Il Tar del Lazio ha annunciato che verso le 11.30 farà conoscere le sue decisioni. È inutile fare previsioni perché in questa incredibile vicenda il “gioco” sembra tutt’altro che limpido:
- Per la prima volta le decisioni assunte dagli Organi della giustizia sportiva in ben tre gradi di giudizio possono essere state solo una insulsa perdita di tempo perché si è demandato al Tar, cioè alla giustizia amministrativa, il compito di dire la parola finale. Non occorre una sentenza sfavorevole al Chievo: basterebbe non decidere decretando una sospensiva con rinvio a date comunque incompatibili con il calendario della serie B per salvare il Chievo già graziato qualche anno fa per una serie di plusvalenze fasulle
- Il Tar potrebbe affermare il principio che se una Società non paga le tasse per diversi anni non solo non viene sanzionata ma di fatto graziata. I giuristi direbbero «bis in idem!» Cioè, in volgare romanesco, «ce rifanno».
- Indipendentemente dall’esito del giudizio del Tar, che vogliamo credere non vorrà deliberare ad un tempo la fine della Giustizia sportiva e il contestuale diritto di non assolvere ai comuni obblighi fiscali di una società, calcio o non calcio, resta la bizzarria tutta nostrana di un presidente che a pochi giorni dall’inizio del campionato, B o C, ha una società di calcio che è una scatola vuota, una squadra di pochi elementi di modesto livello, con cui giocare al massimo una partita a 5, tipo scapoli-ammogliati.
Di idee per il futuro il Guarascio autodichiaratosi «profeta di progetti e programmi» neanche l’ombra.
In ogni caso, a prescindere dalla decisione del Tar, il “capolavoro” fallimentare di Guarascio resterà un oltraggio al calcio, al buonsenso, alle aspettative di una città, presa nella circostanza letteralmente per i fondelli. - Sempre sperando che il Tar non si lasci influenzare dalla presenza nel collegio di difesa del Chievo del prof. Avv. Bernardo Mattarella (non si tratta di un caso di omonimia), resterà l’ immagine di un presidente di FIGC pavido e pilatesco. Il fatto di aver cambiato le regole e la prassi a danno del Cosenza costituisce un vulnus giuridico – i principi fondanti del diritto sono comuni a tutte le sue branche, sportivo, civile, penale e amministrativo – perché per la prima volta si cambiano le regole in termini peggiorativi, una riedizione di reformatio in peius, a danno del Cosenza che rischia di vedersi preclusa anche la possibilità di giocare in una serie B con 21 squadre perché Gravina non vuole consentire ciò che è stato consentito secondo le regole ancora vigenti al Catania nel 2003, l’anno del doppio salto carpiato della Fiorentina dalla C2 alla B.
Sarà una nostra fisima ma tutta questa vicenda ci rafforza l’idea che la Calabria e il sud d’Italia sono e restano figli di un dio minore.
Naturalmente tutto questo sarà – lo auspichiamo tutti- meno amaro ma non meno vero se il Tar, sorprendendoci, ci riconoscerà il diritto di giocare in serie B.