Neanche il tempo di capire cosa fosse e a cosa potesse servire il Metaverso che dall’angolo sbuca ChatGPT. Praticamente una soluzione di intelligenza artificiale, creata dalla californiana OpenAI, capace di risolvere equazioni, comporre poesie, elaborare testi, addirittura superare, come già sperimentato, test di ammissione alle Graduate School. Basta fargli una domanda on line e lei/lui (dipende dalla fluidità di software) in pochi istanti elabora risposte.
Secondo Christian Terwiesch, docente della prestigiosa Wharton Business School della Pennsylvania, «ChatGPT è in grado di surclassare alcuni dei suoi migliori studenti all’esame sul corso di operation management, nel Master in Business Administration».
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ChatGPT e l’analfabetismo funzionale
C’è da restare affascinati. Certo il sistema ha dei limiti, nel senso che genera testo incrociando la conoscenza che incontra nei miliardi di documenti presenti in rete. Non ha senso critico, non è capace di correggersi o di sviluppare idee nuove. Per il momento, ancora, non lo fa. Di sicuro con questa chatbox vanno in soffitta, da subito, compiti a casa, prove concorsuali, esami di stato e persino, forse, le lettere d’amore.
Fare i conti con l’intelligenza artificiale sarà la vera sfida educativa ed economica dei prossimi anni. Rischiamo di vedere intere generazioni condannate precocemente ad una sorta di subdolo analfabetismo funzionale. Non è proprio un caso se, già da tempo ormai, organismi internazionali del calibro del World Economic Forum, avvertono che già «dal 2025, addirittura il 50% di tutti i lavoratori avrà bisogno di reskilling (ristrutturazione delle competenze) e il 40% delle competenze base degli attuali lavoratori cambierà».
Niente paura né facili entusiasmi
Intelligenza artificiale, Internet dei Sensi e, da poco, Metaverso e ChatGPT, appaiono disegnare traiettorie tecnologiche destinate a rivoluzionare i processi produttivi, i modelli di consumo e la socialità.
Si tratterà, come al solito, di governare l’innovazione senza arretrare spaventati dinanzi alle nuove opportunità. E anche, diciamocelo pure, di non esaltarci anzitempo rispetto ai miracoli promessi/minacciati dall’intelligenza artificiale.
Delle due l’una: o si condanna la società all’analfabetismo tecnologico funzionale o si cambia il modello sociale di produzione. Immaginare, oggi, carriere lavorative e contributive di 40 anni prima di andare in pensione è, praticamente, fumettistico. In quarant’anni, con l’attuale velocità di trasformazione, si succedono almeno quattro generazioni tecnologiche.
L’Università della Calabria e l’intelligenza artificiale
In tutto ciò la bistrattata Calabria appare meno fragile e ultima, come da consolidato copione. L’Università della Calabria vanta infatti competenze e professionalità che la pongono ai primi posti nelle graduatorie mondiali dell’intelligenza artificiale. Roberto Occhiuto conosce bene questo primato e sembra sinceramente intenzionato a farne un vantaggio competitivo per le sue politiche di sviluppo. La recente istituzione del corso di laurea in Medicina e Tecnologie Digitali ne è la prima importante testimonianza.

Ma i campi sono praticamente infiniti. Metaverso e promozione turistica, intelligenza artificiale nell’agricoltura di precisione, ChatGPT nell’assistenza sociale e tantissimi ancora.
Paradossalmente, o quasi, la Calabria potrebbe diventare la regione leader nel Mediterraneo per lo sviluppo e l’implementazione di nuove catene di valore economico e sociale supportate da soluzioni di intelligenza artificiale. Vogliamo provarci?