare l’ennesimo fondo classifica: giornalisti con contratti precari e sottopagati, quindi a rischio di di indebite pressioni da parte dell’editore (e non solo), ad esempio. Ma anche l’assenza pressoché totale di editori puri, cioè interessati a fare un giornale libero e non reticente. Alcuni di essi, anzi, di norma hanno interessi che con l’informazione c’entrano come i cavoli a merenda .

Corporativismo? Macché

Chi pensa che simili considerazioni, peraltro non nuove, siano il riflesso di uno spirito corporativo sbaglia e fa dell’involontario umorismo. La corporazione dei giornalisti calabresi non solo non esiste, ma pesa poco o niente nella vita civile della nostra comunità.
La Calabria per la stampa locale vale zero, perché i quotidiani cartacei hanno la sede legale fuori della regione, in Campania e in Sicilia. Senza offesa, la Gazzetta del Sud (con sede a Messina) che si autodefinisce “giornale della Calabria” va bocciata in geografia.

Messina, i festeggiamenti per i 70 anni della Gazzetta del Sud

Una ferita per la democrazia

Le conseguenze sono quelle note. La povertà e la parzialità dell’informazione non aiutano a fare dei cittadini una comunità che diventa “opinione pubblica”, asse fondativo di una società civile attiva e partecipativa.
Detto in soldoni, questa situazione è una ferita alla democrazia. Che difatti non gode di buona salute con il discredito generalizzato per la politica, una presenza pervasiva della cosiddetta massoneria deviata – più brutalmente, un mix tra borghesia di professionisti e imprenditori e capitali ‘ndranghetisti – e una magistratura in deficit di credibilità e prestigio.

Spiegatelo a loro

Molti penseranno che queste analisi lascino il tempo che trovano e inducano molti a “pensare ai fatti propri”. Utilizzando il dialetto cosentino, chiamerei costoro quelli del «chi mminni frica a mia».
Bene, liberi di dirlo o pensarlo. Ma lo spieghino ai loro figli e nipoti, quasi un terzo del totale dei giovani diplomati (o, più spesso, laureati), che scappano da anni dalla Calabria impoverendo la loro terra. Lo spieghino agli artigiani, ai commercianti e ai piccoli imprenditori che debbono guadagnarsi il diritto a vivere e lavorare. E lo spieghino a tutti i calabresi – siamo un esercito – di prima, seconda, terza generazione sparsi nel mondo. Quelli che hanno dovuto scegliere la condizione di “ emigranti”, non volontari di solito, che non significa propriamente un viaggio “per conoscere il mondo”.

Uno storico titolo di Libero contro i meridionali

Lo spieghino ai nostri connazionali del Nord Italia che vivono e si nutrono spesso di intollerabili pregiudizi ( le famose «scimmie» del tifoso vicentino, che il sottoscritto ha peraltro denunciato per razzismo). Se questa visione del Sud è cosi falsata non succede senza il contributo della stampa non meridionale. Secondo alcuni studi 4 giornali su 5 smercerebbero a costo zero pregiudizi inaccettabili a danno dei meridionali.
La Calabria già non gode di buona salute ed è quasi scomparsa dai radar della politica e dell’economia nazionali. Se ci sono dei fedeli al motto “cchi mminni frica a mia” si avviterà in una dolorosa ulteriore discesa. Complimenti!

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