Carchidi, chi era costui? Viene da scomodare Manzoni nel tentativo di analizzare il fermo del direttore di Iacchitè da parte della polizia cittadina e le relative immagini, passate in poche ore dalle chat su Whatsapp alla ribalta delle testate nazionali (molto meno di quelle locali). Siamo a Cosenza in via degli Stadi, Gabriele Carchidi è a terra, quattro agenti su di lui. Lo bloccano con modalità che a qualcuno hanno ricordato quelle fatali per George Floyd. La causa? Avrebbe rifiutato di farsi identificare, rendendo necessario secondo i poliziotti portarlo in questura – con le buone o con le cattive – per chiarire davvero chi fosse.
Stando alle cronache, lo accusano di resistenza a pubblico ufficiale; a sua volta promette denunce per il trattamento ricevuto. La Procura ha aperto un fascicolo, Avs preannuncia un’interrogazione parlamentare.
Ma chi è Carchidi? Difficile che a Cosenza qualcuno non lo sappia o non abbia un’opinione su di lui. Il ventaglio dei pareri è piuttosto ampio, come dimostrano i commenti che a centinaia hanno accompagnato la notizia sui social network. In estrema sintesi: si va dal bugiardo alla bocca della verità, dal diffamatore seriale all’eroico baluardo della libera informazione. Sono rare le mezze misure nel valutare ciò che appare sul sito che ha fondato, il più letto di nascosto della città (e non solo).
Ancor più rare quelle utilizzate nei suoi scritti, che pure alla Questura – ubicata a pochi metri dalla sede di Iacchitè – hanno dedicato ampio e non sempre lusinghiero spazio. Senza dubbio più frequenti, invece, i suoi contatti con la polizia cittadina, non fosse altro che per la montagna di querele notificate in redazione dalle forze dell’ordine.
Carchidi chi?
Ed è qui che dovrebbe stare il punto fondamentale della vicenda, non nel proprio gradimento rispetto ai contenuti di Iacchitè. È più facile che un cammello passi dalla cruna di un ago che qualcuno che lavora in Questura a Cosenza non conosca (e riconosca) Carchidi. Potrebbe forse capitare a qualche agente in città da pochi giorni, magari ai due «giovani» di cui si legge nella ricostruzione dell’Agi. Ma che quattro di loro (finanche uno coi capelli bianchi) abbiano bisogno di documenti – o delle semplici generalità, sufficienti a qualsiasi cittadino in situazioni normali – per appurare che chi hanno davanti sia davvero lui a molti è apparso meno probabile di una promozione del derelitto Cosenza in Serie A a fine stagione. E suscita domande.
Perché trascinarlo a terra? Perché ammanettarlo? Accantonando ogni dietrologia, giornalista o meno, Carchidi era un semplice cittadino a passeggio. La necessità di risalire alla sua identità con la forza lascia più di un dubbio che chi di dovere farebbe bene a chiarire prima possibile.
E se domani dimenticassi i documenti a casa e succedesse anche a te?