Un pomeriggio di un giorno da cani a Cosenza. Non è il titolo del bel film di Lumet, ma davvero non sapremmo come definire quanto avvenuto a un cittadino, Gabriele Carchidi, che, senza manifestare alcun atteggiamento minaccioso, è stato trascinato a terra e ammanettato da quattro poliziotti in via degli Stadi.
La scena è stata ripresa da un balcone e il video è diventato, come accade in questi casi, virale.
La sequenza genera indignazione e, pur nelle abissali differenze, somiglia a certe scene viste negli Stati Uniti che hanno innescato il movimento Black Lives Matter.
Trascinati su quel marciapiede c’erano i diritti di tutti
Gabriele Carchidi è giornalista e direttore di Iacchitè. E vederlo a terra con la schiena scoperta e bloccato come un criminale non è stato uno spettacolo edificante. Cosenza è stata attraversata sin da subito da un moto diffuso di indignazione.
La scena restituita dal video è inquietante e non mostra solo un corpo trascinato per terra. Lì non c’era solo una persona, c’erano i diritti che ci illudevamo riconosciuti e rispettati. L’uso della forza è parso subito spropositato e particolarmente sgradevole. Un trattamento di solito riservato a chi commette reati di una certa gravità.

I fatti, i dubbi e il rispetto della dignità delle persone
Dal punto di vista della banalità dei fatti, pare che Gabriele Carchidi si fosse rifiutato di fornire i documenti. Su quale sia stata davvero la dinamica della storiaccia resta però qualche dubbio. Intanto Cosenza (e non solo, visto che il caso è ormai nazionale) si aspetta una spiegazione, perché indossare una divisa significa rispettare la dignità di ogni cittadino. Bisognerebbe leggere qualche paginetta del buon vecchio John Locke, per il quale lo Stato non elimina la libertà, né se ne impossessa, ma la difende. Più o meno come dice la nostra Costituzione.