Cosenza, Rende, area urbana: basta con la solita farsa!

Quello sulla città unica è un dibattito tra sordi, in cui nessuno dialoga con gli altri. Così la serietà cede il posto alla propaganda e a pagare restano i cittadini dei comuni da fondere

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C’è una vicenda che riguarda l’effimera idea di città unica (sempre più impropriamente definita “area urbana”) intorno a Cosenza, che ad oggi trova coerenza solo nella realtà che sancisce una lunga teoria di edificazione senza soluzione di continuità lungo tutta la valle del Crati passando da Rende, fin, oltre Montalto. Una vicenda che rischia di assumere i contorni della barzelletta che fa il giro degli amici e ogni volta cambia versione!

Cosenza, Rende e la presunta area urbana

Ancora una volta parliamo della cosiddetta, (solo) presunta “area urbana”, tra Cosenza e gli altri centri conurbati, che sta assumendo il carattere solito delle cose meridionali: ciascuno dice la sua, approfittando, in questi mesi, di un effimero, temporaneo ritorno di attenzione per l’elezione del nuovo sindaco di Cosenza. Ma, diciamoci la verità, e senza ascoltare le voci dissonanti della politica locale: in questa vicenda si gioca da sempre all’improvvisazione, su tavoli nei quali non si sono mai visti uno straccio di strategia, in cui non sono mai comparsi nemmeno possibili confronti tra i piani urbanistici di questi diversi centri urbani, piani che non hanno mai dialogato tra loro e che in alcuni comuni sono fermi a 15 anni fa.

Ospedale e agenda: ognuno per sé

Non si è mai parlato di scelte localizzative di attrezzature di rango urbano, vedasi, ad esempio, la vicenda dell’Ospedale, una coperta corta che ognuno tira verso di sé. E che nemmeno in questo caso fa venire in mente ai governi locali e regionali che gli ospedali, come accade nei luoghi emancipati ed avanzati, si scelgono secondo una logica di coerenze molto complesse, che richiedono una serie considerevole di verifiche preliminari, piuttosto che – anche in questo caso – generiche rivendicazioni di “opportunità” in questo o quel luogo. Tantomeno si intravede uno straccio di agenda collettiva dei comuni di potenziale interesse alla fusione, con tanto di scadenze e appuntamenti per un possibile percorso comune.

Fusione a freddo

Non esiste, a memoria di chi si occupa di tale questione, anche solo una perimetrazione ad opera di uno dei comuni dell’area. Esistono invece seri studi nel Piano Urbanistico Territoriale Regionale, nel Piano Territoriale Provinciale, in alcune ricerche universitarie. Anche se datati, sono strumenti di pianificazione che hanno alle spalle quadri conoscitivi sufficienti anche solo a capire il numero di abitanti, i flussi automobilistici, la dimensione urbanistica-edilizia della “possibile” città della valle del Crati, ovvero una prima carta d’identità necessaria a non partire sempre da zero. Ma mai nessun sindaco, sono certo, si è preso la briga di consultare anche solo uno di questi documenti. Pertanto, la deludente sensazione è che, ammesso si proceda nel tentativo di dialogo, la fusione Cosenza-Rende e dintorni, si profilerebbe come ancora più fredda di quella avvenuta a Corigliano-Rossano.

Cosenza, Rende e l’area urbana da ri-costruire

Ciò che stupisce è il fatto che a nessuno dei presunti protagonisti del confronto (si fa per dire!) viene in mente che le città, i centri urbani, e i diversi elementi che le compongono, sono parte di complessi organismi dinamici. Richiedono una intelligente organizzazione di reti, servizi, infrastrutture. Necessitano di una coerenza di sistema. La sfida di una nuova città, seppure frutto di fusioni diverse, come in questo caso, è un progetto per ri-costruire, far meglio funzionare i servizi, i trasporti, gli spazi collettivi, i musei, l’offerta di intrattenimento, del commercio, dell’abitare.
Insomma, uno sforzo significativo per far vivere meglio i cittadini soprattutto, piuttosto che seguire nella lenta crisi ed emorragia di risorse, persone, economie, sperando, fatalisticamente, che la fusione possa cambiare il trend negativo.

Il nodo degli uffici

Qualcuno dei nostri politici locali, per esempio, si è chiesto e ha pensato al fatto che senza decentrare le diverse funzioni degli uffici provinciali e statali (oggi tutti ancora a Cosenza centro), le automobili in entrata, già con un numero preoccupante, potrebbero ulteriormente crescere? O al contrario, a Cosenza sarebbero disposti a perdere questa centralità, forse l’ultimo scampolo di capoluogo che rimane, mentre tutto il resto si è dissolto a favore di altri centri vicini? Penso, per esempio, alla consolidata routine degli impiegati dei vari uffici pubblici cosentini, difficilmente disposti a spostarsi di sede, abituati come sono al binomio sedile auto-poltrona ufficio senza alcuno sforzo, nemmeno in tempi di smart working.

La città dei 15 minuti

E per dire quanto, tristemente siamo indietro rispetto al dibattito in Europa e in Italia, questa vicenda della presunta fusione è fuori da quel sano e necessario confronto e dibattito che si è aperto sulle città post-pandemia. Tagliati fuori dal flusso delle migliori, necessarie esperienze urbanistiche che dovranno cambiare, per necessità, le nostre città e i modelli di vita: altrove si parla di ripensare i centri urbani e attuare “la città dei 15 minuti”, qui al massimo si parla di consorziare i rifiuti, e già sarebbe un grande risultato!

“La città dei 15 minuti”, è un modello, che arriva dall’esperienza di Parigi, un modello di città sostenibile, proposto dall’urbanista franco-colombiano della Sorbona, Carlos Moreno, che prevede di riorganizzare gli spazi urbani in modo che il cittadino possa trovare entro 15 minuti a piedi da casa tutto quello di cui ha bisogno: lavoro (anche in co-working), negozi, strutture sanitarie, scuole, impianti sportivi, spazi culturali, bar e ristoranti, luoghi di aggregazione e via dicendo.

Il ritardo aumenta

Un modello assolutamente a portata di mano in questa nostra realtà, che però non è affatto centro di interesse e confronto, laddove le agende urbanistiche comunali sono chiuse, infilate in qualche polveroso cassetto e li restano languendo inutilmente, così che il ritardo, rispetto al resto d’Italia e d’Europa, aumenta a dismisura.

Non è troppo, dunque, chiedere serietà, maturità, umiltà, alla politica, proporre di affidarsi a chi conosce i problemi e può aiutare a risolverli. Soprattutto in situazioni quali il ripensare totalmente un diverso modello urbano, a misura d’uomo e non di automobile, in cui è in ballo un possibile, diverso futuro. Sarebbe serio smetterla con la propaganda e dire che vorremmo più serietà e credibilità. Perché il futuro dell’area urbana, di Cosenza e Rende, non si può giocare sulla pelle dei cittadini!

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